30 Dicembre 2015
Mino Mini
Un’impietosa analisi delle “smargiassate” del giovane presidente del consiglio, quasi sempre repliche del dagherrotipo prototipico berlusconiano, calata nel contesto di una più vasta e profonda analisi politica e valoriale della nostra società, su cui già più volte in precedenza l’autore ha invitato a soffermarci. In riferimento alla clientelare regalia dei 500 €, Mini si riferisce esclusivamente ai giovani “classe 1998”. Questa nuova misura pre-elettorale di donare, a fini di promozione culturale, 500 euro, è destinata ad ogni giovane che compie 18 anni nel 2015. Solo a costoro e non a chi li ha compiuti nel 2015 o nel 2014 o a chi li compirà nel 2017. Una misura “ultra settoriale, un “misurino” che scatenerà fastidiosi pruriti e reazioni allergiche fra le masse dei giovani ventenni, ai quali non viene affatto spiegato il perché mai di questa misura da cacchina di mosca. Semplice. Perché Matteo i soldi no li ha, visto che non ha il coraggio di toglierli alla mafia partitocratica: ad esempio, alla mafia della pletorica, inefficiente e più pagata al mondo “dirigenza pubblica”. No, no: i soldi per la cultura non ci sono dal famoso comunistico accordo sul lavoro del lontano 1973! Da allora, si è andati avanti con gli abissi senza fine delle “spese” delle regioni, con la comunistizzazione delle retribuzioni, con la distruzione della “cultura” e con l’allargamento delle clientele di regime. Buon appetito per i ladroni, buongustai di “valori” macellati e stagionati. Tutto il resto, per l’appunto, al macello. Sino ad oggi. – Eulà
Medioevo e dintorni – 8
IL LAGO SICCITOSO
Quando parla non puoi rimanere indifferente: senza mai leggere un pizzino ti scuote, ti avvolge nel caldo abbraccio del luogo comune, ti infonde dosi massicce di ottimismo, ti illude con mirabolanti promesse, ti sprona con parole d’ordine ad aver fiducia nell’operato del governo ed in lui medesimo che lo guida. Non appena molla la presa su di te, normalmente, scatta la reazione: o ridi folgorato dalla comicità che sprigiona dalle parole, dai gesti, dalla postura o piangi dentro di te per le sorti dell’Italia allorché rifletti sull’idiozia dei contenuti espressi. Incazzarsi non serve più, sarebbe un aprire la valvola dello sfogo momentaneo dell’indignazione disperdendone la potenzialità sovvertitrice. L’ultima del bimbominkia – così celebrato sul web – è quella del valore della cultura da contrapporre come arma alla barbarie dell’ISIS.
L’ultima del bimbominkia – così celebrato sul web – è quella del valore della cultura da contrapporre come arma alla barbarie dell’ISIS. L’ultima del bimbominkia – così celebrato sul web – è quella del valore della cultura da contrapporre come arma alla barbarie dell’ISIS. Lasciamo da parte l’intento demagogico di regalare, a fini culturali, 500 euro ad ogni giovane e poniamoci invece il quesito di fondo:
– Di quale cultura va parlando il nostro presidente del consiglio?
Proviamo a fare una sommaria rassegna dei capisaldi della cultura imperante. In primo luogo abbiamo la proletarizzazione ovvero la riduzione dell’uomo attuale ad un “nulla sociale e culturale” – come sosteneva Carl Schmitt – in cui tutto il complesso di riti e istituzioni che differenziavano l’uomo di un tempo – i generi, le età, i clan, le famiglie, le funzioni, i compiti, lo status religioso etc – sono stati cancellati. Ciò che ne è rimasto, il mutante contemporaneo, spogliato delle sue qualità antropologiche più elementari, compone una sorta di “umanità spazzatura” priva di identità che il mindfucking, esercitato da un potere egemone nella comunicazione, si incarica di condizionare sin dalla più tenera età.
