15 Dicembre 2014
Fonte: Rino Moreti, blogspot
Le cruciali vicende della resa dei tedeschi in Italia agli angloamericani
R. Moretti, Resa senza condizioni. L’operazione Sunrise, consulenza editoriale di Maurizio Pagliano, Mursia, Milano, 2013, pp. 231, Euro 16.
R.M: – Paragonabili a una avvincente spy story, le trattative di resa vennero condotte tra Karl Wolff, comandante delle SS in Italia, e Allen Dulles, responsabile dei servizi americani di Berna, tramite il barone Luigi Parrilli, il maggiore Max Waibel, dei servizi di intelligence svizzeri, e il pedagogo Max Husmann di Zurigo.
La formula della resa incondizionata pretesa dagli Alleati era dettata dall’esigenza di tenere compatta l’alleanza contro l’Asse nazifascista, puntando soprattutto alla vittoria totale. Ma l’operazione Sunrise fu molto avversata da Mosca: la fine anticipata del conflitto avrebbe fatto avanzare le truppe alleate in Italia ancora più a est, sottraendo territori al controllo sovietico. Questo giustifica le forti rimostranze di Stalin a Roosevelt quando intravide l’eventualità che si concretizzasse una resa anticipata dei tedeschi.
Le forze dell’8a armata britannica perdettero la corsa per Trieste, ma riuscirono a bloccare l’espansione del totalitarismo comunista vicino ai confini dell’Italia. Dulles era consapevole del rischio che le vittorie militari dell’Armata Rossa aumentassero la loro influenza sui Paesi liberati. Ma Roosevelt e gli esponenti delle forze armate consideravano prioritario mantenere l’alleanza con la Russia fino alla completa vittoria sulla Germania, in vista anche della sua entrata in guerra contro il Giappone.
La capitolazione dei tedeschi in Italia contribuì ad accelerare il crollo del Terzo Reich. Ma rispetto ai propositi iniziali, la firma della resa avvenne con notevole ritardo, per cui le sue benefiche conseguenze furono più contenute. Il ritardo fu dovuto all’irrigidimento di Kesselring e ai tentennamenti di Vietinghoff, ma anche Mosca aveva ostacolato in tutti i modi le trattative. Oltre al timore di una pace separata, i capi sovietici si rendevano conto che una prematura resa tedesca avrebbe consentito, alle truppe alleate, di arrivare a Trieste prima di Tito. Bastarono pochi giorni di ritardo per modificare a danno dell’Italia la situazione nella Venezia Giulia, facendo subire a questa città le atrocità dell’occupazione jugoslava.
L’operazione Sunrise concludeva la campagna d’Italia con un bilancio positivo. Senza di essa non ci sarebbe stata la liberazione di Parri e Usmiani, esponenti del Corpo Volontari della Libertà. Lo stesso Sogno fu «risparmiato» e alla fine di aprile riuscì ad andarsene dal campo di prigionia di Bolzano. Ai primi di marzo Wolff, alla presenza di Parrilli, aveva dato ordini perché fossero vietate violenze contro le persone e limitate alla «necessaria apparenza» le azioni di guerra contro i partigiani, inoltre nulla venisse distrutto né asportato. L’intervento tempestivo di Röttiger e Wolff riuscì a salvare 139 prigionieri, fra cui personalità eminenti di diverse nazioni europee, a Villabassa vicino a Dobbiaco. Erano ostaggi «con un elevato valore di scambio» a disposizione di Kaltenbrunner, che intendeva servirsene per indurre gli Alleati a trattare. Venne garantita la sicurezza di circa 350 prigionieri di guerra angloamericani, ancora in Italia. Inoltre, a partire dal 26 aprile, cominciarono a essere rilasciati i prigionieri del lager di Bolzano e il 30 il campo fu consegnato alla Croce Rossa. Infine fu possibile recuperare i tesori d’arte provenienti dagli Uffizi e da Palazzo Pitti di Firenze, a San Leonardo (Val Passiria), dove Wolff li aveva messi al sicuro, trasgredendo un ordine di Himmler che voleva trasferirli in Austria. Stessa cosa fece per la preziosissima collezione numismatica di re Vittorio Emanuele III, conservata nel palazzo dei duchi di Pistoia a Bolzano, oltre a due miliardi di lire in denaro e titoli.
I capi delle SS non si facevano illusioni sulla loro sorte personale, nel caso di una sconfitta ormai inevitabile. Wolff e i suoi collaboratori con le trattative Sunrise cercavano, e in parte ottennero, una via d’uscita dalla trappola in cui si trovavano. Invece Himmler e Kaltenbrunner miravano ad attuare un’estrema difesa nell’Alpenfestung, la roccaforte progettata nelle Alpi, utilizzando i prigionieri e i progettisti delle nuove armi come ricatto per ottenere concessioni politiche e la loro salvezza. Ma il loro piano non riuscì.