Ambiente e natura. La chiesa cattolica ha voltato pagina? Forse era ora. Vediamo un po’

05 Luglio 2015

Mino Mini

   

 

 

 

 

 

 

       

Medioevo e dintorni – 5

 CHI E’ LUI ….?

        Un atleta del sillogismo capace di eseguire il triplo salto carpiato con avvolgimento, entrando nell’ acqua “siccitosa” del pensiero contemporaneo senza sollevare spruzzi.
        Questo è Lui: per il secolo Francesco I° pontefice di Santa Romana Chiesa . Non se la sente di giudicare su certi temi morali, ma non esita, con un’enciclica scritta in lingua volgare – Laudato si’ – a ricostituire la verginità del cristianesimo,in termini di ambiente, dopo 2015 anni altrimenti spesi. Fa di più: si riallaccia alla Genesi biblica, dalla quale la Chiesa si dichiara discendente, per rivendicare una primogenitura ecologista.
         E qui cominciano gli equivoci, perché l’ecologismo che impronta l’enciclica Laudato si’ non è di matrice scientifica come l’aveva impostato il biologo tedesco Ernst Haeckel che nel 1866 gli aveva dato il nome, ma di formulazione ambientalista. Si rifà, cioè, al movimento degli anni ’60-’70, per il quale l’ecologia era la disciplina in grado di fornire una “guida” per le relazioni dell’uomo con il proprio ambiente e l’ambientalismo si connotava, pertanto, come “attivismo con lo scopo di migliorare l’ambiente soprattutto attraverso attività educative pubbliche, propaganda di idee, programmi legislativi e convenzioni” [v. Wikipedia] Movimento con indubbi meriti morali, ma di scarsa attendibilità scientifica per eccesso di settorialismo]. Per la Chiesa, comunque, un lungo passo avanti se dopo 2015 anni di attuazione del comandamento biblico di dominare e soggiogare… sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente, che striscia sulla terra” [Genesi 1:1-2:4/28] con le conseguenze nefaste che lo stesso ha generato, passa al rispetto e alla conservazione dell’ambiente in quanto creazione di Dio.
         Se anche ci arriva mediante il triplo salto carpiato di cui si è detto in apertura inventandosi un Vangelo della creazione (capitolo secondo);
         se anche trasforma una visione ideologica dell’ambiente in articolo di fede, come fa nel sesto ed ultimo capitolo intitolato Educazione e spiritualità ecologica,  rimasticando luoghi comuni dell’ambientalismo e facendo un uso improprio del significato di ecologia;
         se anche arriva alla suggestione dei fedeli mediante la formulazione di due preghiere – Preghiera per la nostra terra e Preghiera cristiana con il creato – che importa? Posto che la situazione del pianeta è quella che Francesco I° ha descritto nel corpo dell’enciclica Laudato si’ , una mobilitazione del mondo cattolico in senso ambientalista non è forse auspicabile?
         Diremmo di no, ma è arduo spiegarlo. Per correttezza intellettuale dovremmo affrontare criticamente le centoottantotto pagine dell’enciclica in due pagine del mensile che state leggendo e questo non è alla portata di chi scrive. Inoltre molti concetti e alcune delle categorie espresse nell’enciclica sono più che condivisibili e da noi applicati frequentemente nei nostri articoli e ciò rende difficile spiegare come la condivisione non rifletta una identità di visione del rapporto uomo-ambiente. Vi sono, insomma, alcuni aspetti che devono essere chiariti per via degli equivoci di cui si è paventato.
         Il primo aspetto da chiarire, che forma l’oggetto del presente articolo, è quello che nell’enciclica rientra nella categoria dei “poveri” costituenti la maggioranza della popolazione del pianeta. Nel 1996 l’Human Development Report della Oxford University Press rilevava che il 20 per cento della popolazione mondiale era costituito da ricchi che possedevano l’85 per cento della ricchezza della Terra, mentre il 20 per cento era formato dai più poveri che ne possedeva soltanto l’1,4 per cento. Il restante 60 per cento era difficilmente catalogabile perché la loro quota di possesso era fluttuante. Oggi, 20 anni dopo, con la progressiva scomparsa del ceto medio dovuto al capitalismo globale che ha accresciuto la povertà e la diseguaglianza sociale trasformando le relazioni fra il capitale e la forza lavoro e avviando il processo di <<esclusione sociale>>, si è venuto formando il cosiddetto <<Quarto Mondo>> che comprende gli emarginati delle periferie, i senza tetto, la forza lavoro precaria. La situazione è tale che gli ottantacinque bipedi più ricchi del mondo, secondo Franco Freda, dispongono di una ricchezza equivalente a quella di oltre la metà della popolazione mondiale. Pane per i denti di un papa che del pauperismo ha fatto la sua cifra e che si muove nella dimensione ideologica della globalizzazione, ma di difficile digestione per chi della ecologia – che ricordiamo studia i rapporti tra l’uomo e l’ambiente – ha una visione organica e più matura scientificamente
         Ci spieghiamo.
