Energia e sicurezza. Le impellenze sottaciute. D’Italia e d’Europa

11 Maggio 2014

Domenico Cambareri

 

 

 

 

Navi per sfilate navali e per parate di alta moda? Navi per diletto, per una flotta nel Lago d’Iseo o di Bolsena?

I politici dormienti e la grandi trasformazioni epocali. – Si delineano le grandi sfide mondiali e in Italia e in Europa è sonno profondo. – Le certezze assolutamenteincerte degli italiani sono ineguagliabili. – I grandi rischi energetici potranno essere risolti con le energie alternative in modo certo e sicuro nel prossimo trentennio? – La sicurezza è una necessità e non è un lusso, purché si spenda in maniera motivata e mirata e non si dilapidino le risorse a pro del clientelismo parassitario. – Economie extraeuropee al galoppo e triste tramonto del piccolo, vecchio “continente”: è bene rassegnarsi? – Chi ci garantirà della nostra sicurezza, ad ogni buon conto?

 

Queen-Elisabeth         La nuova portaerei media inglese  (65.000 t.s.) Queen Elisabeth II
Nell’articolo << Difesa, protezione civile, industria e lavoro: quali nuove navi deve costruire la Marina, e perché? >> pubblicato lo scorso 02 Marzo 2014  e in quelli che lo avevano preceduto, relativamente alle problematiche strategiche, avevamo avuto modo di abbozzare un cruciale quadro d’insieme del contesto della nostra politica (estera e di difesa, in riferimento a quanto esse presuppongono quello della sicurezza dei rifornimenti energetici e quello industriale). Soprattutto in riferimento alle più immediate esigenze della marina militare e, di riflesso, di tutto il nostro apparato militare.
Nell’articolo citato, in particolare si affrontava il tema delle due navi da trasporto per operazioni anfibie dal mare e dal cielo (acronimi nato: LPD/LHE, per indicare navi da trasporto truppe e mezzi da sbarcare con apposite  imbarcazioni ed elicotteri – per inciso, gli USA hanno grandi unità ben superiori alle 40.000tonn. di stazza dedicate a ciascuno di questi due separati ma strettamente complementari e integrati ruoli d’impiego operativo nell’assalto anfibio).
In questo articolo, ciò che è da mettere sul fuoco a cuocere è forse troppo per il lettore, perché  esso si presenterà  ai lettori non soltanto come lo sviluppo e la conclusione del precedente, ma fornirà “istantanei” elementi di’integrazione  a queste problematiche. Ciò non di meno, la necessità che ci viene dettata dall’urgere del tempo ci impone di dovere presentare un siffatto insieme di apparenti digressioni e riferimenti che forniscono importanti   rimandi sui contesti afferenti alla politica estera e di difesa, e dunque,  simultaneamente e implicitamente  di sicurezza della politica energetica ed economica, di sinergie europee e NATO, etc … In sintesi: sui piani propri  a ciò che viene definito come  l’analisi delle esigenze geopolitiche e l’individuazione e formulazione delle dottrine e strategie che ne conseguono e che occorre porre in essere per raggiungere  e realizzare gli obiettivi prefissati.
Obiettivi che innanzitutto devono essere individuati nei pilastri della prevenzione e del contenimento di escalation nel rischio di confronti, di attriti, di sfide, di reali minacce alla sovranità del Paese e alla salvaguardia delle alleanze a cui aderisce. Cose che comprendono – oramai risulterà cosa acquisita – non soltanto l’intangibilità dello spazio terrestre marittimo ed aereo ma anche con pari importanza ed enfasi la salvaguardia delle rotte di navigazione e dei commerci, e la sicurezza degli approvvigionamenti energetici e degli scambi commerciali. Cose , queste, che dilatano enormemente le dimensioni geografiche degli spazi aeromarittimi e terrestri da cui dipende la reale definizione di una nostra politica estera e le “percezioni” dei potenziali pericoli.
Questa impellenza dettata dal tempo pure per motivi strettamente personali ci è imposta dal fatto che non disponiamo affatto della discrezione di poterlo impiegare a nostro piacimento, non ultimo per la salute che con esso ci condiziona, per cui dobbiamo cominciare a far buon uso delle opportunità in cui veniamo a scrivere … non sapendo altrimenti quando con certezza ci si potrebbe tornare su per continuare a sviluppare in modo organico quanto si è già scritto. Per ricordarlo a noi stessi, dieci – undici anni addietro avevamo deciso di scrivere un breve saggio su questa materia. La pubblicazione di un fascicolo speciale edito dalla Rivista Marittima a firma di G. Giorgerini e A. Nani ci rafforzò in questa determinazione. Per di più, avevamo già mentalmente delineato quasi l’intero sviluppo e partizione del piccolo saggio. Le “occorrenze” esistenziali decisero subito e in seguito diversamente. Dunque, siamo nelle ambasce di tesaurizzare quanto veniamo a scrivere non sotto il segno dell’avarizia ma della prodigalità. Speriamo che possano risultare utili o quanto meno di stimolo anche aduna minima parte dei lettori.
