31 Maggio 2014
Filippo Giannini
con Nota conclusiva di Domenico Cambareri
MUSSOLINI FU COMPLICE DI HITLER (NEL SUPPOSTO) STERMINIO DEGLI EBREI?
(Con intervento su articolo del Prof. Francesco Perfetti)
Ho ricevuto una telefonata da un mio caro amico che indicherò con le sue iniziali, E.S. Al telefono era un “tantinello” incazzato avendo letto un articolo su “Il Corriere della Sera”, articolo a firma di Roberto Marabini. E.S. mi ha inviato in seguito l’articolo in oggetto.
Il titolo del pezzo è: “I vicini scomodi – essere ebrei nel 1937”. Tratta di <una famiglia che, “negli anni bui” del fascismo (proprio così ha scritto Marabini) aveva due peccati originali: possedere una villetta a Riccione, vicino alla villa del Duce, ed essere ebrea (…)>. E giù una serie di contumelie contro il Duce, colpevole, secondo l’autore, dello sterminio degli ebrei sterminio iniziato, sempre secondo il Signor Marabini, nel 1937. Solo questa data indicata dall’autore ci fornisce il grado di ignoranza dello stesso. Infatti se avesse studiato la storia dovrebbe sapere che le leggi sulla razza furono varate nel 1938.
Per iniziare riporto “una lettera ricevuta dall’al di là” da il gatto:
Salve, cari posteri,
il mio nome è Joseph Iugasvili Stalin, certamente mi conoscete o per lo meno avete sentito parlare di me, più di qualche volta …
Ho chiesto il permesso a Dio per scrivervi questa lettera, vi scrivo, dove mi trovo poco vi interessa. Può interessarvi dove si trova il vostro statista Benito Mussolini, che nella Storia è ricordato come “Il Duce”, ve lo dico, anche se non dovrei; si trova, bontà del nostro sommo Dante Alighieri (nostro, perché la Poesia, quella vera, seria, appartiene a tutto il mondo) nel Purgatorio, girone dei c … ni!
Eh sì, perché tale luogo meritava.
Come potremmo definire un uomo che in vita ha protetto i suoi avversari mantenendoli con un sussidio all’estero, e poi tutti hanno affermato che erano in esilio, come chiamereste voi un uomo che ha salvato dalla fucilazione da parte dei Tedeschi gente che si professava sua nemica, e lo ha fatto in nome della vecchia amicizia che nutriva per loro; come giudicate oggi il fatto che oggi a quest’uomo attribuiscono la responsabilità delle leggi razziali, quando proprio lui ne ha salvati tanti di quelli!!! (…).
Per confutare, ancora una volta, le malignità scritte su questo argomento dai vari Marabini, mi rifaccio ad un mio precedente articolo, che riporto qui di seguito. E qualcuno mi smentisca.
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Nel contempo ho ricevuto dal Signor X una mail che riporto di seguito.
<Caro Giannini, grazie per il suo impegno a ristabilire una verità storica tanto orrenda che pochi hanno il coraggio di approfondire. Grazie per il suo appassionato e ingrato lavoro, ma nulla fra le innumerevoli stragi precedenti (Caino in un solo colpo, uccidendo Abele, sterminò un quarto dell’umanità dell’epoca) e per citarne qualcuna sotto l’imp. Tito nel ’70 d.c. furono eliminati 600 mila dei 900 mila ebrei di Palestina…
Quanto tempo avrebbe impiegato l’apparato di Himmler a scoprire che la mia bisnonna era ebrea e quindi io, con la mia famiglia, essere destinato ai campi di concentramento ed ai forni crematori? Il fatto di non essere ariano – e neppure Himmler lo era – giustifica tanto orribile accanimento? Se Tamerlano, per fare un solo esempio, ha passato a fil di spada 18 milioni di persone in dieci anni, anche se erano suoi nemici irriducibili, si giustifica per questo? Un conto, caro Giannini, è essere storico e un altro essere politico. Cerchi, se possibile, di rimanere imparziale. Nel nome della verità storica. Grazie. XX>
Forse mi sbaglio, ma se ho ben capito, il Signor X vorrebbe che i miei scritti convalidassero quanto la “vulgata resistenziale” da oltre sette decenni va sostenendo, e cioè che <Mussolini faceva parte della macchina della soluzione finale>. Se questo è quanto il Signor X pretende, mi obbligherebbe a scrivere non solo una falsità, ma addirittura una cosa esattamente contraria alla verità.
