Riforme, paralisi e partiti. Un popolo ridotto a un vuoto a perdere

20 Agosto 2017
Domenico Cambareri

 

 

 

 

La prossima stagione elettorale dalla Sicilia alle elezioni nazionali.

Un vuoto a perdere che annega nel canale di Sicilia e nessuno si perita di salvarlo

… Sono tutti questi soggetti, sono tutti costoro, quasi tutti dei senza volto, che hanno ridotto tutto un popolo a un vuoto a perdere. D’altronde, questo è un tracotante regime di ruberie di masse di senza volto assisi sugli scranni del potere, è un regime che lava passa e lava … e dilava.

Un regime che non esiste per creare a far durare ciò che ha creato, come fu il regime fascista, ma per trasformare il calcestruzzo in polvere nel giro di qualche stagione. Non per creare e far durare ma per sperperare e nullificare.

Speriamo che il redde rationem non sia rimasto sperduto sull’altra faccia della luna.

Il lungo silenzio da noi mantenuto in merito alla politica interna e specie in merito alle riforme istituzionali e alla riforma della legge elettorale data è più né meno dal post referendum. La sconfitta, purtroppo, della riforma costituzionale a causa della patologica strumentalità della “personalizzazione” del voto pro o contro Renzi ha nel frattempo aggravato (è ormai un mero eufemismo, visto che madrelingua non ci può più offrire ulteriori espressioni relative al regno dell’iper degenerazione sistemica e sistematica del regime partitocratico) il generale sbandamento della vita parlamentare e della ì vita governativa.
Questo silenzio si motiva già di per sé, non essendo le nostre pagine quelle di un quotidiano, di un’agenzia o di un periodico interessati a chiosare passo dopo passo le inconcludenti vicende partitiche inzuppate di polemiche senza fine di talora valide propose che durano lo spazio d’un mattino . Come nel caso delle sempre mancate condizioni per un accordo relativo alla riforma elettorale.
Abbiamo cercato insomma di fare azione virtuosa con l’esimerci dal presentare le nostre proposte, perché cosa già fatta nel corso degli anni, onde non cadere in un fatuo esercizio e in uno stonato vaniloquio. Decisione assunta pur considerato che  abbiamo in  questo ambito titoli  per potere esprimerci con fondata coscienza e conoscenza, giacché sin dall’inizio della nostra attività giornalistica, nei primi anni ’80, dedicammo in maniera mirata due colloqui pubblicati su Il Secolo d’Italia rispettivamente con il filosofo cattolico Augusto Del Noce e con il politologo liberal-monarchico Domenico Fisichella. A ulteriore testimonianza di quanto fosse da noi sentita sin dalla giovinezza in maniera vivida e come aspetto assolutamente prioritario l’esigenza di pervenire alla rifondazione della costituzione e della Repubblica. E di superare con lucida determinazione definitivamente lo iato artificioso e truffaldino, per non dire criminale, posto dagli artefici della partitocrazia fra l’Italia ante e post secondo conflitto mondiale.
In questo campo, d’altronde, le già intravviste terre da bordo delle navicelle in mezzo al mare in tempesta si sono dileguate. Il mirare a raggiungere un accordo atto a soddisfare, anzi, a salvaguardare le presenti, interessate esigenze, o, meglio, gli interessi delle tre maggiori forze politiche in campo è la peggiore risposta che si possa dare alle esigenze di stabilità interna calcolate sul breve periodo e non  su quello breve, medio e lungo. Il ragionamento che invece piace oggi non soltanto a Berlusconi è proprio quello che mira a salvaguardare le esigenze dei tre maggiori soggetti.
Antitetico del tutto a questo interesse è invece quello che si ispira alle indicazioni date dalla Corte costituzionale. Esso, nella concretezza delle cose, è del tutto marginale ma, sic stantibus rebus, è precludente per eccellenza, giacché è in grado di potere interdire ogni riforma che si ispiri a intenzioni diverse e prospetti rotte differenti, attraverso l’inusitata alleanza, già sussistente, con l’odierna composizione della Corte costituzionale.
Atro che inghippo.
Ingovernabilità assicurata.
Ciò determinerà per il governo, per qualsiasi governo che succederà a quello in carica, la grama vita di quelli che lo hanno preceduto. Nervi scoperti particolarmente sensibili continueranno ad essere quelli che traduciamo innanzitutto con “l’immagine dell’Italia all’estero”, ovvero con il persistere delle gravi condizioni di intrinseca debolezza del governo nel contesto dell’Unione europea e delle più delicate vicende internazionali.
Il condizionamento e la ricattabilità dell’Italia da parte di attori amici e meno amici interessati a perseguire obiettivi e interessi differenti e perfino in aperto contrasto con quelli nazionali rimarrà non una mera ipotesi di lavoro ma un dato amaro e triste già assodato.
Altro che dire sempre altri guai!
E’ per tali motivazioni che abbiamo preferito il silenzio rispetto alla partecipazione al gran teatro delle balle.
Nulla da dire davanti a spettacoli così sterili e inconcludenti.
Spettacoli che confermano a iosa la paralisi del sistema del regime partitocratico che parassitariamente strumentalizza con la più vieta e disonesta demagogia una costituzione assassinata. Per di più, esso è il mandante e il sicario.
***
Non mettiamo in dubbio che i tre leader delle tre maggiori forze politiche, Berlusconi, Grillo e Renzi, dai loro rispettivi punti di vista, vogliano raggiungere obiettivi politici a buon pro del Paese e non soltanto a difesa degli interessi delle loro parti politiche.
Cioè di quegli insiemi partitici o buchi neri che costituiscono quello sterminato bosco e sottobosco partitocratico che continua a vivere alla grande, cioè in modo estremamente dispendioso in termini finanziari e di efficienza e onestà della macchina parlamentare e di quella delle rappresentanze periferiche e della burocrazia, sulle spalle degli italiani.
Il problema costituito da questi tre personaggi, come peraltro hanno rilevato spassionatamente anche altri osservatori, è che tutti e tre non sono parlamentari. Clausola rilevante e non sottacibile in una repubblica “parlamentare”.
Sul piano fsttuale e su quello formale, tutto ciò ha reso l’intramontata tragica attualità dell’espropriazione dell’autonoma centralità decisionale del parlamento da parte delle segreterie partitiche di un’esplosiva … “attualità”.
Non ne facciamo una colpa alle singole persone. Possiamo pure comprendere come vicende personali non politiche e vicende scaturite da accanimenti giudiziari, mediatici e partitici interni e esterni abbiamo inciso in modo limitativo e profondamente ingiusto nel contesto delle loro valutazioni e decisioni in merito alle strade da percorrere.
Sta di fatto che essi vengono a svolgere non un ruolo di patronato, inteso quanto si voglia in maniera attiva e enfatica sul piano simbolico, quanto di effettiva e incontrastata, cruciale leadership nell’ambito delle forze politiche e parlamentari di diretto riferimento.
Questa iperbolica distonia non fa che accentuare la degenerazione del sistema non già, in pura teoria, parlamentare (e costituzionale) quanto, nella sua cruda realtà, partitocratico.
Un regime che ha portato al cronico sbando il Paese da decenni e che è vissuto attraverso le diuturne scorribande di correnti sottocorrenti strappi agguati stilettate matasse mafiose e il perpetuo dissanguamento della Nazione e del popolo, oggi non sembra proprio avere in fiato corto. La passione politica di una percentuale del tutto non rilevante ma determinante degli italiani lo indica in modo molto nitido.
Finché condizioni e soggetti davvero dirompenti non saranno in grado di spazzare via questo quadro di consolidata mafiosa partitocrazia mai efficacemente descrivibile nella sua interezza e gravità, si dovrà vivere nelle condizioni di emergenzialità cronica in cui un’orda di folli (colpevoli e non colpevoli) nel magna magna e nel fotti fotti delle matasse partitiche non fa altro che tappare a perdifiato i buchi. Anche delle anime.
Finché condizioni e soggetti non potranno invalidare “ad impossibilia nemo tenetur”, cioè invalidare e distruggere la nequizia del dovere soggiacere al di sotto del più gramo, meschino accontentarsi del … meno possibile, ci sarà poco da sperare nel ben sperare.
In questo interminabile presente, consideriamo come tutto un popolo sia stato ridotto a un vuoto a perdere da dei salmodianti satanassi della democrazia che forse hanno nei geni la peculiarità della democrazia mafiosa. Ovvero della partitocrazia.