Nella brevità delle informazioni fornite in prima battuta nel precedente articolo, avevamo evitato di fare ulteriori riferimenti. Uno lo presentiamo subito, per un corretta e completa informazione (ma sempre sintetica, sia per non tediare il lettore che ci vuole capire qualcosa di più su di una materia in cui la politica e l’informazione hanno sempre lesinato sia nella quantità che nella qualità delle notizie offerte, sia per non indulgere ancora di più nel mettere in luce la macroscopica serie di asinerie e ignoranze quanto il pressappochismo se non il completo menefreghismo di tantissimi parlamentari nel corso delle più diverse legislature, e di una non meno folta pletora di giornalisti).
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Traffici marittimi linfa vitale. Una portacontainer
Fincantieri e Marina Militare erano approdate a un’ulteriore evoluzione del modello di LPD/LHA, con un progetto cresciuto dalle 15.000 t. di stazza alle 20.000: ciò corrisponderebbe alle unità classe Forbin della marina francese, sulle cui limitatezze a confronto con il modello spagnolo e con l’originario modello “polifunzionale” proposto per la portaerei leggera italiana Cavour (potenzialità progettuali riconfigurabili che continuano a rappresentare il clou). La stessa Rivista Marittima, oltre alle testate private della pubblicistica militare, nell’ottobre del 2010 presentava un articolo a firma di Michele Cosentino in riferimento a queste impellenze nazionali che si trascinavano già da un decennio con i … colpi di mano e i contro colpi di mano avvenuti nei modi più coloriti e inconcludenti nelle commissioni parlamentari coinvolte.
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     Un colosso del mare. Capesize Bulkcarrier
In questo articolo, avevamo altresì esplicitamente indicato e motivato la nostra idea centrale di “non buttare soldi al vento” di fronte all’ultima evoluzione e maturazione delle tematiche inerenti e delle susseguenti scelte progettuali e operative avvenute nel contesto internazionale; e di fornire perciò la Marina di due navi effettivamente adeguate al ruolo e alle missioni da adempiere nei prossimi trent’anni. Ruolo e missioni che qui torniamo a sintetizzare entro queste coordinate: unità in grado di operare congiuntamente con elicotteri pesanti, aerei “convertiplani” (saranno i vettori da sbarco aereo migliori per le truppe dell’immediato futuro e già interi reparti di marines USA sono forniti di questi mezzi), aerei S/VTOL di nuova generazione – i famosi F35 in sostituzione degli AV8 Pus Harrier -, atti a fornire la copertura aerea alle operazioni anfibie. Unità individuabili in un modello leggermente accresciuto della Cavour, perciò con una stazza di poco superiore alle 30.000 tonn.
Una simile scelta comporta una ridefinizione generale dell’impiego della portaerei e della dottrina operativa della flotta, al fine di poter liberare energie e risorse più che preziose a pro della individuazione e definizione di scopi più rispondenti alle esigenze del nostro quadro strategico. Infatti, queste nuove “LPHD” , potendo fornire in via autonoma l’interdizione aerea in operazioni anfibie di basso e medio profilo di rischio per via dei cacciabombardieri della sua linea di volo, libererebbero la portaerei dal compito obbligato di dovere fornire la copertura dall’aria.
Le nuove prospettive che si aprirebbero consentirebbero di assegnare e fare finalmente svolgere alla portaerei il suo ruolo specifico, che è quello di fornire maggiore proiezione della copertura aerea di difesa alla navi con cui opera e all’area e di penetrazione e interdizione in profondità in ambienti “aeronavaliterrestri” potenzialmente o apertamente ostili.
Per fare ciò, tuttavia, vi è un ulteriore passaggio cruciale da superare (oltre la strozzatura materiale del ponte di accesso alla base di Taranto …): quello di dotare la portaerei di velivoli atti a svolgere questi compiti di caccia da superiorità aerea e da attacco, compiti che a quanto pare non rientrano e non rientreranno negli scenari d’impiego dell’F35, il quale fra l’altro non potrà essere equipaggiato con missili-dispenser stand-off di portata sub strategica, come gli Storm Shadow. E’ naturale che questo compito non potrebbe che essere svolto da una versione navalizzata dell’ottimo EFA Typhoon, aereo che ha ancora molte possibilità di crescita e ben oltre vent’anni di vita operativa davanti a sé.
Gli aspetti relativi all’adeguamento della portaerei leggera Cavour a questo impiego, compresa l’eventualità di estese trasformazioni strutturali per fornirla di un ponte angolato, sono cose che riguardano specificamente le autorità tecnico-militari competenti.