Per una volta sola mi voglio avvalere del giudizio di una personalità dichiaratamente fascista, Giorgio Pisanò. Questi nel suo libro “Noi fascisti e gli Ebrei” ha scritto: <Si giunse così al 1939, vale a dire allo scoppio della guerra e fu allora che, all’insaputa di tutti, Mussolini diede inizio a quella grandiosa manovra, tuttora sconosciuta o faziosamente negata anche da molti di coloro che invece ne sono perfettamente a conoscenza, tendente a salvare la vita di quegli ebrei che lo sviluppo degli avvenimenti bellici aveva portato sotto il controllo delle forze armate tedesche>. Giorgio Pisanò: un pazzo? un mentitore fascista? No, Signor X, Giorgio Pisanò ha scritto il vero: non Hitler (è ovvio), né Stalin (per lo stesso motivo, è altrettanto ovvio), non Roosevelt, né Churchill, né Pétain, nessuno di questi ultimi, pur avendo le possibilità di farlo, si adoperarono per mettere in salvo gli ebrei: solo Mussolini lo fece, è assurdo sostenere questa tesi? Allora leggete e, ripeto: smentitemi.
Chi scrive queste note ha un difetto: prima di scrivere si documenta e solo su documenti scrive.
Nel mio libro sull’argomento “Gli Ebrei nel Ventennio Fascista” riporto una frase dello storico israeliano Léon Poliakov, autore de “Il nazismo e lo sterminio degli ebrei”. Se il Signor X andasse a pag. 219-220, potrebbe leggere: <Mentre in generale i governi filofascisti dell’Europa asservita non opponevano che fiacca resistenza all’attuazione di una sistematica deportazione, i capi del fascismo italiani manifestarono in questo campo un atteggiamento ben diverso. Ovunque penetrassero le truppe italiane, uno schermo protettore si levava di fronte agli ebrei (…). Un aperto conflitto si determinò tra Roma e Berlino a proposito del problema ebraico (…). Appena giunte sul luogo di loro giurisdizione, le autorità italiane annullavano le disposizioni decretate contro gli ebrei>.
Prima di addentarci nell’argomento è bene ricordare che i calunniatori di Mussolini e dei suoi, per rendere le accuse più plausibili hanno coniato il sostantivo “nazifascista”, termine dispregiativo tendente ad accomunare in un’unica responsabilità fascismo e nazismo nelle atrocità commesse da quest’ultimo, sia che esse fossero reali, esagerate o immaginarie.
Le diversità dottrinali fra fascismo e nazionalsocialismo sono state evidenziate da diversi studiosi e tra questi Renzo De Felice: <Fra fascismo italiano e nazismo tedesco ci sono semmai più punti di divergenza che di convergenza, più differenze che somiglianze> (“Intervista sul fascismo”, pag. 88). Se questo è vero e se è vero che la spina dorsale della dottrina nazionalsocialista era costituita dal principio della superiorità della razza, anche biologica e dall’antisemitismo, il Signor X mi potrebbe chiedere: perché, allora, le “leggi razziali” del 1938? Per dare una risposta a questo interrogativo dovremmo riportarci alla situazione politica internazionale degli anni ’30, il che ci condurrebbe troppo lontano. Accontentiamoci, al momento, di citare di nuovo De Felice (ibidem, pagg. 101-102): <Il fascismo fece propria la dottrina razziale più per opportunità politica – evitare una difformità così stridente all’interno dell’Asse – che interna necessità della sua ideologia e della sua vita politica>. Oppure, sempre dello stesso autore: <Una volta che Mussolini fu gettato nelle braccia (attenzione alle parole, nda) della Germania di Hitler, era impensabile che anche l’Italia non avesse le sue leggi razziali>.
