Partigiani comunisti, stragi, Concetto Marchesi, Giovanni Gentile. Puntualizzazioni a più voci

19 Aprile 2016

Domenico Cambareri,  Giambattista Baldanza

 

 

 

 

 

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Giuseppina,

ancora oggi

Napolitano, Mattarella, Boldrini, Pinotti

non ti ricordano e non ti salutano?

Ti nascondono?

Dove?

Dentro le sedi dell’anpi?

o dentro le sedi della Rai, di Fininvest, delle Università e del Licei?

 

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Quando feci a mio padre questa domanda:” Zio Concetto fu veramente il mandante dell’assassinio di Giovanni Gentile?” Mio padre, che Tu sai era un aristocratico di vecchio stampo, mi rispose con grande sincerità: “Zio Concetto era soprattutto un persona onesta e perciò incapace di qualsiasi atto non in linea con la sua purezza d’animo” Escluse così ogni responsabilità nella morte del Grande Giovanni Gentile. Un abbraccio Giambattista
Il 19/apr/2016 15:42, “Domenico Cambareri”  ha scritto:
Caro Giambattista,
fra tuo zio comunista, tu democristiano e me … in una sintesi “grandangolare”  …  degli accadimenti, quando vi sono la sincerità e l’onestà anche durante avvenimenti estremi i fanatismo ideologici e le loro derive delinquenziali e criminali possono esse tenuti alla briglia, anche se non  saldamente. Pensa che ci furono persino persone innocenti che furono sepolte vive.
Quasi tutte le organizzazioni dei partigiani non comunisti hanno chiuso queste vicende già nei primi anni ’70.
Ricorda inoltre che alcuni lo diventarono nello sbandamento generale seguiti all’annunzio americano del tradimento del re. Tanti erano delinquenti comuni, e non pochi. Dei ragazzi lo diventarono perché furono rapiti da bande comuniste: già, da oltre quarant’anni, so di un caso simile raccontatomi per filo e per segno dal figlio del protagonista. Infine, tutte queste false storie sono state definitivamente  bollate da un partigiano di prim’ordine, uno dei capi,  l’azionista e  “ebreo”  Leo Valiani (quindi aveva forti motivazioni personali e strumentali per poter continuare a tacere su questo aspetto fondamentale”), quando  rivelò s nel 2004 sul Corriere della Sera per la prima volta che i partigiani nel loro complesso potevano ascendere a una cifra complessiva calcolabile attorno agli 80.000 uomini. E che ci furono eroi come Paolo Caccia Dominioni. Ci fu anche il giovane Giorgio Colli, filosofo di rango emarginato a tutt’oggi dalle accademie nazionali.  Ma ricorda anche i non rari casi, come quello di Marzabotto, in cui le vittime degli angloamericani o dei partigiani furono attribuite ai tedeschi (già era stato clamoroso il grande falso relativo alla Guerra di Spagna, su Guernica).
Consentimi tuttavia di sollevare una domanda su Concetto Marchesi: a che pro si rese mandante dell’assassinio di Giovanni Gentile? Per colpire ogni possibile condizione di contenimento delle violenze della guerra rivoluzionaria dei partigiani  e dei rastrellamenti dei militi della RSI e dei tedeschi? A me così pare, ma non lo so. Spero che tu possa avere qualche spiegazione plausibile  e meno dolorosa, se non adeguata.
