16 Maggio 2014
Fonti: Adelphi Editore, IBS
Emanuele Severino
Intorno al senso del nulla
L’ultima opera del maggiore filosofo italiano vivente.
Il significato radicale che il «nulla» ha assunto nella riflessione filosofica occidentale accompagna come un’ombra non solo questa forma di pensiero, ma l’intero tragitto della nostra civiltà. Radice prima dell’angoscia, il nulla turba anche e soprattutto per il suo carattere sommamente ambiguo: già Platone, infatti, osserva che pensare il nulla e parlare del nulla significa pensare qualcosa e parlare di qualcosa – come se il nemico che si ha di fronte si sdoppiasse, ingannandoci sulla sua identità. Questa nozione spaesante, che esige di essere interpretata alla luce delle forme più rigorose della speculazione, è stata affrontata da Severino a partire da La Struttura originaria (1958) e fino a La morte e la terra (2011): a tali due opere, e alla seconda in particolare, si ricollega Intorno al senso del nulla, dove da un lato si mostra come l’ambiguità sia ben più profonda di quanto possa sembrare e dall’altro si indagano «le condizioni che rendono possibile la via di uscita». Approfondimento quanto mai necessario, giacché se si rinunciasse a discutere le aporie suscitate dal senso del nulla resterebbe in sospeso la stessa tesi di fondo del pensiero di Severino: che l’uomo e ogni altro ente «sono da sempre salvi dal nulla».
Adelphi, Saggi. Nuova serie
2013, pp. 211
isbn: 9788845927799
Filosofia
€ 22,00
Dello stesso autore:
La morte e la terra
«Per quanto grandi siano le speranze e le supposizioni umane,» scrive Severino sulla soglia di questo suo nuovo libro «esse si accontentano di poco, rispetto a ciò da cui l’uomo è atteso dopo la morte e a cui è necessario che egli pervenga». Nel proseguire, con mirabile rigore speculativo, quel percorso filosofico che dalla Struttura originaria a Essenza del nichilismo, da Destino della necessità, attraverso La Gloria, è approdato a Oltrepassare, Severino procede qui risolvendo un problema decisivo, lasciato ancora aperto: se «la terra isolata dal destino è oltrepassata dalla terra che salva e dalla Gloria», nondimeno su «“questa nostra vita” – si potrebbe dire – incombe la morte, e continuamente vi irrompe». Sorge quindi un interrogativo ineludibile: «L’attesa della terra che salva continua anche dopo la morte (e che cosa appare in questo prolungarsi dell’attesa? sonno, sogni. Incubi?), oppure con la morte ha compimento anche l’attesa?». Sono i «temi» più antichi ed essenziali dell’uomo – il cristianesimo li chiama i «novissimi» –, che però Severino sviluppa in una dimensione radicalmente diversa da quella in cui si sono costituiti, poiché in lui ogni «tema» si presenta come lo sviluppo della struttura originaria del destino della verità. Nell’architettura del grandioso edificio teoretico che il filosofo è andato solitariamente costruendo nel corso degli anni, La morte e la terra appare dunque un vertice dal quale lo sguardo si spinge oltre ogni confine, giacché Severino non teme di consegnare risposte definitive: «Avvicinarsi alla morte è avvicinarsi all’Immenso della terra che salva e della Gioia».