Trattare l’argomento “fascismo-ebrei” è stato (e lo è tuttora) come accendere un fiammifero in una polveriera. La verità è che anche intorno a quei drammi è stata costruita una cortina di falsità i cui scopi sono facilmente intuibili, per chi vuol capire.
Mordekay Poldiel (storico ebreo) ha scritto: <L’Amministrazione fascista e quella politica, quella militare e quella civile, si diedero da fare in ogni modo per difendere gli ebrei, per fare in modo che quelle leggi rimanessero lettera morta>.
Nel 1934, in occasione dell’incontro con Weizmann, Mussolini concesse tremila visti a tecnici e scienziati ebrei che desideravano stabilirsi in Italia. Nel 1938 (!) vennero aperte alcune aziende di addestramento agricolo, le “haksharoth” (tecniche poi trasferite in Israele) che entrarono in funzione ad Airuno (Como), Alano (Belluno), Orciano (Pisa) e Cavoli (Sardegna). Così, sempre in quegli anni la scuola marinara di Civitavecchia ospitò una cinquantina di allievi ebrei che diverranno poi i futuri ufficiali della Marina da guerra israeliana.
Il Signor X ha mai sentito parlare della Delasem e delle sue funzioni?
Dato, e ne sono certo, che pochi conoscono questo “miracolo all’italiana”, proverò a tracciarne le linee principali e i suoi scopi, avvalendomi dello scritto della storica ebrea Rosa Paini (“I sentieri della speranza”, pag. 28): <Era la fine del 1939 (quindi la Germania aveva già invaso la Polonia e l’Italia era alleata del Terzo Reich, nda) e nasceva in Italia la Delegazione Assistenza Emigrati (DELASEM), un’organizzazione ebraica che avrebbe salvato migliaia di israeliti profughi dai Paesi dell’Est europeo e, in particolare, dalla Germania e dai territori che i nazisti andavano occupando>.
Una domanda pongo al Signor X: perché gli ebrei che fuggivano dai territori occupati dai tedeschi anziché rifugiarsi nei Paesi democratici, a migliaia venivano in Italia, dove, ripeto, erano in vigore le leggi razziali? Erano tutti poveri bischeri? Oppure…?
Osserva Daniele Vicini (“L’Indipendente” del 26 luglio 1993): <Meno schizzinosa, l’Italia accoglie tutti, dall’operaio comunista… Ebrei e comunisti sciamano verso il Brennero, frontiera che possono varcare senza visto a differenza di altre (americana, sovietica, ecc.) apparentemente più congeniali alle loro esigenze>. E di seguito il giornalista elenca una lunghissima sequenza di nomi.
Conoscendo i fatti e quindi la storia, quella vera (non quella propinataci da sette decenni), la risposta è semplice: i Paesi democratici respingevano i fuggiaschi, Roosevelt fece intervenire la Usa Navy per impedire con la forza l’approdo alle coste statunitensi di piroscafi carichi di ebrei: ebrei che, come ha scritto il giornalista Franco Monaco <vennero accolti in Italia (…)>. A Solina, nel Mar Nero salì a bordo di un piroscafo il Console britannico informando gli infelici che il suo governo li considerava immigrati illegali: se si fossero avvicinati alle coste della Palestina sarebbero stati silurati. In Francia, nel settembre 1940, nel solo Dipartimento della Senna, la Sureté consegnò ai tedeschi lo schedario di circa 150 mila ebrei (François Feijto, da “Un’intervista allo storico Serge”). Sempre in Francia 4.500 gendarmi furono sguinzagliati alla caccia dell’ebreo: 12.884 persone vennero catturate, delle quali 5.802 donne e 4051 bambini; tutti consegnati ai tedeschi. Tutto ciò (e tanto, tanto altro ancora) fa concludere a Daniele Vicini: <Strana dittatura quella fascista. Strana democrazia quella americana>.
