17 Settembre 2014
Fonte: Galileo.it
Galileo, fra le novità dalle scienze
Temi salute, tecnologia
Una milza artificiale per depurare il sangue
di Claudia De Luca
Le infezioni sanguigne possono rivelarsi estremamente difficili da curare, e possono degenerare nella setticemia, la risposta dell’organismo all’invasione da parte di microrganismi patogeni, spesso fatale. In più del 50% dei casi, i medici non riescono a diagnosticare le cause dell’infezione che ha provocato la setticemia, e sono costretti a ricorrere ad antibiotici a largo spettro che mirano ad eliminare diversi tipi di batteri. Questo approccio, tuttavia, non ha sempre l’effetto sperato, e spesso i batteri riescono a sviluppare resistenza all’antibiotico.
Ecco perché, mentre erano alla ricerca di un modo per ripulire il sangue da qualsiasi tipo di infezione, un team di ricercatori condotto da Donald Ingber, bioingegnere al Wyss Institute for Biologically Inspired Engineering di Boston, ha sviluppato una “biomilza” artificiale in grado di filtrare il sangue e depurarlo da ogni tipo di agente patogeno, dall’Escherichia coli al virus dell’ebola.
L’apparecchio, descritto in uno studio pubblicato su Nature Medicine, fa uso di una versione modificata della lectina mannose-binding (Mbl), una proteina che si lega alle molecole di zucchero presenti sulla superficie di più di 90 diversi tipi di batteri, virus e funghi, oltre che alle tossine rilasciate dai batteri morti, che scatenano la reazione immunitaria che causa la setticemia.
Durante lo studio, i ricercatori hanno ricoperto delle nanoperle magnetiche di Mbl. Quando il sangue passava attraverso la biomilza esso veniva filtrato da queste nanoperle, che tendono a legarsi alla maggior parte degli agenti patogeni. In seguito, un magnete attira le perle magnetiche (e il loro “bottino”), depurando il sangue, che viene poi reindirizzato all’interno del paziente.
Per testare l’apparecchio, Ingber e i suoi colleghi hanno infettato alcuni ratti con E. coli e altri con lo Staphylococcus aureus, e hanno utilizzato la biomilza per filtrare il sangue degli animali. Cinque ore dopo l’infezione, l’89% dei ratti che aveva ricevuto il trattamento era ancora in vita, mentre solo il 14% di quelli che erano stati infettati e non aveva ricevuto il trattamento era sopravvissuti. I ricercatori hanno infatti verificato che l’apparecchio è in grado di rimuovere più del 90% dei batteri dal sangue, e che rende molto meno probabile la degenerazione dell’organismo nella setticemia.
Riferimenti: Nature Medicine doi: 10.1038/nm.3640
Credits immagine: Harvard’s Wyss Institute
Temi ambiente, società
Richiami vivi, il Senato riapre il caso
di Lipu-Wwf
“Le modifiche apportate alla legge nazionale sul tema dei richiami vivi non superano i rilievi della Commissione europea. Il Governo valuterà già dalla legge Europea 2014 la revisione della legge e le eventuali modifiche da apportare”. E’ la sostanza dell’impegno a cui il Governo è chiamato dall’Ordine del Giorno appena approvato dal Senato nell’ambito della Legge Europea 2013.
L’Ordine del Giorno, presentato da vari senatori con prima firmataria Monica Cirinnà, che ringraziamo per il grande impegno, e assunto dal Governo, chiarisce bene la questione: le norme italiane “che autorizzano l’attività di cattura, allevamento e utilizzo degli uccelli come richiami vivi hanno determinato la messa in mora dell’Italia da parte della Commissione europea”, la quale “ha evidenziato come la cattura degli uccelli selvatici a fini di richiamo sia un’infrazione alla Direttiva Uccelli e che non vi sia la necessità di consentire tale pratica neanche in regime di deroga”. La caccia, infatti, “potrebbe avvenire innanzitutto senza l’utilizzo di richiami o per esempio con l’utilizzo di richiami a bocca”. Per questo, il Governo si impegna a rivalutare subito il caso, già a partire dalla Legge Europea 2014 che avvierà l’iter tra pochi giorni, “al fine di accogliere pienamente i rilievi mossi dalla Commissione in merito alla violazione della direttiva Uccelli ed apportare le conseguenti eventuali modifiche”.