Abbiamo il gender, la negazione della dualità maschio e femmina come dato della natura – o, se si preferisce, della creazione – da riempire individualmente di senso. Importato dal padrone d’oltre atlantico viene diffuso dalla “cultura ufficiale” tramite insegnanti intellettualmente deviate – pagate dallo Stato – che lo impongono nelle nostre scuole primarie vessando i bambini che non si adeguano.
Imperversa il cosiddetto multiculturalismo, anch’esso di matrice oltre atlantica, che livella tutti i valori – di fatto annullandoli – nel presupposto di rendere tutti gli uomini uguali tra loro. Ma distruggere i valori significa annullare ogni capacità critica perché gli stessi sono “misura” – e quindi comprensione – delle cose, delle istituzioni, dei modi dei rapporti umani etc. La loro distruzione implica, pertanto, la riduzione dell’ “umanità spazzatura” al livello della cultura meno dotata tra le tante che compongono il melting pot, come viene definito oltre atlantico.
Abbiamo, inoltre, il nichilismo lo spettro di Banquo della modernità, per cui la vita non ha alcun valore o senso intrinseco.
Il nichilista esistenziale (ateo), punto di arrivo della proletarizzazione, che stancamente “vive del e per il nulla” impersona l’ “ultimo uomo” che F. Nietzsche aveva annunciato: un uomo senza Dio né religione, senza famiglia né cultura, senza sesso né età.
Un tempo esisteva il cristianesimo, quello prima dello scisma protestante, che dopo un travaglio durato un millennio durante il quale tentò di creare un mondo nuovo in sostituzione di quello romano che aveva distrutto, recuperò in parte la tradizione antica rielaborandola e proiettandola in una nuova dimensione intellettuale e spirituale. Oggi quel che resta della decadenza di quella religione viene espresso, ambiguamente, da uno dei suoi sacerdoti: << …il cristianesimo non è né tradizione né cultura. La religione non deve creare muri. Il nostro vescovo e il nostro Papa Francesco, con la Bibbia, ci insegnano che si debbono amare tutti gli uomini, da ovunque essi provengano.>> (Il Giornale 22 dic.2015).
Ecco, avevamo dimenticato uno dei capisaldi della cultura contemporanea: Il buonismo figlio di quella distruzione dei valori della tradizione ad opera del multiculturalismo che, facendo riferimento alla “religione [che] non deve creare muri” non si capisce se intende respingere la religione – considerata inutile e pericolosa dai vangeli – oppure riaffermarla in una diversa visione irenista allargata ai “popoli del Libro”. Quella Bibbia, in più parti cruenta e sanguinaria, che giudaismo ed islam considerano addirittura preesistente alla creazione.
E’ questa la cultura che dovrebbe sconfiggere il fondamentalismo religioso dell’ISIS?
Sorvoliamo sui fenomeni a corollario dei capisaldi su enunciati quali l’ipocrisia del politicamente corretto, l’oblio dell’essere, l’egoismo individualista etc. e soffermiamoci, invece, su quella gioventù che il bimbominkia vorrebbe spingere ad acculturarsi.
Stiamo parlando della generazione nata negli anni ’90 del secolo scorso quando tutti i capisaldi di cui abbiamo detto erano ormai consolidati. Nati già proletarizzati questi giovani non hanno vissuto l’esaltazione dell’uomo che, avendo rifiutato le costrizioni di una fede nel divino, facendo proprio il grido “Dio è morto” di Nietzsche riteneva essere l’unico attore del suo farsi nel mondo; né hanno subìto l’autoannientamento conseguente alla scoperta che il mondo artificiale, autoreferenziale, creato dalla ragione scientifica, non dava senso all’esistenza.
Non conoscono, se non per informazione deformata ideologicamente, il processo di proletarizzazione di cui sono, inconsciamente vittime né riescono a valutare, senza termini di “misura” (i famosi valori), la distruzione operata dal postmoderno sulle poche conquiste dello spirito che andavano verso il superamento della crisi della modernità. Superamento che avrebbe dovuto portare alla riconquista dell’unità della coscienza e della conoscenza dissolta, a suo tempo, dalla frammentazione del sapere in mille discipline settoriali.
