30 Aprile 2011
Ripubblicato il 26 Aprile 2016
Filippo Giannini (†)
VADEMECUM PER MATTARELLA
Pseudo liberazione, pseudo valori civili e caso esemplare:
l’estrema denuncia di un partigiano comunista: Francesco Otello Montanari
Fine aprile 1945, giorni dedicati dai sopravvissuti e sparuti esistenzialisti ai sogni della loro liberazione e agli alibi degli assassinii. Voglio iniziare con il ricordo di un grande uomo, anche se partigiano. Siano i lettori a giudicarlo.
Faccio però una premessa indispensabile, cioè richiamo le parti più salienti di un mio precedente apparso su “Nuovo Fronte” del novembre 2000, con il titolo: “FRANCESCO MONTANARI, PARTIGIANO, MA GRANDE UOMO”, che per correttezza e contezza storica presento ai lettori.
Avevo scritto: <La quiete agiografica nella quale si cullavano da anni le forze resistenziali antifasciste fu scossa violentemente un giorno del 1990. Accadde che un ex deputato comunista ed ex partigiano, l’ingegner Francesco Otello Montanari (“Cincino”), ricordando gli eccidi compiuti dai suoi compagni nelle giornate primaverili (e ben oltre) del 1945, lanciò appunto “quel giorno del 1990, un grido accorato: ‘Chi sa parli!’”.
Superfluo aggiungere che dopo quella denuncia intorno a Montanari fu eretta una cortina di silenzio e di omertà. Il dado, però, era tratto e l’ex partigiano voleva lavarsi completamente la coscienza. Nel 1994, venuto a sapere che lo Stato era pronto ad assegnare all’A.N.P.I. (Associazione Nazionale Partigiani Italiani) la somma di 20 miliardi, scrisse all’ex Presidente della Repubblica, Scalfaro minacciandolo: “Se consegnerete quei soldi, io mi brucerò vivo!”.
Sabato 17 febbraio 1996 “Cincino” Montanari affidò una lettera, che può essere considerata il suo testamento spirituale, ad un amico, l’avvocato Gustavo Raffi. Di quella lettera ricordiamo alcuni passi più significativi: <Sono certo che coloro i quali detengono le leve del potere faranno tutto il possibile per farmi passare per matto o anormale (…). Mi ammazzo perché so valutare la ‘sora’ morte nella maniera giusta, perché ho dignità, moralità, sensibilità e coraggio per cui, in questo letamaio pieno di miserie, ingiustizie e violenza – dove comandano i ladri, i delinquenti e i mafiosi – si potranno trovare bene i loro compari o le pecore, ma non il sottoscritto (…). Durante la guerra sono stato comandante partigiano (…). Non ho mai fatto scatenare terribili rappresaglie su gente innocente, non ho mai vigliaccamente giustiziato nessun fascista a guerra finita (…). Qui non c’è una sola cosa che funzioni per il verso giusto: si privilegiano gli stranieri illegali invece dei fratelli, si puniscono i ladri di galline e i piccoli evasori, ma mai i grossi: i sindacati insegnano solo i diritti (mai i doveri) (…). Provo ormai nausea a vivere in questa ripugnante società di ladri, di delinquenti e di pecore. Perciò vi dico ‘IO NON CI STO più e tolgo il disturbo!
Spero di avere sufficientemente chiarito che il mio non è un gesto inconsulto, ma un gesto di protesta nei riguardi dei principali responsabili di questo sfascio morale e materiale dell’Italia.
Vi saluto tutti, amici e nemici, e vi prometto che, se di là si sta peggio che di qua, vi scriverò. Ma se non riceverete niente, vuol dire che si sta meglio.
Francesco Montanari”>
Il mio articolo così continuava: <I 20 miliardi furono consegnati all’A.N.P.I. e, da uomo coerente, Montanari, il 22 febbraio 1996 si dette alle fiamme ponendo atrocemente fine alla sua vita.
Da perfetti vigliacchi, ma coerenti, a parte un paio di quotidiani, i “mass-media” ignorarono il “fatto Montanari”>.