In realtà, chi ha marciato per decenni e continua a marciare strumentalmente con questa musica è stato il Pci per fini scopertamente “strategici” nella sua subalternità assoluta a Stalin e ai suoi successori (il cui comunismo era diventato sin dalla resistenza all’invasione dell’Asse il comunismo nazionalista della “santa madre Russia”). In tal modo, creando queste fantastiche storie della “liberazione”, ha sì contribuito a creare il mito della “liberazione” degli anglo-americani, ma ha soprattutto creato e statuito la centralità del suo ruolo nella storia della guerra civile e del cln, per porre una sicura ipoteca sull’Italia del dopoguerra.
Solo due deputati comunisti si opposero negli anni ’50 alla forsennata dipendenza da Mosca  (ma al momento non ricordo i loro nomi, anche se  su queste pagine avevo ripreso un articolo di un intellettuale di sinistra che ricordava il loro ruolo).
Ricade sulle spalle degli esponenti tutti i partiti di ieri e di oggi (la “partitocrazia” italiana ritengo di averla già chiaramente definita un preciso regime politico, una vera e propria categoria politologica, con sue precise e inconfondibili peculiarità) il dovere non solo voltare pagine per riscattarsi definitivamente davanti alla storia e ai popoli che ancora ci irridono. A nulla serve, dopo settanta anni, continuare a bofonchiare che abbiamo perso la guerra (e non vinto) e che siamo stati costretti dai vincitori e dai sionisti. Ricade soprattutto, in modo assolutamente prevalente, sugli eredi del Pci, il PCI che accolse circa trentamila “repubblichini” fra le sue file,  farsi carico in sede storica di una messa a punto di tutto questo quadro storico e di un’indispensabile presa di distanza dalle mattanze sempre nascoste e negate in modo coriaceo. Siamo su tutto ciò che include i più diversi aspetti, anche quelli che riguardano le foibe. Per cui nessuno potrà già nel prossimo futuro dire, come è stato già per le foibe: <<Queste cose non le sapevo>> oppure  <<A scuola, all’università, nel partito mi dicevano che erano bugie e fandonie>>. Se i circoli culturali della sinistra comunista e postcomunista arriveranno a tanto, come hanno già fatto con qualche frase intera saltuariamente  affermata  D’Alema (persona da me assolutamente disistimata), e singole persone di quest’area ideologica e partitica, significherà che avranno recuperato una dimensione di assunzione di responsabilità e di effettiva presa di coscienza dei reali problemi storici che allora stavano sul tappeto,  che furono cinicamente utilizzati e distorti a pro degli obiettivi di cui sappiamo. Se sfogli con search gli articoli del defunto Filippo Giannini, spesso ripetitivi, troverai molto materiale interessante.
Un abbraccio.
Nico.
Da: Giambattista Baldanza [mailto:gb.baldanza@gmail.com] Inviato: martedì 19 aprile 2016 11.20 A: Domenico Cambareri Oggetto: Re: L’Europa della Libertà Esito referendum: emerse forti e chiare linee di tendenza. L’Italia si può porre a guida della protezione del Mare
Finalmente le trivelle sono state ridimensionate, caro Nico! Per quello che riguarda la Resistenza, non tutti furono onesti come mio zio! Diceva mio padre, che certo comunista non era, :” Zio Concetto era l’uomo più puro d’Italia” Non tutti i partigiani furono così e noi lo sappiamo e lo Ricordiamo perché, come sostiene Pansa, molti furono i Fascisti Onesti anche se di Essi poco si parla! W l’Italia! Un abbraccio Giambattista
Il 19/apr/2016 00:10, “Domenico Cambareri”  ha scritto:

