27 Giugno 2015
Fonti: Armando Editore, LiberoLibro www.liberolibro.it, AsinoRosso info@asinorosso.it
Psiche umana e mondi altri. Quali identità oltre il multiforme esotico
L’io culturale. Dall’etnopsichiatria alla transcultura
pagina 69
Siamo inclini a pensare che l’immaginario in quanto categoria dello psichismo non è, in modo così irriducibile, la fortezza individuale inespugnabile che alcuni autori moderni vogliono farne. Riguardo a questo problema essenziale ci sembra estremamente importante portare avanti dei lunghi e minuziosi studi di antropologia culturale comparata. Sappiamo fin da ora che esistono dei meccanismi socio-culturali che favorizzano lo sviluppo di un immaginario puramente narcisistico e viceversa. Ci sono altresì numerosi meccanismi al livello dello sviluppo genetico e dell’esperienza psicologica del sé che segnano, con la loro impronta, la struttura dell’immaginario in funzione dell’ambiente socio-educativo. Per ciò che riguarda l’Africa i dati clinici sottolineano tutta un’esperienza collettiva dapprima diffusa e permanente, prediscorsiva, emozionale, in seguito discorsiva e iniziatica, che sembra di solito arrestarsi riguardo l’esperienza puramente narcisistica del sé.
Se da un lato è vero che i valori tradizionali costituiscono il fondamento e il garante della cultura vivente perché riposano su un principio di unificazione che è l’Antenato, la strutturazione delle risorse relazionali interpersonali e intracomunitarie incitano poco, al livello personale, a delle condotte di ritiro egocentrico evidenti e/o costanti.
D’altronde il praticante tradizionale non saprebbe né potrebbe essere uno specialista dell’interpretazione dei sogni, delle fantasie o dell’immaginario puramente narcisistico che sarebbe rivelatore, piuttosto, di una psicodinamica intelligibile soprattutto nel contesto antropologico di una cultura globale di tipo individualista.
Ciò che viene analizzato infatti durante lo studio dei sogni da parte dell’analista occidentale non è il Desiderio in quanto tale, «materiale», il Desiderio-oggetto, ma il linguaggio del Desiderio, ovvero il testo del racconto del sogno attraverso il quale esso si manifesta. L’interpretazione è operata in funzione di una semantica; questa semantica ha dei fondamenti antropologici senza i quali non sarebbe possibile. Al fondo, il discorso del sogno è, molto semplicemente, un discorso culturale (anche se assume lo stile offensivo della contro-cultura) nonostante la distanza apparente che separa il suo «testo» e quello della cultura diurna.
Secondo lo stesso Freud esistono delle analogie tra produzioni come:
– il sogno;
– il motto di spirito;
– «l’illusione religiosa»;
– l’opera d’arte;
– la mitologia, ecc.AsinoRosso
di Roby Guerra
A partire dalla psicoanalisi e da certa non molto nota Antropologia e-o Etnopsichiatria cosiddetta africana (parte del libro è la traduzione del suo promotore
Ibrahima Sow …..) l’Io Culturale, Dall’etnopsichiatria alla transcultura di Ibrahima Sow (Armando Editore, Roma, 2015) a cura di Elisa d’Ippolito, riflette una rotta relativamente inedita a più livelli conoscitivi.
Tra le righe anche molto interessante per captare finalmente nella complessità certe emergenze molto sociologiche attuali cosiddette inter-etniche. Grande chiarezza nel testo, nonostante la sua intrinseca stessa complessità che sollecita considerazioni stesse epistemologiche e almeno lateralmente strettamente neuroscientifiche (per forza di gioco linguistico pur plurale…), non solo, piu pragmaticamente inerenti alla psichiatria contemporanea e alla cura dei cosiddetti pazienti.
Si suggerisce esplicitamente un diversamente archetipo come relativa password di accesso come accennato, da certa dinamica originaria o “ materia grezza” psichica identificata nella psicologia e psicopatologia stessa dell’Africa, intesa come continente interiore: senza la scissione poi più o meno cartesiana/occidentale di corpo anima, materia spirito, natura società, cervello cuore (quasi una reinvenzione del cosiddetto animismo appunto “diagnosticato” dalla tradizione evoluzionistica). Si auspica pertanto la stessa psicanalisi o psichiatria occidentale a decentrare i suoi assiomi, per captare l’Altro, non occidentale, nella sua specificità culturale e stessa unicità,…
In generale, in tale scenario apparentemente “terzomondialistico”, in senso superficiale sociologico, colpisce lo sguardo complessivo comunque relativistico in questione, oltre quindi, un evoluzionismo alla rovescia….
Nessuna retorica para antipsichiatrica con il Non Occidentale, l’africano automaticamente promosso da disadattato/primitivo/paziente/folle in eroe o genio compreso, solo vittima dell’Inquisitore moderno…e tecnofilo o scientista.
Tale Tac immaginaria invero proviene dalle stesse origini della stessa storia della psicanalisi, Freud lateralmente, Jung piu centralmente, poi Biswanger stesso fino all’esistenzialismo, senza dimenticare gli stessi – tra le scienze umane affini- Bateson da un lato e la stessa antropologia storica del novecento, da Malinowsky a Maed ecc, prime brecce nel paradigma evoluzionistico culturale troppo scientista stesso.
Certa psicoanalisi più recente, come dal volume ottimamente segnalata, ha poi ampliato e raffinato il discorso, elaborando il tutto ci pare, in dinamiche sistemiche, dove la Cultura, ma non il banale e retorico culturalismo, intesa nel senso dei Popoli, occidentali o non occidentali e-o “africani” (nella specifica cifra significante), è marcatore fondamentale di qualsiasi ipotesi conoscitiva, figurarsi dell’Io culturale delle persone, sane o meno sane che siano…
Ma un cultura ultradinamica, persino transculturale, tutta una specie di Teoria dei Giochi immaginaria/reale, alienare, a zig zag se non spirale, dove l’antico transfert esemplifica e domanda negli anni duemila, nel divenire della cosiddetta psiche individuale da un lato, e della globalizzazione o meglio planetizzazione emergente (non senza conflitti ben noti), la quasi sospensione, almeno provvisoria e nei fatti relativa…, nel Terapeuta delle teorie di riferimento accademico occidentali: per una full immersion nei diversamente neuroni o diversamente sinapsi cosiddette africane (qua il linguaggio come specchio semantico particolare e singolare).
Per esiti, poi, sorprendenti e probabilmente ancora orizzonti appena vagitanti, in feedback e retroazioni pluridirezionali, nuova dialettica finalmente danzante, per nuove combinatorie non solo specialistiche ma inedite culturali.
In tal senso, forse certa fenomenologia emersa nella microstoria della musica moderna, dal Jazz e dal Blues all’arte contemporanea primitiva magari di un Miro ecc, fino a certa tecno o rap, riflettono tale dancing anche conoscitivo. E pur oltre le frontiere del volume, pur almeno tacito, esitano probabilmente risposte possibili più direttamente sociali e, riassumendo, inter-etniche, diversamente evolute, spesso trascurate dai protagonisti magari politici in primo piano nelle cronache live, spesso anche dagli addetti ai lavori.
Titolo: L’ io culturale. Dall’etnopsichiatria alla transcultura
Editore: Armando Editore
Collana: Antropologia medica
Data di Pubblicazione: Gennaio 2015
Prezzo: € 11.00
ISBN: 8866778672
ISBN-13: 9788866778677
Pagine: 128