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Visto che i corsi storici sempre accompagnano i soggetti più diversi, come gli onesti e i disonesti o come gli integerrimi e gli idealisti accanto ai malgraditi, odiati e spesso non scoperti, mimetici, invisibili cambiacasacche e opportunisti, quanti di costoro tornerebbero a indossare o indosserebbero per la prima volta di corsa la camicia nera? Quanti di costoro tatticamente hanno già traslocato fra i pentastellati?
Ma perché mai alla luce del sole ci sono tizi e tizi che passano da Forza Italia al PD e viceversa? O perché i voti della claque di un Mastella hanno nel recente passato potuto condizionare perfino il quadro politico nazionale?
Desolati. Il senso civico traligna facilmente in chi vive di calcoli strumentali, soprattutto in chi aspira ad arricchirsi o a realizzare scalate social, politiche, economiche o posizioni sia pure le più piccole. Mercimonio silente e senza tempo che dimostra come tanta gente sia priva del senso di probità per non parlare di quello del pentimento.

Sono tutti questi soggetti, sono tutti costoro, quasi tutti dei senza volto, che hanno ridotto tutto un popolo a un vuoto a perdere. D’altronde, questo è un tracotante regime di ruberie di masse di senza volto assisi sugli scranni del potere, è un regime che lava passa e lava … e dilava.

Un regime che non esiste per creare a far durare ciò che ha creato, come fu il regime fascista, ma per trasformare il calcestruzzo in polvere nel giro di qualche stagione. Non per creare e far durare ma per sperperare e nullificare.

Speriamo che il redde rationem non sia rimasto sperduto sull’altra faccia della luna.