07 Agosto 2014
Filippo Giannini
PAPA FRANCESCO E L’INFALLIBILITA’ DEI PAPI
Da un amico lettore, ho ricevuto una mail dalla quale estrapolo alcune notizie: <(…) Il Pontefice (Papa Francesco (nda) ha poi affrontato il delicato tema delle persecuzioni razziali ai danni dei pentecostali, quasi come fossero dei pazzi che rovinavano la razza, c’erano anche dei cattolici e vi chiedo perdono per quei fratelli e sorelle cattolici che non hanno capito e sono stati tentati dal diavolo>. Così ha detto Bergoglio, riferendosi a una disposizione del regime fascista poi confluita nelle leggi razziali. Prima di andare avanti, osservo: Papa Bergoglio è un Pontefice, quindi gode – o dovrebbe godere di un potere divino – l’infallibilità. Ė così? Invece no!
Andiamo avanti.
Premessa essenziale: quanto ho avuto modo di leggere e ascoltare in materia, e continuamente, in questi anni, non mi aiuta a trovare quella fonte di speranza che tuttavia vado cercando.
Provo a spiegarmi. Ricordo che anni fa l’ex Papa Benedetto XVI si recò in visita ad Auschwitz e, almeno a me, ha mostrato un aspetto della pietà (quella che dovrebbe essere) la pietà cristiana, perlomeno distorto. Infatti mi parve che l’espressione del volto del Sommo Pontefice lungo il vialone del lager fosse artificioso, non sentito. Inoltre, per incrementare ancor più il pathos del momento, aveva invocato Iddio con queste parole: <Dove eri mentre accadevano questi avvenimenti?>. Anche se non sono un teologo, mi sembra che questa invocazione sia uno po’ blasfema, perché, se ben ricordo, la dottrina della Chiesa insegna che l’operato di Dio è imperscrutabile, cioè vale come dogma. E ancora, perché questa invocazione non venne e viene estesa anche in merito ai moderni lager, come quella di Quantanamo, o alle prigioni degli americani in Iraq o in Afganistan? O perché non ricordare le tante atrocità commesse dai vincitori delle guerre del XX Secolo? Perché mai abbiamo visto un Pontefice inginocchiarsi accanto alle tombe dei mille e mille seminaristi, suore o semplici sacerdoti assassinati, nel corso della guerra civile di Spagna, dai miliziani rossi? Con la massima reverenza, Santo Padre, perché non chiede “dove era Dio?” quando i titini gettavano uomini, donne e bambini, nelle foibe? E i gulag? Non vorrei che queste invocazioni non furono espresse perché “non politicamente corrette”.
Ecco, fra i tanti, i miei dubbi: le mie pur scarsissime capacità intellettuali mi fanno pensare che Papa Benedetto XVI avesse il dovere di essere vicino ai deboli, ai perdenti: esattamente il contrario di come è avvenuto, e come, ancorate oggi, avviene.
Alcuni anni fa scrissi a Famiglia Cristiana, una rivista, come è noto, di ispirazione cristiana, ma dal dopoguerra con una forte tendenza antifascista e benevola verso il marxismo, anche se, come credo persista a carico dei comunisti, la scomunica lanciata da Pio XII. Nella mia lettera chiedevo lumi su alcune mie perplessità. Eccole sunteggiate: <Se Pio XI disse:”Forse ci voleva anche un uomo come quello (Mussolini) che la Provvidenza ci ha fatto incontrare>. E se Pio XII nel 1952 considerava Mussolini “come il più grande uomo da me conosciuto e senz’altro fra i più profondamente buoni”, come è possibile> chiedevo <che Mussolini sia quel briccone che voi dipingete nella vostra rivista e non solo in quella? Salterebbe allora “l’infallibilità” dei Papi. Oppure il dogma è sacrosanto e i Papi videro in Mussolini “l’inviato da Dio”; allora, in questo caso, Voi siete vicini alla bestemmia>.
Sulla stessa rivisti il teologo Franco Pierini mi rispose con una lunga trattazione relativa alla Dottrina della Chiesa con argomenti che, a mio modestissimo parere, sono un insulto all’intelligenza.
