25 aprile 2014
Fonte: Amazon.it
Il libro di Fiorenzo Mariotti è come se fosse stato pubblicato ieri e non nel 2000.
LE INCREDIBILI IMPRESE DI UNO SCONFITTO, UN ARDITO DELLA DECIMA
Le storie di nostri eroi che la partitocrazia e i partigiani hanno tentato di distruggere nella furia iconoclasta di più settanta anni di abominevole pseudo democrazia. – L’attacco a Malta con SLC, Mas e barchini e il fulgido ma inutile sacrifico dei 14 violatori della X, da Moccagatta a Teseo Tesei, per far saltare il ponte di S. Elmo: punto di riferimento mondiale per tutti i maggiori eroi dell’età contemporanea dell’Occidente. – Il non collaborazionismo dei POW che non piegarono la testa nei campi di concentramento dei “liberatori” .
Questa è la storia che dovrebbe essere additata dal Quirinale a tutti gli italiani come reale e insuperabile esempio di Amor Patrio. Non quella di chi combatté senza divisa e colpendo con agguati al fine di rendere sempre più crudeli le rappresaglie sulla popolazione inerme e terrorizzata dalle ancor maggiori violenze partigiane quale ritorsione ulteriore. Non chi combatté per realizzare una guerra “rivoluzionaria” e l’avvento del comunismo al servizio di Stalin.
Manipolare la storia: quanto può servire ancora, oggi?
Fiorenzo Mariotti: La mia Decima da Malta alle Hawaii
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Copertina rigida
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Editore: Italia New (2000)
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ASIN: B00HFWVJ60
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Peso di spedizione: 762 g
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Prezzo € 30,99
Contesti ideologici e storici ripresi da: Federazione Nazionale Combattenti della Repubblica Sociale Italiana on line
Fascisti paradossali al servizio di Israele
Francesco Fatica
il commento di Giorgio Vitali Questo articolo di un anno fa è quanto mai chiarificante sul ruolo di tante persone che avevano militato nella RSI a guerra finita. Chiariamo subito che, contrariamente a quanto si può credere oggi, il rapporto di forze fra coloro che avevano militato a vario titolo per il fascismo repubblicano e coloro che ne avevano combattuto contro, era spropositato. Giorgio Vitali |
La storia del secondo dopoguerra è feconda di incredibili paradossi. Oggi col senno del poi, è facile scorgere il contrasto insito tra Israele e fascismo; non fu così allora per molti fascisti nel turbinio di rancori, stragi e persecuzioni che flagellarono l’Italia dalla cosiddetta “liberazione” in poi. In quelle che furono spudoratamente chiamate “le radiose giornate”, scorsero fiumi di sangue; i combattenti della RSI, che dopo il tradimento dei tedeschi di Wolff, furono costretti ad arrendersi, una volta disarmati e incapaci di difendersi, furono vigliaccamente massacrati, spesso ferocemente assieme ai familiari, nella maniera più spietata, mentre le truppe “alleate”, che avevano ormai occupato l’Italia intera, lasciavano fare alle bande di “giustizieri” rossi il “lavoro sporco” di liberare i nuovi padroni atlantici dagli oppositori più ideologizzati e recalcitranti all’oppressione in corso.
In questo clima persecutorio e terroristico, mentre ignobili Corti d’Assise Straordinarie stravolgevano il diritto irrogando un’alluvione di pene capitali, ergastoli e altre gravissime pene, chi riuscì a scampare alla mattanza migrò a sud. Roma pullulava di sbandati, molti fascisti, condannati in contumacia a morte o ad altre gravissime pene, costretti alla latitanza, si rifugiarono, quando possibile in casa di parenti, di camerati o simpatizzanti, o più spesso, in qualche convento ospitale, anche per sfuggire alle bande semiclandestine di assassini rossi organizzati che terrorizzavano il centro-nord. Roma e Napoli ne accolsero molti, altri furono aiutati ad emigrare dal Movimento Italiano Femminile Fede e Famiglia (MIF).
Ma purtroppo parecchi cascarono nella rete della Legione Straniera, che negli anni 1945-46 aveva predisposto, proprio a Roma una sede di reclutamento, avendone valutato sciacallescamente l’opportunità. Mario Tedeschi [1] ha affermato che mediamente partivano cento italiani arruolati alla settimana, fino a tutto il 1946, per una maledetta ferma di cinque anni nelle colonie francesi.