Le scelte riguardanti questa importante ridefinizione degli obiettivi concreti e degli strumenti più acconci alla politica estera e di difesa nazionale non possono che competere all’autorità politica in quanto che prima di essere opzioni d’impiego costituiscono priorità proprie alle determinazioni del vertice politico.

Su questo piano, non sarebbero oramai più che maturi i tempi a che il potere politico esprima il dovuto grado di decisionalità in un ambito di assoluta delicatezza e priorità della salvaguardia della vita nazionale? E di quella dell’Unione Europea, in cui l’Italia riveste il ruolo, fra le maggiori di esse, di nazione maggiormente vulnerabile?

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La portaerei francese Charle De Gaulle
In riferimento al contesto geo-strategico che è in ininterrotta e spesso tumultuosa e non felice evoluzione nei più cruciali scacchieri del globo e in particolare in quelli in cui siamo più direttamente coinvolti, che costituiscono ormai un nesso indissolubile – “Mediterraneo allargato” – Oceano Indiano con l’inclusione delle regioni terrestri di riferimento – la nostra valutazione e indicazione risulta essere una scelta obbligata. In tale nuova realtà planetaria, le flotte degli USA saranno irrimediabilmente impiegate nel primo teatro di confronto mondiale costituito dal sistema oceanico Pacifico – Indiano al fine di contenere l’espansionismo cinese e garantire il sostegno alle tante  nazioni  che si troveranno investite dal ciclone del dragone. 
Oltre alle vie di comunicazione aeromarittime, il crogiuolo di interessi energetici e industriali nella nuova magmatica aerea interna compresa fra il Caucaso e le repubbliche turcomomgoliche ex sovietiche ha sviluppato in questo ultimo quindicennio un nuovo assetto strategico di rilevanza euroasiatica e mondiale assoluta e prospetta sviluppi in tempi rapidi ancor più rilevanti.
I giacimenti di petrolio e di gas via via individuati e di cui sono in atto gli sfruttamenti, l’aumento del numero degli oleodotti e dei gasdotti e i loro diversi tracciati costituiscono linee di flebile e non chiara demarcazione degli interessi non coincidenti tra le nazioni produttrici e tra esse e quelle che sono semplice ma ineliminabile via di attraversamento delle pipe line (il caso Ucraina docet). Le diversità di interessi intra regionali e inter regionali fanno convergere nella comunanza del denominatore dato dall’esigenza di assicurarsi flussi di rifornimento regolari e duraturi, la presenza dei colossi asiatici, Cina e India, Iran, Turchia (nel suo duplice ruolo di utente e di area di attraversamento), Russia e Unione Europea. E dunque, Italia, Le capacità di poter esprimere una capacità di proiezione di presenza attraverso lo strumento aeronavale calibrato per tali compiti ed evenienze risulta dunque una tessera importante, giacché le risorse del mare del Nord di Inghilterra e Norvegia non costituiscono il toccasana, né tantomeno la nuova proposta USA di avviare la realizzazione di nuovi gasdotti sottomarini per rifornire l’Europa (che verrebbe al contempo ad esserne oltremodo dipendente).