 

 

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Sulle pagine de L’Europa della Libertà leggi pure:

Storia taroccata e legione camicie nere “Tagliamento”. Dalla … www.europadellaliberta.it/2014/12/16/17583/
Copia cache16 dic 2014 – L’ Europa della Libertà …. La legione delle Camicie nere in Russia (1941-1943) …. 1942 – Marzo 1943), I reduci del «Tagliamento» nella divisione corazzata CCNN «M»,

 

Il 25 aprile? Meglio il 2 giugno

Domenico Cambareri

L’editoriale odierno nella veste data da Parvapolis
Oggi è il giorno della vendetta, del sangue, della sconfitta e … della “vittoria” delle fazioni
25 aprile e partigiani. Il nome non mente, è un marchio. Parla da sé. 25 aprile, data della parte, festa delle fazioni, da sempre rissose fra di loro. Da questo sciagurato dì, regolamenti di conti, giustizie di tribunali volanti, eliminazioni fisiche anche di innocenti, mattanze. Per mesi. Sino agli aperti tradimenti sul fronte orientale in favore di Tito. Fatti di uomini senza divisa, che ancora festeggiano. Nella angusta e tenebrosa logica degli agguati e delle rappresaglie. Chi ha vinto e chi ha perso. Polvere sotto i cingoli dei carri armati americani, inglesi, francesi, polacchi e … tedeschi. Il misfatto della resa, del tradimento, della sconfitta. Tutto con ignominia. Anche gli agguati. Non sappiamo chi sono i “liberatori”, tra i tanti, e se ci sono mai stati tra coloro che ci riportarono i mafiosi. Sappiamo che gli italiani furono degli sconfitti. Sconfitti, oltre ogni carnevale ideologico. Dietro ogni festeggiamento di tal fatta c’è ancora l’odio di parte. E rimangono soltanto la disfatta, i morti dal 25 aprile, i voltagabbana del 1943, del 1944, del 1945. Questi, non sono anni e giorni radiosi. Sono anni e giorni tristissimi, sono gli anni dei fascisti antifascisti e di piccoli gruppi assetati di insaziabile rivincita di parte. Odio anche fanatico, spesso incontrollato e incontenibile. Nella disfatta della Nazione. Quel generale che si oppose ai tedeschi a Porta San Paolo, dopo la fuga precipitosa del re e del suo governo da Roma, andò poi a combattere a Salò. Per chi o per cosa? Anche in guerra, anche negli agguati, negli atti di terrorismo e di guerriglia, nelle rappresaglie vi sono gli innocenti. Il 25 aprile noi ricordiamo anzitutto queste vittime costrette ancora nell’oblìo. Ricordiamo poi i combattenti sconfitti, i soldati di Salò, i soldati – anche antifascisti -che preferirono la via dell’onore, i militi fascistissimi che non cambiarono casacca, i ragazzi della bella morte. Romanticismo meraviglioso, insuperabile, immortale. Ma anche limpida razionalità, in tanti estremamente soppesata, di portare il fardello più pesante per anni e anni, se non per tutta la vita. Non solo o non più per il partito. Non solo o non più per il regime e per il duce, ma per l’Italia. Il 25 aprile non potrà mai essere festa per tutti. Il 25 aprile non è festa per tutti. E’ festa delle fazioni che dicono ancora di avere vinto la guerra.E di avere liberato l’Italia. Tra questo e gli ulteriori sviluppi della storia recente della nostra Nazione, noi abbiamo messo e mettiamo un distinguo fondamentale, sicuro, certo, senza compromessi morali e politici. La festa degli italiani, di tutti gli italiani, anche nostra, è il 2 giugno, la festa dell’Italia rinata nelle nuove istituzioni repubblicane. Con una costituzione vistosamente imperfetta. Siamo coscienti che allora più di questo non si poteva ottenere dalle menti dei costituenti, così ottenebrati nelle visioni di parte pur “sublimizzate” dal loro antifascismo (!). Né in essa imperfettissima costituzione fu mai scritto che era una costituzione “partigiana”. Purtroppo, fu figlia e vittima dell’ideologia partitocratica scambiata ancora una volta per democrazia. E della sconclusionata, alienata, assurda inclusione dei Patti Lateranensi che ancora oggi pesano come macigno che schiaccia Atlante. Pur con tutti questi limiti, anche vistosi, noi ci riconosciamo in essa e riteniamo che essa possa essere nella sua seconda parte fortemente migliorata. Riteniamo in particolare, e non da oggi, che i poteri del presidente del consiglio debbano essere molto rafforzati, trasformando questa figura in “primo ministro”, e che debba essere diversamente configurato il ruolo già modificato del Senato della Repubblica. Riteniamo anche e non di meno che il ruolo del Capo dello Stato vada altrettanto rafforzato per ri-bilanciare i massimi poteri costituzionali e per esercitare un più incisivo ruolo di controllo e di indirizzo in precisi ambiti (esteri e difesa, cultura nazionale e ricerca, giustizia). Tutto ciò riguarda il presente e il futuro, non il 25 aprile e i messaggi fuori luogo che da decenni ci piovono dal Quirinale per conclamare una “unità” posticcia se non assurda ed offensiva per chi se la sente sempre addosso, appiccicaticcia come la sabbia bagnata dallo scirocco. Festeggi pure chi vuole il 25 aprile, anche nella melensa e bolsa dietrologia dei vinti vincitori. Noi torniamo a dire a costoro, a tutti costoro, sordi alle ragioni degli altri e innamorati delle loro fanfaluche non innocenti, che questa data divide e dividerà sempre.Questa imposizione non passerà mai nella storia e nei cuori. Essa è l’ombra sinistra della guerra civile. Noi li possiamo abbracciare solo con il tricolore del 2 giugno. Ma no, no nel dì del sangue. A dir poco, il 25 aprile porta ai più atroci torcicolli. Il 2 giugno prepara ai progetti più impegnativi del nostro futuro. Per l’Itali

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Ecco perchè il 25 aprile va abolito

 25 Aprile 2009

Sara Fedeli

Fonte: Parvapolis

Una ipocrisia di fondo irritante. Una data che, grazie al cielo, dice molto poco ai più