Non hanno percezione del lago siccitoso in cui si è impantanata la nostra civiltà e di cui parlammo su queste pagine (1) : << La civiltà occidentale è un immenso lago siccitoso ove da più di un secolo nessuno immette acqua nuova e pura; si tira avanti con un continuo riuso del liquido vecchio grazie a tecniche nuove.
Una civiltà – un lago – che non si rinnova non è più una civiltà e la muscolatura che la rafforzava diventa in breve una corazza che opprime dittatorialmente i suoi sudditi.>>
Un’altra generazione di mutanti, quella giovanile, che salvo poche eccezioni, vive bombardata dal mindfucking esercitato da chi governa egemonicamente l’informazione e quella che secondo i più viene definita “cultura”.
Il lago oltre che siccitoso è diventato tossico.
Parafrasando il Lenin del 1902 poniamoci anche noi il celebre quesito : – Che fare?Retorica per retorica la risposta sarebbe: la rivoluzione. Ma c’è rivoluzione e rivoluzione e prima ancora occorre che si formino i rivoluzionari che si impegnino nel raggiungere il fine. Ed ecco il punto che caratterizza una rivoluzione: il fine. Nel nostro caso, mantenendo la metafora del lago siccitoso, immettere acqua nuova e pura nell’alveo della nostra civiltà.
Non la civiltà cosiddetta occidentale generatrice del melting pot , della teoria del gender, del mondialismo indifferenziato e nemmeno quella genericamente europea generatrice del processo di proletarizzazione dalla duplice matrice capitalista e marxista.
Parliamo di una civiltà immanente, dalle radici euro mediterranee, capace di rimettere in gioco le pseudo certezze o concetti acquisiti nel periodo illuminista che hanno bloccato ogni tentativo di rimettere in orbita il processo di creazione del mondo:<<Il concetto di verità scientifica, autoreferenziale ed equivoco; Il concetto di progresso, ormai superato anche all’interno della cultura post illuminista; il concetto di eguaglianza tra gli uomini, il più equivoco dei concetti illuministi. Gli uomini non sono uguali,ma tutti debbono godere del diritto di avere pari opportunità e pari responsabilità nei confronti dell’organismo civile di cui fanno parte; il concetto di libertà. Altro equivoco. Non siamo liberi, ma siamo autonomi dal termine greco “autonomos” che significa “si governa da sé”. Vivendo in una società sempre più affollata, l’indipendenza totale ci è preclusa, ma entro determinati limiti abbiamo un certo grado di orientamento. “Entro quei limiti” non dobbiamo rinunciare all’autonomia né permettere che ci venga concussa perché significherebbe rinunciare all’unica sovranità che possiamo esercitare.>> (2)
“Entro quei limiti” il primo atto rivoluzionario dovrebbe consistere nel combattere il totalitarismo della tecnica e dell’economia – sotto forma di finanza – riconducendole al loro ruolo di struttura (3). Ciò porterebbe a superare la proletarizzazione, il mindfucking, la globalizzazione indifferenziata riconquistando un’identità.
Il secondo atto rivoluzionario sarebbe ri-acquisire il concetto di organismo. Il che implicherebbe passare da una scienza ed una tecnica meramente quantitative ad una mathesis universalis basata sul rapporto uomo/natura e – a scala più elevata – uomo/universo , quindi non più basate sull’astrazione (efficace settorialmente), ma sulla realtà.
Il terzo atto rivoluzionario sarebbe elaborare una concezione più matura del sacro (come viene denominato) o del divino ricercando il senso dell’essere o dell’esistenza.
Potremmo continuare a lungo entrando nei dettagli, ma ritorna il quesito di fondo: come potrà, una gioventù proletarizzata diventare rivoluzionaria e compiere la rivoluzione culturale necessaria a “rimettere in orbita” il processo della civiltà e contrastare il terrorismo dell’ISIS ? Con le 500 euro elargite dal bimbominkia?
1) Il drappo sull’obelisco – L’Europa della Libertà febbaio 2015 ; Il Borghese marzo 2015;
2) Rovesciare i valori – L’Europa della Libertà 2010; Il Borghese 2010
3) Claude Lévi-Strauss – Antropologia strutturalista – 1958
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