Qualche altro, però, fu arruolato perfino dal nascente stato di Israele; si tratta della storia paradossale di ex combattenti della RSI che crederono di continuare a contrastare spasmodicamente ancora un volta la Gran Bretagna, la quale deteneva il mandato sulla Palestina e si era impegnata a contenere l’immigrazione degli ebrei. Non era facile capire, allora, che l’artificioso patriottismo su basi bibliche degli ebrei comportava, invece in effetti, una cinica manovra del Sionismo internazionale per costituire un caposaldo avanzato in Medio Oriente. Non s’indovinavano i retroscena; chi amava ancora la propria Patria era spinto istintivamente a simpatizzare per chi mostrava un “patriottismo” tanto acceso.
C’era bisogno di audaci comandanti sulle piccole navi che violavano il blocco inglese per fare sbarcare clandestinamente tanti nuovi coloni nella pretestuosamente rievocata “Terra Promessa”, e c’era bisogno anche di istruttori per i reparti di assalto di terra e della nascente marina israeliana. Fu mobilitato il “Mossad” il servizio segreto israeliano.
Nell’aprile del 1948, a Trento, Alcide De Gasperi aveva ricevuto riservatamente Ada Sereni, agente di punta del Mossad, la quale gli aveva chiesto di chiudere un occhio sul traffico d’armi dall’Italia verso la Palestina ebraica e sull’attività di contrasto che il Mossad aveva in corso contro l’analogo traffico verso i Paesi arabi. Appena qualche giorno dopo, il 10 aprile, venne affondata la nave italiana di piccolo tonnellaggio “Lino”, salpata da Fiume e diretta ufficialmente a Molfetta, per proseguire verso destinazione rimasta ignota. Uno dei tanti misteriosi episodi delle operazioni clandestine del Mossad in Italia e dintorni. Ci fu anche uno spettacolare attentato dinamitardo all’ambasciata britannica a Roma; l’esplosivo era stato fornito paradossalmente proprio dai fascisti clandestini dei FAR, i Fasci di Azione Rivoluzionaria, in odio agli inglesi.
Gli americani, dirigevano il concerto. Avevano già da tempo cominciato l’opera di disfacimento dell’impero inglese. [2]
A Israele conviene «dare un aiuto discreto» chiariva nel maggio 1948, uno scambio epistolare tra l’ambasciata italiana a Parigi e gli Affari politici del ministero degli Esteri. L’Italia non vorrebbe inimicarsi gli arabi, ma non può trascurare le imposizioni dei sionisti, i veri signori della Terra, come ben capiscono gli impotenti vassalli in Italia.
Il Mossad si muove con prudenza, ma non troppa, sostenuto com’è dalle autorità italiane. Con le quali esistono rapporti informali a vari livelli, attraverso Jehuda Arazi e Ada Sereni, del Mossad, e Raffaele Cantoni, presidente delle Comunità ebraiche italiane: come sempre, ancora oggi tracotantemente, uno stato nello stato.
«L’Italia non deve scoprirsi con gli arabi, ma assumere anche un atteggiamento “non contrastante […] con le aspirazioni dei sionisti», come spiegherà ad agosto l’ampolloso ministro degli Esteri Carlo Sforza all’inflessibile -coi deboli- Randolfo Pacciardi, ringhioso ministro della Difesa, [3] che poteva contare, però, sulle decise simpatie sioniste del capo di Stato maggiore della Marina Franco Maugeri, spudoratamente vantantesi vassallo degli americani.
La Marina israeliana aveva necessità di costituire reparti d’élite, un nucleo di mezzi d’assalto, per tentare di ridurre il gap smisurato con la Marina egiziana. Il Comandante Agostino Calosi, capo del SIS il “Servizio Informazioni e Sicurezza” della Marina italiana non poteva mandare personale in servizio nella Marina. Doveva pescare perciò tra gli ex combattenti. della Decima Mas della RSI. Con essi Calosi, già durante il conflitto -non meravigli troppo- anche allora capo del SIS del “Regno del Sud”, aveva tenuto rapporti clandestini attraverso numerosi emissari che avevano passato le linee per prendere contatti con J. V. Borghese. In concomitanza agenti speciali della RSI, in azione al Sud, avevano preso contatto con il Capo del SIS a Roma (testimonianza dell’agente speciale Bartolo Gallitto, del Battaglione “Vega” della Decima). Il 26 aprile 1945 il Comandante Agostino Calosi aveva spedito due ufficiali, validi agenti del SIS, a salvare Junio Valerio Borghese a Milano. Non meravigli troppo quindi il fatto che i rapporti di Calosi con la Decima erano sul piano della cordialità più amichevole.
