Urbanistica, governo del territorio e trasparenza

30 Novembre 2013

Mino Mini

 

 

 

 

 

Un bando nauseabondo

 

 

 

 

 

Ritornate al potere con la bava alla bocca, dopo cinque anni di astinenza, e trovato prosciugato, per colpa della crisi, il fiume dell’edilizia dove avevano pescato lucrosamente nel trentennio precedente il funesto 2008, le sinistre si sono trovate a doversi dotare di un nuovo bacino da cui attingere per incrementare quella remunerazione mensile che, il caput mentŭlae capitolino, nel suo caso, lamenta essere troppo esigua. E quale bacino migliore delle tasche dei romani allorché saranno obbligati, ope legis, a pagare la Tares o la anglicizzata Service tax comprensiva delle spese per lo smaltimento dei rifiuti? Un bacino che in tredici anni è cresciuto del 67% e che aspetta di essere prosciugato ; sempre ope legis naturalmente. Tanto più che Roma Capitale, Provincia e Regione Lazio sono tutte in mano loro. Nella terra delle mafie, delle ‘ndranghete, delle camorre il metodo, ormai consolidato, non è difficile da trovare: basta imporre un “pizzo” su ogni tonnellata di rifiuti ed il gioco è fatto.
Detto e fatto. Con un colpo di teatro si crea l’evento “epocale” che mostra come si mantengono gli impegni presi in campagna elettorale. Marino e Zingaretti affiancati dai rispettivi assessori all’ambiente, Estella Marino e Michele Civita, annunciano la chiusura della famigerata Malagrotta, la più grande discarica d’Europa, ed aprono il ballo delle ipotesi sulla localizzazione della futura o delle future discariche. Mentre nelle varie località ipotizzate si generano movimenti di protesta all’insegna del NIMBY (Not In My Back Yard ) i Due – come il Gatto e la Volpe di C. Collodi – circuiscono il Pinocchio contribuente romano per indurlo a seminare le monete con la prospettiva di raccogliere l’oro dall’albero che crescerà. Ovvero: nessuno vuole la discarica? Allora non resta che inviare l’immondizia fuori della Provincia, anzi fuori della Regione, ma non come a Napoli che l’esporta oltre i confini nazionali. La mondezza, come i panni sporchi, si scarica in casa e quindi in qualche parte d’Italia. In settembre viene affidato all’AMA , l’azienda municipale che si occupa dei rifiuti, l’incarico di bandire la gara per il trasporto dei rifiuti fuori dal Lazio. A rigore il bando dovrebbe essere europeo e a procedura aperta come impone la delibera n. 43 del Consiglio di amministrazione di AMA Spa, ma poiché i tempi stringono e l’immondizia cresce, in attesa che le procedure europee giungano in porto, per garantire il servizio viene bandita, mediante procedura ad inviti, una gara a tempo determinato: due mesi, naturalmente rinnovabili. Cosa prevede questo bando? Il trasporto fuori del Lazio di un totale stimato di 38.160 tonnellate di scarti e FOS nel bimestre ottobre-novembre ad un prezzo al ribasso rispetto alla base d’asta di 134 euro a tonnellata. Il costo medio di aggiudicazione che ne risulterà sarà di 115 euro a tonnellata.
Fin qui la storia sbandierata mediaticamente per far vedere quanto è brava ed efficiente l’accoppiata del Gatto e la Volpe.
Scriviamo ad una settimana dall’inizio del servizio appaltato e a pochi giorni dall’annunciato evento “epocale” assaliti , come siamo, dalla perdurante sensazione di essere vittime di una truffa nauseabonda come il fetore dell’immondizia.
Ragioniamo: il bando a inviti prevede che le 38.160 tonnellate di scarti siano composte da 12.160 t. di FOS e da 26.000 t. di scarti.
Spieghiamo per i non esperti. La FOS (Frazione organica stabilizzata) è la parte dei rifiuti umidi sottratta alla puteolente fermentazione mediante trattamento aerobico ed eliminazione dell’acqua; insieme agli scarti costituiscono una parte dei prodotti del trattamento meccanico biologico ( in sigla <<tmb>>). Quest’ultimo è l’alternativa allo smaltimento, in discarica, dei rifiuti <<tal quale>> che l’AMA ha adottato. In sostanza: i rifiuti denominati <<tal quale>> prelevati dai cassettonetti, invece di essere inviati in discarica vengono trattati nei due stabilimenti di via Salaria e di via di Rocca Cencia della capacità, ciascuno, di 750 t. al giorno. Lo scopo principale è quello di produrre CDR (Combustibile Derivato da Rifiuti). Il trattamento <<tmb>>, come processo, genera 30% di CDR + 20% di FOS + 20% di Acqua + 15% di scarti di selezione + 15% di scarti di raffinazione + 1% di metalli ferrosi. Ebbene, posto ciò, esaminando l’appalto ad inviti ci troviamo di fronte a cifre discordanti. Infatti, facendo dei banalissimi conti rileviamo che a fronte di 12.160 t. di FOS dovremmo avere, all’origine, 60.800 t. di RU (Rifiuti Urbani), mentre a fronte di 26.000 t. di scarti dovremmo avere 86.666,66 t. di RU. Vi sono due ipotesi da considerare: 1a – Sia vera la quantità bimensile di 60.800 t. di RU; 2a – Sia vera la quantità bimensile di 86.666,66 t di RU.