Una rinnovata e prolungata stagione di creativo e  fecondo slancio delle energie dell’UE sarebbe sicuramente in grado di calamitare ulteriormente verso la sua sfera alcuni di questi Paesi, dopo la Turchia. Essa inoltre dovrebbe consentire di superare le attuali negative vicissitudini fra UE e Russia, aprendo nuovi spazi di intese e di avvicinamento.

Un ruolo di presenza aeronavale siffatto, europeo e italiano, sarebbe dunque un fattore di simultanea garanzia dei nostri interessi strategici (intesi in chiave difensiva e non neoimperialistica) e contribuirebbe al raggiungimento di un maggiore equilibrio in questi cruciali contesti, vista la peculiare flessibilità d’impiego dello strumento aeronavale..

Se parliamo di maggior equilibrio e non di stabilità, ciò si deve al fatto che non si può fingere di trovarci in presenza di un atavico degenerato quadro storico determinato dall’eredità della pax dell’imperialismo anglo-francese e in parte dall’espansionismo zarista, per cui vi sono linee confinarie che hanno schiacciato sino ad oggi le aspirazioni di unità e di indipendenza di diversi popoli. Queste regioni infatti vivono in una condizione di endemico precario equilibrio.

Non possiamo continuare a svolgere un ruolo peregrino in seno alle alleanze e agli assetti internazionali, soprattutto non possiamo continuare ad ignorare le posizioni di grande ritardo sul piano delle anali e delle “percezioni” dei rischi (non imputabili alla diplomazia e alla marina militare). E sulla susseguente condizione di enorme insicurezza in tema di rifornimenti energetici e dei materiali strategici per l’industria in presenza di diffuse e prolungate crisi internazionali nei settori nevralgici del Vicino Oriente e dell’oriente euro-asiatico e dell’Oceano Indiano e del loro propagarsi per “contagio”. Non possiamo ignorare l’enorme dinamismo cinese e indiano e il profilarsi non solo in Estremo Oriente ma proprio in tutta l’area dell’Oceano Indiano di un’età di confronti e sfide che metteranno in pericolo i traffici interoceanici e a dura prova la sopravvivenza dei sistemi economici privi di risorse naturali autonome. Per cui, l’opzione da noi prospettata ci risulta essere, lo ripetiamo, ineludibile e, come una volta farsescamente si diceva, al di sotto della “sufficienza difensiva”.

 