Nino Buttazzoni, capitano del Genio Navale, Comandante del Battaglione Nuotatori Paracadutisti (NP) della Decima, fu probabilmente uno dei primi ad essere contattato; l’ufficiale, reduce dalla RSI, in latitanza a Roma, dopo essere evaso rocambolescamente il 2 settembre 1945 dal campo di concentramento “alleato” per prigionieri di guerra di Falconara Marittima, ricorda nelle sue memorie: «Gli anni dell’immediato dopoguerra sono pieni d’iniziative anche “non ortodosse”. Fra l’altro, vengo invitato a prendere contatto con il centro di coordinamento dei servizi israeliani a Roma. È diretto dalla signora Sereni, con la quale ho un lungo colloquio. È alla ricerca di una persona esperta che assuma l’incarico di organizzare e addestrare alle armi e alla guerriglia i numerosi ebrei provenienti dalle regioni orientali dell’Europa e decisi a raggiungere i territori del Medio oriente per creare una loro nazione. L’incarico mi attira, anche perché significa misurarsi ancora con gli inglesi, decisi a opporsi allo sbarco degli ebrei in Palestina». [4]
Tuttavia Buttazzoni non partì, era impegnato a Roma nella costituzione di un reparto d’élite dell’Esercito Clandestino Anticomunista, braccio armato dei FAR. Suggerì però di «avvicinare vari ufficiali degli NP, sia del Nord, sia del Sud». Alcuni accettarono, tra essi il capitano Geo Calderoni e il sottotenente di vascello Nicola Conte, che avrebbe istruito gli assaltatori subacquei israeliani, mentre come istruttore dei mezzi d’assalto di superficie partì un eroico sottufficiale, il capo di terza classe Fiorenzo Capriotti (uno degli audaci violatori della base navale inglese a Suda, nell’isola di Creta, medaglia d’argento al valor militare, partecipe anche alla tentata violazione della base navale di Malta, ex prigioniero dignitosamente non cooperatore per cinque anni. Aveva aderito pure al MSI, amico e ammiratore di Michelini, aveva fatto parte del Comitato Centrale). Ci ha lasciato un’esaltata e un po’ partigiana memoria delle sue avventure (poco obiettiva nei confronti dei palestinesi) nel suo libro: “Diario di un fascista alla corte di Gerusalemme 1948-2002”. In questa romanzesca vicenda, però, veramente hanno agito il Mossad, l’Haganah, l’Irgun, De Gasperi, Sforza, Pacciardi, Maugeri e il Comandante Calosi, capo del SIS. Tra tante intricate vicende Capriotti non accenna per nulla alla -pure già feroce- pulizia etnica subita dal popolo palestinese. [5] È la storia paradossale di un “fascista sui generis” che diventa un protagonista dei primi passi dello Stato d’Israele, offrendo così al Sionismo imperante la sua spada e il suo petto, già copertisi di gloria nelle battaglie contro gli inglesi. E “s’innamora”, pure, di quegli “ebrei combattenti, disposti a morire per la Patria”.
Sotto un nome di battaglia, forse un po’ troppo ironico, “mister Katz”, profugo rumeno diretto in Palestina, protetto dal Mossad, Capriotti va a Milano, dove Ephraim Ilin, uomo d’affari di origine russa, aveva comprato dalla “Cabi Cattaneo di Guido Cattaneo” sei MTM (Motoscafi Turismo Modificati) velocissimi e manovrieri motoscafi d’assalto con due potenti motori marini “alfaromeo”, e un silurotto: efficienti residuati di guerra della Decima Flottiglia Mas. Capriotti li controlla e collauda all’Idroscalo. Poi accuratamente vengono imballati e spediti in Israele.
Lui sbarca ad Haifa in giugno con passaporto falso, fornito dal Mossad: «Neppure mia moglie sapeva dov’ero. Le feci credere di aver accettato un lavoro a Limassol, nell’isola di Cipro».