Secondo la 1a ipotesi avremmo una produzione di 1.013,33 t. al giorno. Ammettendo che, per effetto della crisi economica la produzione dei consumi pro-capite sia scesa a 1,39 kg (2012), avremo che il totale di 1.013,33 t. al giorno corrisponde ad una popolazione servita di 729.016 abitanti sui 2.800.000 residenti romani effettivi.Ovvero:
t.60.800 : 60= t.1.013,33=kg.1:013.333 : 1,39=729.016 abitanti
Per non parlare dei 4.225.244 abitanti censiti, nel 2011, nell’area metropolitana di Roma.
Secondo la 2a ipotesi avremmo una produzione di 1.444,44 t. al giorno, più vicini alle 1.500 t giornaliere che costituiscono la capacità di trattamento dei due stabilimenti romani. In questa ipotesi gli abitanti serviti ammonterebbero a 1.039.168 abitanti su 2.800.000. Ovvero (Vedi supra):
t.86.666,66 : 60=t.1.444,44=kg1.444.444,33 : 1,39=1.039.168 ab
Sorgono, a questo punto, una serie di interrogativi a cui occorre trovare risposta.
La prima domanda è : come vengono smaltite, in realtà, le 2.448 t. di RU degli altri 1.760.831 abitanti dal momento che i due stabilimenti di trattamento smaltiscono solo il 38,54% dei RU? Sappiamo che una parte dei rifiuti romani viene smaltita dagli impianti di Viterbo e di Albano; ipotizzando che la loro capacità di trattamento sia analoga a quella degli stabilimenti romani avremmo, in potenza, un trattamento giornaliero di 3.000 t. che si rivela ancora insufficiente.
La seconda domanda è: come e dove vengono smaltite le 5.173 t. di FOS che mancano all’appalto in base alla seconda ipotesi?
La terza domanda è: poiché il <<tmb>> produce 27.000 t. di CDR ogni due mesi , come mai lo stesso non è compreso nell’appalto di smaltimento bandito ad inviti? Il CDR (Combustibile Derivato dai Rifiuti) è un combustibile solido triturato e secco ottenuto dal trattamento dei RU secondo il D.Lgs. n. 22/1997 (e successive modifiche e integrazioni). Comprende tutti quei rifiuti che una raccolta differenziata e un altro tipo di trattamento consentirebbero di riciclare: cellulosa, plastica non clorurata, gomme sintetiche non clorurate, resine e fibre sintetiche non contenenti il pericolosissimo cloro generatore di diossina. Il CDR viene raccolto, generalmente, in blocchi cilindrici chiusi con vari strati di pellicola plastica: le cosiddette ecoballe destinate ad essere bruciate negli inceneritori dotati di sistemi di recupero dell’energia prodotta dalla combustione per produrre elettricità. In assenza di inceneritori dove vengono smaltite le ecoballe che ogni due mesi, al ritmo di 54.000 unità da 500 kg, si accumulano da qualche parte?
La quarta domanda è: perché fare il bando ad inviti per delle quantità irrisorie che non smaltiscono la reale produzione del <<tmb>>?
Troppe domande che richiederebbero una risposta. Ma tralasciamo di ipotizzare (siamo sempre nel campo delle ipotesi) le risposte alle prime tre domande e affrontiamo il caso del quarto quesito.
La risposta secca secca è: per fissare il “pizzo” stabilendo il prezzo base di tutto lo smaltimento futuro dei rifiuti in altre regioni.
Per capirci prendiamo il caso dello smaltimento del FOS. Il costo di smaltimento sopportato fin’ora dall’AMA a Malagrotta è stato di 22 euro a tonnellata. Il bando ha avuto, come prezzo a base d’asta, 134 euro a tonnellata che per il ribasso previsto per assegnare l’appalto si è ridotto a 115 euro a tonnellata. Oppure prendiamo il prezzo di 64 euro a tonnellata pagato a Malagrotta per lo smaltimento del <<tal quale>>. Avendo stabilito il precedente che fungerà da riferimento, quale sarà, secondo voi che leggete queste note, il prezzo base per il futuro bando europeo a procedura aperta? In un paese come il nostro dove i concorsi di qualsiasi natura e gli appalti sono manovrabili con estrema facilità come fare a resistere alle supposizioni più azzardate? “A pensar male si fa peccato…(con quel che segue)….”, ma come rifuggire dall’idea che l’appalto ad inviti (quindi rivolto a imprese di fiducia) sia stato solo una manovra per stabilire il prezzo futuro dal quale attingere in sede di cosmesi del bando europeo? Sulla differenza di 51 euro tra quanto si pagava a Malagrotta e quello che sarà la base del prezzo futuro, non ci “scapperà” qualcosa? Fin’ora abbiamo avuto a che fare con entità ridotte per ovvie ragioni, ma il panorama che si aprirà con il bando europeo sarà di gran lunga più vasto che non gli ipotizzati 2.800.000 abitanti di Roma con la loro produzione di RU. Se no come farebbero i metaforici Gatto e Volpe a spartirsi il frutto dell’albero dei quattrini “seminato” con tanta accortezza a norma di legge?