<Invitiamo il nostro lettore> scrive Pierini <a esaminare con noi quanto dice il “Catechismo della Chiesa Cattolica” circa l’infallibilità del Papa: il romano Pontefice, in virtù del suo ufficio, è infallibile quando, quale supremo pastore e dottore di tutti i fedeli che conferma nella fede i suoi fedeli, proclama con un atto definitivo una dottrina riguardante la fede e la morale. Perché ci sia un insegnamento pontificio infallibile occorre, quindi, che si verifichino alcune condizioni: il Papa deve parlare come supremo pastore e dottore della fede, deve esprimersi di confermare nella fede i credenti, deve farlo con un atto definitivo, deve insegnare dottrine riguardanti la fede e la morale>.
La risposta non mi ha meravigliato più di tanto, perché anche se nuove chiavi di lettura ci vengono fornite da ogni dove – e non da ultimo, proprio a seguito dell’apertura degli Actes et documents du Saint Siège relatifs à la second guerre mondiale e, quindi proprio dal Vaticano, Actes che confermano l’asserto circa quanto disse Pio XII – purtroppo la necessità di consolidare le baronie acquisite nei diversi spazi della vita pubblica fa sì che anche un giornale cattolico come quello citato, non se ne può sottrarre, al punto da indurci a credere che anche lo Spirito Santo sia un convinto antifascista. Infatti Pierini continua: <Ora è evidente che tutte queste considerazioni non si realizzano minimamente nei due casi citati, perché risultano del tutto infondate sia le interpretazioni sia le conclusioni del lettore>. Cioè Amen? Invece no! Secondo Pierini. <L’Uomo della Provvidenza avrebbe potuto (attenzione all’”avrebbe potuto”) essere Cavour nel 1861, o Crispi nel 1887, o Giolitti nel 1913, o Orlando nel 1919 (…)>. “Avrebbero potuto”, ma non lo furono, perché la Divina Providenza affidò questo incarico (malauguratamente) a Benito Mussolini. Avrebbe potuto essere scelto Palmiro Togliatti nel 1924, o Stalin quando era chierichetto, ma non lo furono né l’uno né l’altro. <Pio XI , quindi> conclude Pierini <parlando quel 13 febbraio 1929, fece una semplice constatazione storica: niente di più, niente di meno>.In altre parole, caro lettore credente, quando un Papa emette un giudizio, sarebbe opportuno informarsi e domandare: <Santo Padre, in questo momento Lei è illuminato dallo Spirito Santo…oppure no?>.
Alcuni decenni fa, il Segretario di colui che poi sarà il Pontefice Giovanni XXIII, l’Arcivescovo Loris Capovilla, ha presentato una lettera inedita, datata 24 marzo 1924 a firma del futuro Papa Buono, che all’epoca fungeva da Presidente dell’Opera di Propaganda Fide. Nell’approssimarsi delle elezioni, che poi avrebbero confermato in modo clamoroso, l’affermarsi del PNF, avrebbe risposto, a chi chiedeva un consiglio sul voto, così Giuseppe Roncalli: <Mussolini è certo una gran testa. Forse pensa di essere padrone assoluto dell’Italia e che tutto debba essere ai suoi piedi. Egli s’inganna, come sbaglia grosso quando ripete che “si è con lui o contro di lui”. Si può essere con lui in alcune cose; si deve essere contrari in alcune altre. E, d’altra parte il riconoscimento di alcune cose buone compiute non deve significare l’approvazione del suo programma generale di governo; per parte mia, io riconosco tutto ciò che Mussolini personalmente ha fatto per la pubblica cosa in Italia>.
Con il passare degli anni la fiducia di Giuseppe Roncalli – e dei suoi fratelli – nel Duce aumentò, tanto che, pur essendo amico di Sturzo, consigliava che dopo le elezioni <dovessero cooperare con Mussolini tutti i partiti, in ciò che è conforme al vero bene d’Italia>.