A Jaffa si costituisce rapidamente, ma accuratamente e in segretezza il primo gruppo mezzi d’assalto della nascente marina. Soldati in parte ignari del mare affluiscono dai kibbutz. I comandanti, però, erano “carismatici, trascinatori”, scrive Capriotti, entusiasta.
Durante l’estate l’addestramento si svolge nel lago di Tiberiade. Poi il ritorno a Jaffa, con i MTM ben mimetizzati in una disciplinata colonna autocarrata.
La prima azione di guerra è programmata per il 22 ottobre 1948. Obiettivo l’ammiraglia egiziana “El Emir Farouk”, un minaccioso incrociatore alla fonda nel porto di Gaza. Capriotti è impaziente, incapace di starsene inattivo, vorrebbe addirittura partecipare all’azione, ma è italiano. Se fosse catturato ne nascerebbe un incidente diplomatico. E poi, tutto sommato, questi egiziani non sono mica inglesi, lasciamoli agli ebrei!
Quattro barchini MTM, onusti di beneaugurante gloria della Decima, sono issati nella notte sulle navi appoggio per l’avvicinamento al bersaglio.
Gli equipaggi tornano alle 2 del mattino, trionfanti, stravolti dall’orgoglio. Missione compiuta.
Fiorenzo Capriotti rientrò in Italia il 27 ottobre e andò disciplinatamente a rapporto, come se nulla fosse, dal Comandante Agostino Calosi al SIS, nel palazzo del ministero della Marina. Calosi era più che soddisfatto: «… gli americani ci tenevano tanto!».
L’attivissimo sottufficiale di Suda, riciclato in Israele, tornerà nella sua seconda patria nel 1952, dopo aver curato per altri quattro anni, da Lugano, la spedizione di preziosi componenti di sistemi d’arma.
Il 22 ottobre 1992, nell’anniversario della mitizzata azione di Gaza, l’ex violatore di basi navali inglesi è ad Atlit. L’ammiraglio Ami Ayalon, comandante in capo della Marina Israeliana, gli consegna solennemente una pergamena: «Fiorenzo Capriotti, che combatté nella gloriosa Unità d’avanguardia “la Decima Flottiglia MAS” della Marina Italiana nella seconda guerra mondiale; che ci fu di grande aiuto per fondare e addestrare l’unità di Commando della nostra marina, durante la Guerra d’Indipendenza, identificandosi completamente, con devozione e spirito di sacrificio a suo rischio e pericolo. In cambio di questo contributo alla rinascita dello Stato d’Israele gli porgiamo come omaggio il titolo: Comandante ad honorem della Tredicesima Flottiglia».
Nonostante i massacri dei palestinesi e l’asfissiante puzzo sionista di petrolio, il buon Capriotti non è stato il solo italiano ad “innamorarsi” ciecamente, perdutamente, di Israele e del Sionismo; tanti altri entusiasti, assatanati filoisraeliani non hanno ricevuto come lui spocchiose pergamene o vuoti diplomi altisonanti; in compenso, però, a parte la “Chippa” ne hanno tratto enormi, molto concreti vantaggi.
A nostre spese.
Francesco Fatica
note:
[1] M. Tedeschi, “Fascisti dopo Mussolini”, L’Arnia, Roma, 1950, p. 90.
[2] Le minute degli incontri di gabinetto, tenutisi a partire dal 1939 fra il Dipartimento di Stato degli USA e il Council on Foreign Relations (CFR), espongono in dettaglio il ruolo degli USA come successori dei britannici nella leadership mondiale «… l’impero britannico, quale è esistito in passato, non tornerà (…) e gli Stati Uniti dovranno prendere il suo posto …»
[3] Ilaria Tremolada, “All’ombra degli arabi. Le relazioni italo-israeliane 1948-1956. Dalla fondazione dello Stato Ebraico alla crisi di Suez”, M&B Publishing, Milano, 2003, p. 72.
[4] Nino Buttazzoni, “Solo per la bandiera. I nuotatori paracadutisti della marina”, Mursia, Milano, 2002, p. 125.