A metà aprile di quell’anno, il 2000, ricevetti una lettera dalla Direzione di “Nuovo Fronte” a firma di Livio Valentini, nella quale, in merito al “caso Montanari”, si legge: <(…). Senonché, giunto alla storia di Otello Montanari (in arte “Cincino”), mi disse che (lo scrittore Gian Paolo Pansa, nda) non era stato lui a lanciare la famosa frase. Inoltre, in occasione di una prolusione pubblica, tenuta una quindicina di giorni prima in Emilia, riguardante il suo ultimo libro, aveva incontrato il Montanari (vecchio, ma vivo e vegeto) col quale aveva avuto anche una discussione. Insomma ho rimediato una figuraccia, perché quella nota errata poteva inficiare anche la verità delle altre cose che raccontavo. Quella storia non me la sono inventata; l’ho ripresa da un articolo apparso sul n° 205 (novembre 2000) di “Nuovo Fronte”, che allego in copia.
Conoscendo la serietà del giornale, mi pare difficile che il sig. Giannini si sia inventato tutto, penso ad una omonimia (ma in tal caso non si tratterebbe di Francesco Otello Montanari, né sarebbe stato deputato)>.
Confermo tutto quel che scrissi, a parte che Francesco Montanari (“Cincino”) non fu deputato comunista (anche se sul sito http://digilander.libero.it/tricolore1/comuitalia.htm, attesta essere stato deputato comunista), ma questo, ai fini del gesto del capo partigiano, ha poca importanza. La lettera di Livio Valentini dimostra, una volta di più, la capacità dei comunisti di nascondere la verità. Infatti il Montanari incontrato da Livio Valentini doveva essere Otello Montanari (non Francesco, tanto meno “Cincino”). Ma questi non poteva non sapere che era esistito un suo omonimo e che fu proprio lui a lanciare quella frase che incriminava la maggior parte della “Resistenza”, ma soprattutto che era stato autore di un gesto tanto eclatante.
Francesco “Cincino” Montanari aveva 76 anni, era nato a Ravenna, ma abitava a Cesena. La notte del 22 febbraio 1996 salì su una vecchia “Ritmo” acquistata pochi giorni prima e la parcheggiò in San Mauro in Valle (una frazione di Cesena) dove si dette fuoco. Il suo corpo fu divorato dalle fiamme, ma rimasero intatte alcune copie del suo libro dal titolo: “Qui il più pulito ha la rogna”, libro che aveva posto accanto alla macchina prima dello stoico gesto. A maggior documentazione riporto uno stralcio di una lettera inviata a “Il Giornale” il 15 marzo 1997 dal signor Italo Tassinari di Padova che aveva fatto parte della stessa brigata partigiana di Montanari: <Ero amico intimo di Francesco “Cincino” Montanari, amico sino a recensire il suo ultimo libro “Qui il più pulito ha la rogna” (…). Anche Cincino Montanari era un capo partigiano che combatteva per una Resistenza diversa e che non indusse mai ad atti come quello di Codevigo, dove la 28^ Brigata Garibaldi del Pci, comandata dal cosiddetto “eroe rosso” Boldrini, medaglia d’oro al Vm (figuriamoci) senatore della Repubblica per meriti resistenziali, passò per le armi circa 300 giovani nelle “radiose giornate” 10, 11 e 12 maggio 1945, cioè dopo la fine della guerra (…). Cincino, prima di suicidarsi, venne a trovarmi di domenica nella mia casa di Bellaria, in quel di Rimini, per salutarmi. Un addio semplice: “Caro amico Italo – mi disse – ti porto dieci copie del mio libro, diffondilo. Mi ucciderò mercoledì prossimo, perché in questo merdaio di grassatori e tangetocrati non voglio più vivere (…). Questa Italia nata dalla Resistenza, un parto che forse era meglio fosse stato aborto…”>.
Questa è la storia, per dovere di spazio molto concisa, di un grande uomo che è un onore avere avuto come avversario; non nemico. Perché poche cose ci dividevano da Lui.
Cosa voleva dire “Cincino” con quel gesto? Chi scrive queste note può intuirlo. Forse, per iniziare, voleva denunciare se stesso come fuori legge. Fuorilegge proprio in quanto ex partigiano, perché il partigiano, dalle Convenzioni Internazionali dell’epoca non era riconosciuto come legittimo combattente, di conseguenza ogni uccisione da parte del partigiano di un fascista, o di un supposto tale, era un assassinio. Quanti furono gli assassinati nel periodo delle gloriose giornate? La cifra esatta non si sa e, forse, non si conoscerà mai. Pino Romualdi ha scritto: <Si parla di trecentomila persone, di mille famiglie interamente distrutte, di settemila donne e di molti fanciulli assassinati. I rapporti riservati che arrivano dalle province sono paurosi. Ma il governo tace>. Anch’io ricordo, ma ero un bambino, che si parlava di trecentoventimila assassinati. Ma se “il governo tace” qualcuno alla Camera parlò. In un verbale della Camera dei Deputati risulta che, nel corso di una seduta, l’onorevole Selvaggi si rivolse al Ministro degli Interni per chiarire, finalmente, quanti fascisti vennero uccisi dai partigiani a guerra conclusa. Si alzò imperiosamente l’onorevole Scotti del P.C.I. e, interrompendo il Ministro, urlò: <Sono trecentomila, li abbiamo ammazzati noi e abbiamo fatto ben!>.