Il nostro Paese non può continuare a vivere parassitariamente “a ricasco”, come ha fatto per interi decenni, tanto da essere definito il “ventre molle” della NATO. Non se lo più permettere e non glielo consentiranno gli altri attori, pena l’esporsi a ulteriori rischi. Non è necessario che sia Obama a ricordarci che la sicurezza non è mai a costo zero. Basta ricordarsi degli anni ‘60 – ‘80 e delle ininterrotte serie di operazioni “occulte” realizzare dai più diversi servizi segreti stranieri (amici e alleati, non amici, potenzialmente nemici – ma non per il PCI ) e di come eravamo diventati il bazar internazionale delle vie del terrorismo ed anche il luogo in cui sanguinose attività terroristiche sconvolgevano gli equilibri interni e il vivere civile. Un basso profilo pseudo terzomondista e di scriteriato e demagogico “pacifismo” non può nel presente e nel futuro che continuare ad esporci a ricatti, minacce, condizionamenti di varia natura, insicurezze. E le richieste di assistenza e aiuto si pagano a non minore caro prezzo, anche con gli alleati e con gli amici, cosa questa che dovrebbe quantomeno sapere la sciagurata classe politica italiana.
Oggi uomini e donne dell’ex PCI continuano a ricoprire le cariche istituzionali più importanti, ma, a ben vedere, non si liberano ancora dalle pastoie ideologiche che li hanno tenuti legati in tutto il loro passato politico e culturale; non dimostrano di raggiungere un adeguato grado di presa di coscienza dei reali meccanismi dei contesti internazionali, delle nostre necessità indifferibili e di quello che ci si prospetta a noi italiani ed europei – già da questo nuovo decennio, decennio in cui il G20 sarà la più chiara e definitiva affermazione del tramonto euroamericano.
Oltre al BRIC – Brasile, Russia, India, Cina – abbiamo il Sud Africa, il Messico, l’Iran e una dozzina di altre nazioni in piena corsa. Nel contesto dell’ “Occidente allargato”, abbiamo la Turchia (in pectore per l’Unione Europea), la Corea del Sud, il Canada e l’Australia. Le loro crescite saranno inarrestabili pure nell’ambito dell’alta tecnologia duale, nucleare aeronautica missilistica e navale. Profonde trasformazioni sono in atto in diversi paesi africani e proprio in Africa è in atto una nuova trasformazione geoeconomica e politica, attraverso la salda presenza di Cina, India, Iran, Giappone e Corea, Arabia Saudita.
Davanti a tutto questo, Italia ed Europa sono assolutamente anchilosate e i percorsi separati di Berlino, Londra e Parigi non porteranno a risultati apprezzabili su scala mondiale. Regno Unito e Francia si accontenteranno ancora delle briciole dei loro imperi coloniali e la Germania dell’inossidabilità teutonica?
Ecco dunque dei brevi, qualificati e “vicini” riferimenti ai contesti ultimi, atti a dare qualche ragguaglio informativo su quanto accade. Riferimenti da poter utilizzare con i dovuti strumenti conoscitivi e anche come fonti comparative: la Turchia (già ricordata per l’ordinativo di una LPD/LHA ai cantieri spagnoli Navantia di una nave della nuova classe Juan Carlos I)) ha ricevuto il primo dei quattro Boeing 737 AEW&C (aerei radar). Il Regno Unito (potenza definitivamente tramontata) continua nel programma di produzione della nuova serie di sottomarini nucleari d’attacco classe Astute e sta ricevendo dagli USA tre aerei da guerra elettronica RC135V/W Rivet Joint. Questo tipo di velivolo non è stato ceduto a nessun altro Paese, compresi Israele e Giappone. Inoltre Londra già dispone di sette velivoli AWACS e di cinque Sentinel/Astor R1, che le forniscono una capacità aerea di intelligence su scala globale. Per inciso: l’Italia non ha neppure un aereo AWACS in linea e non presenta neppure una briciolo di queste capacità d’intelligence nell’aria di primaria importanza anche in tempo di pace. Idem per il mare: la Marina allinea solo un’unità di “supporto elettronico”: l’Elettra. Il Regno Unito ha altresì avviato lo sviluppo della nuova classe di sottomarini nucleari del deterrente nucleare missilistico. L’apparato di risorse strumentali, di rifornimento & logistiche navali aeree ( i giganteschi aerei da trasporto C17 Globemaster americani, e gli A-400 M della Airbus coprodotti da Londra con i francesi e altri partner, oltre ai C130 Herclus) e terrestri e l’addestramento di cui dispongono le forze armate inglesi è al di sopra di ogni possibile raffronto con gli standard italiani.
L’Inghilterra, infine, ha avviato il completamento della sua nuova prima grande portaerei, la Queen Elisabeth II, mentre la seconda è in fase avanzata di costruzione, di 65.000 tonnellate: 2,5 volte circa più grandi della Cavour.
La Francia è anch’essa impegnata nel rinnovamento della flotta subacquea nucleare d’attacco  e del deterrente nucleare e delle maggiori unità di prima linea.
Il recente accordo strategico (ovvero: in investimenti nella ricerca e industriali) tra Parigi e Londra in tema di alta tecnologia e di armamenti ha tagliato inopinatamente fuori Germania, Italia, Spagna, Svezia, Olanda.