Si tratta della dimostrazione della fondatezza di quanto sostenuto dalle associazioni ambientaliste e animaliste, ovvero che la modifica apportata alla legge nazionale lo scorso agosto, con la conversione del decreto 91, fosse del tutto insufficiente a risolvere il problema dei richiami vivi. Questo era già chiaro dalla lettera che nel luglio scorso la Commissione europea ha trasmesso all’Italia, con la quale evidenziava che la cattura degli uccelli selvatici a fini di richiamo va giudicata illegittima ai sensi sia dell’articolo 8 della direttiva Uccelli, che vieta l’utilizzo delle reti per catturare uccelli, sia dell’articolo 9, che prevede la possibilità di deroga. Ciò significa quindi che è la cattura degli uccelli selvatici a fini di richiamo va sempre vietata, perché esistono varie soluzioni alternative alla cattura degli uccelli per farne richiami vivi perla caccia. A quella lettera la Commissione potrebbe tra brevissimo far seguire il Parere motivato contro l’Italia, che è l’atto d’accusa dettagliato e l’ultimo passaggio prima del processo in Corte di Giustizia.
L’Ordine del Giorno di oggi sancisce dunque la necessità di intervenire subito, da parte di Governo e Parlamento, sia per evitare il rischio di condanna della Corte europea, sia per dire stop a questa terribile pratica che già nelle prossime settimane potrebbe portare alla cattura di altre decine di migliaia di piccoli uccelli migratori, in Lombardia ed Emilia-Romagna. Non c’è più tempo da perdere: l’appuntamento è per la Legge Europea 2014, e il Governo faccia quello che è giusto e quello che deve”.
Il primo test del sangue per la depressione
di Giulia Carosi
Presto potrebbe bastare un esame del sangue per diagnosticare la depressione, monitorare l’andamento delle terapie e valutare il rischio di sviluppare un episodio depressivo. Si tratta di test che permette di rilevare il livello di nove molecole di Rna, presenti in quantità anomala negli adulti che soffrono di depressione, messo a punto da Eva Redei, ricercatrice della Northwestern University Feinberg School of Medicine. La ricercaè stata pubblicata sulla rivista Translational Psychiatry, e segue una precedente studio su un test ematico simile, risultato efficace per la diagnosi negli adolescenti.
Fino ad oggi per stabilire se una persona sia o meno depressa i medici si affidano alla descrizione dei sintomi da parte dei pazienti (ed eventualmente dei loro familiari), dal momento che non erano ancora stati individuati marcatori biologici distintivi della malattia. Confrontando il sangue di 32 persone sane e 32 pazienti con depressione, diagnosticata tramite colloquio clinico, i ricercatori della Northwestern hanno invece rilevato tra i due gruppi la presenza di differenze significative nei livelli di 9 particolari molecole di Rna.
Oltre a trovare un marcatore per la depressione, lo studio ha dimostrato inoltre l’efficacia delle terapie attuali. Dopo 18 mesi di psicoterapia cognitivo-comportamentale, ipazienti in cui è stata riscontrata una remissione dei sintomi della depressione hanno mostrato infatti anche un cambiamento nel livello ematico di alcune molecole. Secondo gli autori dello studio si tratterebbe del primo dato biologico che dimostra l’efficacia della terapia cognitivo-comportamentale per il trattamento del disturbo depressivo maggiore.
Il test sviluppato è anche in grado di predire chi beneficerà o meno della psicoterapia, sempre sulla base di una differente concentrazione ematica delle 9 molecole. “Attualmente sappiamo che la terapia farmacologica è efficace, ma non per tutti, e lo stesso vale per la psicoterapia. Questo esame del sangue potrebbe permetterci di orientare meglio il trattamento dei pazienti”, spiega David Mohr, direttore del Center for Behavioral Intervention Technologies e co-autore dello studio.
Dal momento nei pazienti che hanno beneficiato della psicoterapia 3 delle 9 molecole di Rna sono comunque rimaste in concentrazione differente rispetto agli adulti sani, secondo i ricercatori il test potrebbe anche essere utilizzato per rilevare una maggiore vulnerabilità alla depressione. “L’individuazione di questi tre marcatori ci avvicina al nostro obiettivo finale: individuare una predisposizione alla depressione anche in assenza di un episodio depressivo”, conclude infatti Eva Redei.
Riferimenti: Translational Psychiatry
Credits immagine: jjprojects/Flickr