Dalle lettere recuperate, in una in particolare, datata 1936, il futuro Papa, allora Nunzio apostolico ad Atene e ad Ankara, con queste parole si rivolgeva alla famiglia: <Buone notizie circa i risultati della guerra d’Africa. Guai all’Italia se l’impresa non fosse andata bene! Vedete come anche ora l’invidia delle grandi Nazioni, già piene come un uovo, cerca ogni mezzo per diminuire il significato della vittoria (….). Certo il vedere come nell’impresa africana al Duce tutto sia riuscito, un punto dopo l’altro, una battaglia dopo l’altra, senza uno scarto o una interruzione, induce quasi a credere che una forza arcana l’abbia guidato. Forse è il premio di aver fatto la pace con la Chiesa: forse è un invito della Provvidenza (ahi, ahi, ahi, nda) a vivere sempre meglio. In Italia si dice che c’è poca libertà. Ma che cosa avviene nei Paesi dove trionfa la grande libertà, il socialismo, il comunismo, come in Spagna, in Russia, in Messico, ora anche in Francia?>.
Sarebbe interessante ascoltare il parere, anche su questa lettera, del teologo Franco Pierini.
E qual’era il pensiero di Giuseppe Roncalli (oggi Beato) sull’entrata in guerra dell’Italia nel 1940? Egli scrisse al fratello Giovanni, in data 28 marzo 1941: <La guerra attuale è la guerra del ricco contro il povero, del ben pasciuto contro chi stenta a vivere, del capitalista contro il lavoratore, e viceversa: ognuno attacca o si difende come può>.
Poi avvenne l’assassinio del Duce, e con queste parole Giuseppe Roncalli condannò gli autori, il 30 aprile 1945: <Giornata triste nel pensiero della fine esecranda riservata dai partigiani – cosiddetti “patrioti” – a Mussolini e a Clara Petacci. Vangelo sanguinoso e implacabile>.
Poi, malauguratamente, sopraggiunse il periodo del politicamente corretto. Ecco sino a che punto il male può prendere il sopravvento sul bene. Lasciamo parlare Donna Rachele (La restituzione dei resti di Mussolini, pagg. 99, 100): <Nel 1958, pochi giorni prima dell’elezione di Giovanni XXIII, ero stata invitata a Madrid dal generalissimo Franco, che mi aveva accolta con grandi onori come se fossi una regina. Mi fece visitare, in quella occasione, la villa che avrebbe dovuto occupare Benito, se Benito avesse accettato di rifugiarsi in Spagna nell’aprile del ’45 (…). Fu durante quel viaggio che ebbi in dono (da Franco), fra gli altri regali, un bellissimo velo di pizzo nero, di quelli che le spagnole usano mettere in testa in ogni solennità. Avevo deciso di indossarlo il giorno in cui Giovanni XXIII mi avrebbe ricevuta. Aspettai tanto quell’udienza. Ma un giorno, lo ricorderò sempre, venne a trovarmi il Monsignor Bandelli. Aveva un pacchetto sotto il braccio: il cappello di Maresciallo dell’Impero di Benito Mussolini. Monsignor Bandelli aveva l’aria avvilita e siccome gliene chiedevo il motivo, mi rispose con imbarazzo:” Donna Rachele, ho una brutta notizia da darle: non potrà essere ricevuta dal Papa”. “Non è possibile” dissi “Non posso crederci. Perché? Per quali motivi?”. “Per ragioni politiche” mi spiegò. “Lei sa, del resto, Donna Rachele, com’è la politica. Lei la conosce meglio di me”>.
Ė impossibile descrivere la disperazione della vedova del Duce, d’altronde ben descritta nel libro. Sarebbe il caso di chiedere al teologo Pierini se fu un’ispirazione dello Spirito Santo a spingere il Papa Buono ad allinearsi al politicamente corretto e negare così quell’udienza tanto desiderata ad una donna addolorata?
In uno dei prossimi articoli, come indicato poco sopra, tratteremo l’argomento: le leggi razziali fasciste. Avremo modo di incontrare il Rabbino Pacifici. Sarà un incontro molto interessante.