Voglio anche ricordare, in queste succinte note, un esempio di come sia stata condotta la storia nell’interminabile dopoguerra. Nel gennaio 1998 il giornalista della televisione italiana Paolo Frajese, conduttore di un servizio sulla vita degli ebrei nelle zone occupate dalle truppe italiane durante l’ultimo conflitto, ricordando il “Nulla Osta” concesso da Mussolini alla richiesta di Ribbentrop e commentando il fatto, con voce di rimprovero e condanna, disse all’incirca. <Così il Duce dette l’ordine di consegnare gli ebrei ai nazisti>. Frajese, evidentemente per rimanere entro i limiti del politicamente corretto, trascurò un piccolo particolare, ricordato da De Felice e da altri studiosi seri con queste parole: <Ma subito dopo il Duce – parlando con il generale Robotti – confessò il suo disappunto: “E’ stato a Roma per tre giorni e mi ha tediato in tutti i modi il Ministro Ribbentrop che vuole a tutti i costi la consegna degli ebrei jugoslavi. Ho tergiversato, ma poiché non si decideva ad andarsene, per levarmelo davanti, ho dovuto acconsentire. Ma voi inventate tutte le scuse che volete per non consegnare neppure un ebreo”> (Renzo De Felice, “Rosso e Nero”, pag. 160-161).
Così fu. sino a quando Mussolini rimase Capo del Governo non un ebreo fu consegnato ai tedeschi, né agli ustascia.
E’ opportuno ricordare che in Italia, sino all’8 settembre 1943, giorno dell’annuncio della capitolazione, non esistevano campi di concentramento per ebrei, ma campi di internamento per cittadini appartenenti a quei Paesi con i quali l’Italia era in guerra. Uno di questi campi, forse il più noto, era quello di Ferramenti: qui fu internato il dottor Salim Diamand, ebreo, autore del libro “Internment in Italy (1940-1945), nel quale è scritto: <Non ho mai trovato segni di razzismo in Italia (…). Nel campo controllato dai Carabinieri e dalle Camicie Nere (!) gli ebrei stavano come a casa loro>. Il dottor Diamand attesta che il Governo fascista concedeva 8 lire al giorno agli internati i quali potevano spenderle come desideravano.
C’è un altro grande storico, sempre israeliano, George L. Mosse dell’Università ebraica di Gerusalemme, che conferma quanto sostenuto da Giorgio Pisanò e, modestamente dal sottoscritto; infatti a pag. 245 del suo libro “Il Razzismo in Europa” si legge: < Come abbiamo già detto, era stato Mussolini stesso a enunciare il principio: discriminare non perseguire. Tuttavia l’esercito italiano si spinse anche più in là, indubbiamente con il tacito consenso di Mussolini>.
Ma la storia riguardante il binomio Ebrei-Fascismo è ben più ricca di quanto, per motivi di spazio, sono costretto qui ad esporre. Desidero, comunque, terminare con una domanda che il Signor X mi potrebbe porre. <E allora i mille e più ebrei razziati dai tedeschi nel ghetto di Roma?>. Non si possono ricordare solo quelli razziati nel Ghetto di Roma, ma anche quelli residenti nei territori occupati dalle nostre truppe, cioè quelli che, grazie alla caduta del Governo Mussolini vennero catturati dai tedeschi, e furono decine di migliaia. Signor X, guardi la data: 16 ottobre 1943. E indovini chi trovarono le SS a difendere gli ebrei del Ghetto? Non gli eroici partigiani, ma un fascista, in camicia Nera, Ferdinando Natoni, che con energia pretese la liberazione, poi ottenuta, di alcuni ebrei e fece passare per sue figlie due ragazze ebree, Mirella e Marina Limentani.