[5] Chi vuole documentarsi su sessant’anni di pulizia etnica legga il rigoroso e ben informato libro di Antonella Ricciardi, “Palestina, una terra troppo promessa”, Controcorrente, Napoli, 2008.
il commento di Maurizio BarozziIn questo bellissimo articolo di Francesco Fatica, ben poco c’è da aggiungere a quanto ha già sottolineato Giorgio Vitali, riportando ed inquadrando il problema dal punto di vista superiore, quello della geopolitica.Da parte mia vorrei aggiungere solo alcune considerazioni di carattere, per così dire “ideale”.
Quando parliamo di “fascisti” dobbiamo tenere presente che stiamo parlando di una realtà politica ed umana, dalla natura alquanto composita ed eterogenea, tanto da passare dal “fascista di sinistra” a quello di “destra”. In realtà la RSI avrebbe dovuto costituire uno spartiacque dove gli ex venticiqueluglisti, i conservatori e i nazionalisti a prescindere, avrebbero dovuto trovarsi fuori e contro il fascismo repubblicano, ma le tragiche vicende delle “radiose giornate”, l’opera di “recupero” svolta, per i suoi sporchi interessi, dall’OSS americano e l’immondo operato dei primi dirigenti missisti nel dopoguerra fecero in modo di trasbordare, sia pure per gradi, sulla sponda piccolo nazionalista, conservatrice e filo atlantica, la gran massa di tanti pseudo fascisti. L’anticomunismo viscerale, opportunamente propagandato, fece il resto, nel senso che arabi, nazioni nemiche degli USA, realtà sociali e sindacali, ecc., tutti vennero omologati come “amici dei rossi” e quindi le scelte consequenziali per i neofascisti divennero obbligate. Del resto il vero ruolo di Jalta, finalizzato alla sottomissione e lenta dissoluzione dell’Europa era proprio quello, ovvero dividere artificialmente le nazioni, i partiti politici, i circoli culturali e le popolazioni in partigiani della Nato contrapposti ai partigiani del Patto di Varsavia: Scemi & più scemi. Grazie a molti giochi sporchi e vari stratagemmi, se la scelta di “destra” dei neofascisti fino ai primi anni ’50 aveva determinato forti contrasti e molte defezioni, già verso la metà di quegli anni, non faceva più scalpore ed era sostanzialmente acquisita. Fu così che Israele venne spacciato come “l’ultimo baluardo dell’uomo bianco” nel medioriente (e si è visto che razza di “baluardo” fosse), vennero propagandate fino all’inverosimile le storielle dell’arabo razza inferiore e degli ebrei che avevano fatto di Israele un giardino nel deserto, ed infine quella della mitica figura del “combattente” israeliano, circondato da orde di nemici al soldo di Mosca, che mentre combatte, impugna la vanga (il Kibbutz). Tutte cazzate, strumentali e inventate, facilmente confutabili, ma utili per far presa nei cervellini dei neofascisti, già abbondantemente impegnati a far da truppe cammellate al colonialismo USA. Non c’è quindi da meravigliarci se oggi riscontriamo un certo ruolo, filo atlantico, di certi neofascisti, nelle vicende paramafiose della Sicilia (il vero polo geostrategico degli USA nel mediterraneo), nella guerra non ortodossa delle strategie stay behind e nel sostegno dato alla violenta nascita dello stato di Israele. Due ultime parole sulla Decima Mas di Borghese che, a nostro avviso, con il suo comportamento nel dopoguerra ha definitivamente sporcato e liquidato il suo ammirevole ed eroico comportamento durante la guerra. Certamente i retroscena geopolitici che, di fatto, vedevano contrapposti americani e sionisti ai residui tentativi inglesi di salvare i resti dell’Impero, furono un elemento concreto che spinse ufficiali di questa realtà combattentistica a schierarsi con gli USA, quasi come una forma di proseguimento della lotta alla Gran Bretagna, ma è altrettanto vero che in queste scelte pesarono soprattutto le “dimensioni” politiche ed ideologiche di questi uomini, a cominciare da Borghese, che non erano affatto fascisti, ma tutto al più dei nazionalisti, dei militari e dei “conservatori”. Il loro conservatorismo è rimasto inalterato nel tempo, mentre il loro “nazionalismo” è oltretutto definitivamente caduto nel momento in cui si sono messi al servizio dell’atlantismo, ovvero dei colonizzatori del nostro paese e quindi, di fatto, contro i veri interessi di indipendenza della Patria subordinata agli americani.
Maurizio Barozzi |