Tutte le opzioni per questi Paesi sono aperte, se dimostreranno volontà e lungimiranza, certo però è che questa mossa insensata è stato un duro colpo nel perseguimento di una più veloce integrazione dei sistemi di ricerca e di produzione industriale dei maggiori Paesi dell’Unione Europea. Per di più, esistono assetti strategico-industriali che legano Londra maggiormente a queste altre nazioni che alla Francia, salvo il progetto francese delle nuove portaerei inglesi, e ugualmente la Francia a queste altre Nazioni che al Regno Unito. Basti pensare al Tornado prima e all’EFA oggi, alla progettazione delle fregate Fremm, alla collaborazione spaziale franco-italiana. La stessa Inghilterra è direttamente coinvolta nelle sorti del’aereo da caccia svedese Gripen.
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Portaerei USA Gerald Ford, ultima unità prodotta dai cantieri statunitensi
Inoltre, le criticabilissime scelte del premier conservatore Cameron hanno creato non pochi problemi operativi ai suoi stati maggiori militari e hanno prodotto decisioni del tutto altalenanti se non contraddittorie e caotiche in merito alle due portaerei (una sarà venduta appena costruita, e a chi?), soprattutto in merito al tipo di velivoli da imbarcare. Al momento attuale, il governo Cameron sembra definitivamente orientato ad equipaggiare la linea di volo con gli F35 che adotterà la marina USA e non più con la versione ad atterraggio verticale, che adotteranno sia i Marines che la marina italiana.
A dire l vero, la Francia spera fino all’ultimo che Cameron ci ripensi, in favore del Rafale della Marine Nationale.
Ma perché mai Cameron non ha dato l’o.k. per la versione navale dell’Eurofighter Typhoon, su cui ha investito enormi risorse,  visto che è un ottimo aereo e che equipaggerà per i prossimi vent’anni le prime linee di Regno Unito, Germania. Italia e Spagna? Lo hanno già fatto i francesi con il Rafale, aereo meno potente, e i russi con i MiG29  che vendono per le portaerei all’India  e la versione dei loro Su33 imbarcata dai cinesi. Quale scelta scriteriata è stata mai questa, che avrà sicuramente stoppato dietro le quinte ogni tentativo “accademico” italiano in questa direzione, tentativo che adesso andrebbe ripreso con vigore?
L’Europa virtuale, ossia l’Unione Europea nella sua “realtà” di entità di politica estera e di difesa, del tutto frastagliata e disomogenea, potrà contare sulla carta solo sulla nuova portaerei media inglese e sulla più piccola francese, dotata di reattore nucleare ma che presenta una ridotta efficienza operativa per ripetuti guasti. Nulla si sa sulle sorti della seconda portaerei inglese e sulla seconda francese, rimasta sulla carta. A ciò si aggiunge la portaerei leggera italiana. In Italia, tuttavia, non si è neppure mosso un neurone nei cervelli della autorità di governo per richiedere agli stati maggiori la programmazione di una portaerei media. Il discorso sulle capacità virtuali di proiezione di potenza aeronavale europea finisce qui. Praticamente nulla. Cina e India, che hanno acquistato le due portaerei ex sovietiche ampiamente ristrutturate, hanno in costruzione le loro seconde portaerei. Giappone e Corea si sono avviati nel seguire l’esempio italiano, ma sappiamo anche che essi hanno enormi capacità di investimento e di cantieri navali con elevate rapidità costruttive.
Un nuovo Libro Bianco della Difesa italiano non potrà indicare tali prospettive, tali esigenze, le scelte susseguenti, anche in riferimento a quanto scriveremo prossimamente sulla Marina ridotta a quasi un fantasma, la Marina che è stata per decenni fonte di lazzi a causa della sua sistematica sopravvivenza come flotta costituita da prototipi. Non si vuole e non si può imputare questa responsabilità alla autorità militari.
Il fatto è che chi guida il Paese non ha affatto una benché minima preparazione nel campo e, soprattutto, continua a vive nell’escamotage della sindrome tutta italiana di volere non ricoprire il ruolo di diretta responsabilità che ci spetta (come dovere ancor prima che come diritto) ma quello del pauroso e del furbetto al contempo, trascinandoci in condizioni di cronica subalternità internazionale, e perciò industriale ed economica. Un’auto “compressione” , se non un’auto castrazione, arbitrariamente voluta, che arreca danno anche al lavoro e alle prospettive future degli italiani, che mal si giustifica da sempre con  le intemerate false e inventate storie di un regime di “vincitori”  di una guerra persa. Una guerra persa, di cu continuano codesti “vincitori “ a voler nascondere gli eroismi dei soldati italiani in tutti i fronti, per presentarli sono come codardi e come vittime di ancor più codardi capi.
In verità, i codardi  badogliani ”vincitori”, che chiamano  “armistizio” la resa senza condizioni, in tre ventenni e mezzo di regime partitocratico bugiardo e ladro hanno divorato ricchezze e prodotto ingiustizie ben superiori alla somma di tutte le guerre del ‘900 italiano. I codardi bugiardi e ladri che hanno affossato la dignità nazionale e messo sempre al di sopra di tutto, della stessa Costituzione da loro scritta, le sozze corruttele e le criminali egemonie dei partiti e dei sindacati. Miasmi purulenti e infetti che hanno incancrenito la coscienza civile del popolo e lasciato libera corsa ai settantennali scialacquii delle “istituzioni partitocratiche”.