 
Voglio contestualizzare. Questa è la mia forma preferita di libertà, il mio modo più sincero per partecipare al significato del 25 aprile. Con l’aiuto della ratio, elaboro un quesito che è per me la chiave di volta di tutto: 25 aprile, Festa della Liberazione: liberazione da cosa? Tempo fa si è sentita l’esigenza di celebrare la liberazione dal conquistatore straniero e dal male intestino del razzismo, che inquinava i nostri animi e la nostra coscienza collettiva, che stava coinvolgendo tutti, compresa la Chiesa dei Patti Lateranensi. Le celebrazioni hanno il fine ultimo di rendere omaggio ai nostri caduti, ma soprattutto di ricordare, perché ricordare è il primo grande passo verso il non ripetere, perché ricordare serve a non sbagliare di nuovo. Perché l’orrore superato deve essere trasmesso integralmente da una generazione all’altra. Il senso atavico di questa dinamica è quasi un istinto alla sopravvivenza. Ecco cosa significa per me il 25 aprile. Poi prendo questo significato e cerco di vestirlo con l’attualità del mio contesto ed è questo il passaggio che nasconde le più profonde e insidiose contraddizioni. La mia generazione celebra la liberazione senza alcuna coscienza storica, ma con un’ipocrisia di fondo che riluce in tutto il suo abbagliante splendore. Apro i giornali e leggo che il premier iraniano Ahmadinejad esprime tutto il suo antisemitismo niente di meno che alla conferenza mondiale sul razzismo promossa dall’ONU. Sono in molti i rappresentanti ad alzare i tacchi e lasciare fisicamente, ufficialmente e moralmente la sala: il dialogo si conclude, se a parlare è proprio il razzismo che si vorrebbe debellare. Cosa festeggiamo il 25 apr ile? Un barcone di profughi arriva sulle coste italiane dopo che Malta lo ha rifiutato: in mare c’è la morte che attende esseri umani tra cui anche donne incinte: scontro diplomatico tra Malta e Italia. Cosa festeggiamo il 25 aprile? Cos’è che non vogliamo dimenticare? Un anno e mezzo fa, era il dicembre del 2007, la Sinistra indignata puntava il dito contro Berlusconi e le sue scomode e imbarazzanti telefonate ad Agostino Saccà: “minaccia alla libertà di informazione”, “conflitto di interesse vergognoso”. Neanche due anni dopo arriva l’archiviazione ufficiale di tutta la querelle e neppure un commento – che sia uno ma ben indignato – da parte di quella Sinistra. Neanche un grido di protesta si solleva. Nulla. Non sarà mica per non tirarsi la zappa sui piedi in un momento in cui – terremoto in Abruzzo docet – l’attuale governo ha dimostrato di saper fare meglio d el suo predecessore? In periodi di forte consenso scagliarsi contro il governo sortisce l’effetto contrario: è la prima regola nel manuale del perfetto politicante. Chi ricorda l’annosa questione dei rifiuti campani risolta, dopo un inutile e dispendioso susseguirsi di commissari straordinari, con la caduta del governo Prodi e la pervicace determinazione del successivo Consiglio dei Ministri trasferito direttamente in quel di Napoli? Cosa devo festeggiare il 25 aprile? I partigiani che liberarono l’Italia dai Tedeschi di Hitler oppure i partigiani che sparavano alle spalle e fuggivano lasciando dietro di sé la scia delle Fosse Ardeatine? Le foibe? O devo forse ricordare il razzismo antisemita del Nazismo, dimenticando completamente che ad essere razzista oggi è la figlia di quella Sinistra rappresentata anche dai partigiani? Cosa devo celebrare esattamente il 25 aprile? Che i partigiani mi hanno salvato dalla dittatura o che lo hanno fatto effettivamente gli Americani dopo Hiroshima e Nagasaki? Quello che mi hanno insegnato sui libri di una scuola vistosamente sinistroide oppure quello che leggo sui giornali ogni giorno? Qual è il senso della celebrazione? E soprattutto: liberazione da cosa? Spero non dalla capacità critica e dall’osservazione individuale. Mio nonno sosteneva che la Sinistra sia a favore delle droghe perché obnubilano il cervello e portano voti a chi le vuole legalizzare. Se devo proprio generalizzare tanto ingenuamente e fare dell’ignoranza la mia celebrazione, credo che oggi celebrerò mio nonno. Lui era toscano ma se l’è scampata sia dalla Campagna di Russia che dai Partigiani. Chi ha fatto la resistenza a Latina?