Se tutto ciò è vero, non è azzardato sostenere che gli ebrei, sino a quei giorni tenuti dietro “Lo schermo protettore”, furono poi consegnati allo sterminio dall’ignominia del primo Governo antifascista?
Perché questo morto che non vuol morire viene ucciso mille volte al giorno tutti i giorni? Lo lasciò scritto lui stesso: <Perché le nostre idee hanno spaventato tutto il mondo>. Ovviamente si riferiva al mondo della grande Finanza e del grande Capitale: quelli, cioè che ci costrinsero alla guerra per poter abbattere quelle “idee” che si stavano espandendo in tutto il mondo e che, di conseguenza, avrebbero messo in dubbio lo status quo instaurato dai padroni delle casseforti mondiali.
Mi creda, Signor X, le traversie di Sua bisnonna addolorano tutte le persone civili, ma non per questo si debbono addossare le colpe ad un uomo che fece l’impossibile per evitargliele.
P.S.
Mussolini aveva una notevole considerazione degli ebrei (come è noto), e da questi era ampiamente ripagato, tanto che la stragrande maggioranza degli ebrei italiani era di fede fascista. Fra l’altro aveva loro concesso, con le leggi del 1930 e 1931, riconoscimenti unici al mondo. E allora, perché le leggi razziali? Ne La Seconda Guerra Mondiale di Winston Churchill, Vol. 2°, pag. 209, si legge: <Adesso che la politica inglese aveva forzato Mussolini a schierarsi dall’altra parte, la Germania non era più sola>. Più o meno con le stesse parole lo storico inglese George Trevelyan condanna la politica inglese nei confronti di Mussolini.
Il sopra citato Franco Monaco ha scritto: <Le leggi razziali del 1938 furono, comunque una conseguenza diretta ed esclusiva del nefasto Asse Roma-Berlino di cui eravamo stati costretti a gravarci come di una croce>. L’“aver forzato”, l’essere “stati costretti” sono affermazioni che convalidano, a loro volta, quanto già sopra esposto da Renzo De Felice. E, del resto, il giornalista svizzero Paul Gentizon nel 1945 scrisse: <Solo Mussolini si levò non soltanto a parole ma a fatti contro Hitler, il nazionalsocialismo, il pangermanesimo. Se le democrazie occidentali lo avessero ascoltato, il destino del mondo sarebbe stato ben differente>. Ma le democrazie occidentali non vollero ascoltarlo, non potevano!
Per terminare: il mio amico E.S. ha scompagnato l’articolo di Roberto Marabini con una lettera dalla quale estrapolo la parte finale: <Come d’accordo ti invio il pezzo di giornale ritagliato dalla pagina 8 del Corriere della Sera. Come anche tu sai, te lo dico da testimone 82enne che abitava in piazza Risorgimento, dove negli anni 42/43 fino e oltre l’8 settembre, tutti gli ebrei che avevano negozi in Via Ottaviano, Via Cola di Rienzo e dintorni erano tranquillamente attivi, i Calò, i Sabatello, i Piattelli ed altri, con figli che andavano a scuola regolarmente (…)>. A questa testimonianza dell’amico E.S. faccio seguito ad una mia personale: negli anni indicati da E.S. (42/43), abitavo a Via Po a Roma e posso testimoniare che gli ebrei che avevano un’attività commerciale in quella località non hanno mai subito molestie si sorta. I loro nomi? Piperno, Astrologo, Ginori, ma ce ne erano altri di cui ora non ricordo i nomi.
Tutto questo perché? È necessario infangare ogni giorno la memoria di quell’uomo perché le sue idee sarebbero ancora applicabili tuttora. Ma se ciò avvenisse tanti manigoldi che oggi siedono su poltrone dorate, sarebbero costretti a lasciarle.
Mi sono spiegato Signor Marabini?
Nota conclusiva di Domenico Cambareri