 

Un cenno, infine, ad Israele e all’Italia.
Israele, come non ci stanchiamo di ricordare, continua a stravendere in tutti i mercati del mondo quasi tutti i tipi di armamenti, ad iniziare da quelli più sofisticati, e ad accrescere oltre ogni fantasticabile misura un’industria bellica di rilevanza mondiale. Israele le tenta tutte anche con l’Italia. D’altronde, da quando è andato al governo la prima volta Berlusconi, in materie così delicate il suo ruolo è stato distruttivo: ha letteralmente buttato tra le braccia di Tel Aviv la nostra nazione con accordi scandalosi, condivisi dagli altri governi. Per quanto sappiamo, non solo l’aeronautica ha acquistato missili israeliani ma da anni piloti dell’entità sionista si addestrano nel nostro Paese.
Infine e soprattutto, dietro l’acquisto di trenta aerei da addestramento italiani (equipaggiati con motori USA), Tel Aviv ha realizzare un progetto a dir poco megalomane: vendere a noi, che costruiamo satelliti, dei loro satelliti da ricognizione spaziale, quanto anche venderci aerei radar e dell’altro ancora. Più precisamente, nel 2011, con un “accordo di reciprocità” l’allora direttore degli armamenti, generale Claudio Debertolis, si impegnava ad acquistare due sistemi da allerta precoce CAEW ( che a noi pare che nessun Paese Nato abbia adottato) della IAI istallati su aerei Gulfstream G550 e un satellite ottico multispettrale Opat 3000. Per quanto sappiamo, l’accordo è operativo. Ma tutto questo è scandaloso e andrebbe annullato in toto.
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12. www.europadellaliberta.it/…/dopo-lo-star-ii-passiamo-a-denuclearizzare-i…Copia cache  Domenico Cambareri1 Comment … alla loro linea politica nei confronti della Russia, dopo il clamoroso inaspettato e cinico tradimento … Non parliamo neppure dei sistemi di difesa antiaerea e antimissile. … e potenze nucleari politica estera e strategia potenze nucleari pratica di mare pratica di mare e …
13. Moscow and G20, after meeting. Clear and coincise … www.europadellaliberta.it/…/moscow-and-g20-after-meeting-clear-and-cCopia cache 07/set/2013 – Domenico Cambareri … I loro inaspettati, imprevisti, truculenti e non di meno farneticanti messaggi, con cui …. Mandano in piena crisi l’Unione Europea, la quale ha bisogno assoluto di una politica estera e di difesa unica e …
 14. Occidente, Nato e Russia. Quali prospettive | L’ Europa della … www.europadellaliberta.it/…/occidente-nato-e-russia-quali-prospettive/ Copia cache  Domenico Cambareri … C’è da prestare credito alle nuove dichiarazioni di Hillary Clinton? … Finora, nonostante un certo e non indifferente grado di reimpostazione della politica americana sotto la guida … non li si combattono? esteri e difesa europa sempre a rimorchio degli usa? iran o …
15.  Allarghiamo l’intesa franco-italiana | L’ Europa della Libertà  www.europadellaliberta.it/2009/03/01/2514/  Copia cache Domenico Cambareri • 1 marzo 2009 • . strutture militari e dei reparti operativi riscrivere la politica estera e di difesa italiana sì agli impegni …