         In natura, a livello elementare, un territorio – ossia l’ambiente – ospita solo una determinata quantità di esseri viventi rapportata alla quantità di risorse disponibili per la sopravvivenza secondo la legge di selezione naturale. L’essere umano, come è noto, evolvendosi dal livello elementare e costruendo delle protesi materiali e immateriali è in grado di dar vita ad insediamenti con una concentrazione di abitanti di gran lunga superiore a quella che il territorio potrebbe ospitare. Ma ci sono dei limiti poiché una concentrazione illimitata entro uno spazio finito può condurre alla catastrofe. Il primo limite è quello dell’organicità che si esprime nella capacità di un insieme di abitanti, indipendentemente dal loro numero, di “fare sistema” ovvero di darsi delle strutture intellettuali, economico-tecniche, etico-politiche, estetico-identitarie in mutuo rapporto e – per questo – in grado di realizzare un organismo simbiotico di uomo e natura. Come a dire: un organismo civile. Va da sé che il limite, il completamento, di un organismo uomo-natura, sarà dato dal livello di civiltà raggiunto , espresso dalla sintesi formale delle quattro categorie (logica, economia, etica ,estetica) quale che sia la sua ampiezza territoriale, la sua dimensione demografica, la sua ricchezza economica.
         Senza addentrarci nella disamina dei limiti di concentrazione demografica in un determinato territorio riassumiamoli in un concetto: equilibrio nel rapporto uomo-natura. Ovvero: dato un determinato territorio il numero degli abitanti che lo stesso può ospitare è in ragione dell’equilibrio che si viene ad instaurare fra i diversi fattori enunciati. Come si comprende facilmente, tale equilibrio è sempre mutevole e perciò metastabile. Dalla capacità di conquistare il nuovo equilibrio ogni volta che lo stesso viene superato, dipende la possibilità di un organismo civile di vivere nel tempo evolvendosi, di cristallizzarsi in una determinata fase civile, di regredire fino al livello di equilibrio che è in grado di mantenere oppure di scomparire dalla scena.
         E’ qui che le tesi ideologiche di Francesco I° sulla popolazione entrano in conflitto con l’ecologia reale la quale ci avverte che dal 31 ottobre 2011 il rapporto uomo-suolo, ovvero il peso degli abitanti sull’ambiente, è diventato insostenibile. Abbiamo raggiunto il picco dei sette miliardi di abitanti e oggi, 2015, siamo vicini al traguardo degli otto miliardi. Già dal 1930 la Terra era divenuta un mondo finito, un contenitore chiuso, ed al suo interno la popolazione, da allora, era andata crescendo ad un ritmo e con un’intensità mai registrata in passato. L’equilibrio che la civiltà (soprattutto europea) era riuscita a mantenere stabile per oltre 1365 anni, si era alterato, ma la cultura contemporanea si scoprì incapace di elaborare una nuova e più matura visione del rapporto uomo-natura. Oggi l’equilibrio è saltato generando il fenomeno dello spostamento di grandi contingenti di popolazione che migrano non già come gruppi organizzati, come in antico, ma, apparentemente, per iniziativa individuale. In realtà il fenomeno è pilotato secondo piani volti a destabilizzare, economicamente, alcuni organismi civili, già fortemente congestionati sul piano demografico, mediante l’accrescimento indiscriminato della popolazione soffocando ogni possibilità di ristabilire un nuovo equilibrio uomo- natura. (vedi il Piano Kalergi).
         Ebbene nella sua visione pastorale Francesco I° non coglie, o non vuol cogliere, la realtà di un mondo in cui si manifestano o si sono manifestati livelli diversi di equilibrio o disequilibrio nel rapporto uomo-natura. Per lui << … la crescita demografica è pienamente compatibile con uno sviluppo integrale e solidale>>. Proiettato in una dimensione globale – che non significa universale – nel capitolo quinto al titolo Il dialogo dell’ambiente nella politica internazionale esorta a pensare <<a un solo mondo>> ad un <<progetto comune>>. Nella sua indifferenziata visione ecumenica afferma: <<Bisogna rafforzare la consapevolezza che siamo una sola famiglia umana .Non ci sono frontiere e barriere politiche o sociali che ci permettano di isolarci, e per ciò stesso non c’è nemmeno spazio per la globalizzazione dell’indifferenza>>.E ancora: <<È tragico l’aumento dei migranti che fuggono la miseria aggravata dal degrado ambientale, i quali non sono riconosciu­ti come rifugiati nelle convenzioni internazionali e portano il peso della propria vita abbandonata senza alcuna tutela normativa>>. Coerentemente con questo assunto, mentre tutte le frontiere degli altri paesi rivieraschi del Mediterraneo si sono chiuse, si è recato a Lampedusa e volto verso l’Africa ha invocato la carità dell’accoglienza indiscriminata per i “poveri”. Un chiaro invito ad invadere l’Italia, già congestionata di suo demograficamente,ed a realizzare il sogno negroeurasiatico di R.N. di Coudenhove-Kalergi che il NWO (Nuovo Ordine Mondiale) ha fatto proprio. Proprio quel Nuovo Ordine Mondiale che ha assunto il carattere dell’Autorità politica mondiale auspicata da papa Ratzinger e da San Giovanni Paolo II° e che dovrebbe aprire – quale novello Costantino – ad un’altra ideologia mondialista la strada di un Nuovo Evo sotto la protezione del Potere.