Ad ogni anniversario della “liberazione” si festeggia a San Paolo a Roma, in quanto dicono (sic!) che in quella località ebbe inizio la lotta di liberazione. Come al solito si dice mezza verità omettendo l’altra mezza. È vero che a Piazza San Paolo a Roma si sparò contro i tedeschi, ma è altrettanto vero che furono i granatieri del generale Solinas ad ingaggiare battaglia, come è vero che a battaglia terminata il generale Solinas e buona parte dei suoi granatieri aderirono alla sorgente Repubblica Sociale Italiana. E mentre i fascisti di Solinas si battevano contro i tedeschi, i partigiani dove erano? Bah!
Quali erano le finalità dell’eroico partigiano? E’ bene ricordare ciò che in altre occasioni ho citato, perché non è mai sufficientemente divulgato e perché non è mai sufficientemente pedagogico apprenderlo per come ce le illustrano Giorgio Bocca e Beppe Fenoglio. Bocca (sì, sì lo so che era un fervente fascista, ma sapete, come vanno le cose del mondo…?) ci spiega il perché degli attentati: <Il terrorismo ribelle non è fatto per prevenire quello dell’occupante, ma per provocarlo, per inasprirlo. Esso è autolesionismo premeditato: cerca le ferite, le punizioni, le rappresaglie per coinvolgere gli incerti, per scavare il fosso dell’odio. Ė una pedagogia impietosa, una lezione feroce>. Questo è confermato anche dal (buon demo “cristiano”) Zaccagnini che lasciò scritto: <(…). La rappresaglia che veniva compiuta era un mezzo per suscitare maggiore spirito di rivolta antinazista e antifascista, e quindi (l’assassinio) si giustificava>. Ecco il motivo per cui mai, e sottolineo mai nessuno si presentò per salvare dei poveri ostaggi che stavano per essere uccisi. Alt! Un momento, ci furono uomini, come Salvo D’Aquisto, che non fecero nessun attentato ma si presentarono…: D’Acquisto si fece fucilare per salvare una dozzina di innocenti ostaggi. È ovvio, qualcuno osserverà: quale “fascista” sabotò l’iniziativa partigiana che pretendeva dopo l’attentato, una giusta rappresaglia. Salvo D’Acquisto, presentandosi e facendosi fucilare fece in modo di non far godere agli illustri sabotatori, il giusto riconoscimento: la fucilazione degli ostaggi.
Come doveva svolgersi la lotta partigiana? Ce lo spiega Beppe Fenoglio ne Il partigiano Jhonny. <Alle spalle, beninteso, perché non si deve affrontare il fascista a viso aperto: egli non lo merita, egli deve essere attaccato con le medesime precauzioni con le quali un uomo deve procedere con un animale>. Eroico, vero? Il 25 aprile sta tutto condensato qui, nelle parole di Bocca, Zaccagnini, Fenoglio. Certo che Montanari era più che nauseato di sentirli e di star loro accanto in questa vita e nell’altro mondo. Uomini dell’odio e della menzogna.
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IL SUICIDIO DELL’ EX PARTIGIANO – la Repubblica.it ricerca.repubblica.it › la Repubblica.it › 1996 › 02 › 23 feb 1996 – … Francesco Montanari, il capo partigiano che aveva rinnegato tutto il … Fu Montanari stesso a presentarsi in redazione a Milano con il suo … Ma perché tutti capissero, ha circondato la Ritmo con un cerchio di copie del libro che aveva stampato proprio in questi giorni. Qui il più pulito ha la rogna è il titolo.
CHI SA PARLI! Sempre sul tema del 25…Centro …https://www.facebook.com/…/photos/a…/998836546861535/?… Copia cache Accadde che un ex partigiano, l’ingegner Francesco Otello Montanari … alcune copie del suo libro dal titolo: “Qui il più pulito ha la rogna”, che aveva posto …