Adriano Tilgher (F.N.), il punto su Italia e Europa

1°Settembre 2017

Adriano Tilgher (F.N.)

 

 

Qualcuno, ancora oggi, parla di SALVARE l’Italia:

cosa significa, se l’Italia non c’è più?

 

 

 

 

 

Non c’è più politicamente perché non esiste una proposta politica concreta e coerente, con una base culturale di cui sia espressione, da parte di nessuno; si rimane vittime del liberismo e delle leggi di mercato non capendo che l’uomo non è solo bisogni materiali ma è soprattutto ricerca di soddisfazioni di altro genere, che solo una politica di progetto può dare. Chi è al servizio dei poteri forti esteri, come il centro sinistra, il centrodestra ed i grillini, fa proposte che cercano di rispondere alle più immediate problematiche economiche e materiali rimanendo nello squallido alveo liberista, senza che i più sappiano cosa significhi. Coloro che si definiscono alternativi e usano termini come “sovranismo” o “popolarismo”, parole che non riescono a riempire di alcun concreto progetto politico, sono comunque sempre pronti a correre in soccorso dei vari liberisti, siano essi di destra, di sinistra o grillini, per potersi sedere su uno scranno, magari anche ministeriale, senza alcun potere concreto.
La risposta è altrove.
Non c’è culturalmente per aver ceduto anche in questo, che dovrebbe essere un settore “nobile”, al mercato e aver tarpato la grande capacità creativa degli italiani facendo largo a lestofanti e baciapile che sono stati capaci di distruggere tutti gli elementi base del comune vivere. La famiglia? Non conta. I figli? Non si fanno ed eventualmente si comprano. La nazione? Non serve. L’Italia? Cos’è. L’Europa? E’ una moneta. La solidarietà? E’ dare una moneta a chi al semaforo ti pulisce il vetro, purchè non sia Italiano. La comunità? E’ il centro di recupero per i tossici…
La risposta è altrove.
Sul piano internazionale veniamo sbeffeggiati da tutti; per la nostra posizione geografica dovremmo dialogare con i paesi dell’altra sponda del Mediterraneo e poi, quando ci proviamo, subiamo gli ordini e le imposizioni dei nostri alleati per inimicarceli: vedi il caso Libia, vedi l’Egitto, con il caso Regeni, costruito ad arte dai servizi inglesi ( in Spagna in un caso ben più grave e molto palese non abbiamo richiamato alcun ambasciatore). Cerchiamo di riprenderci economicamente, con un intervento di quel poco che è rimasto della nostra industria di stato, con l’acquisto dei cantieri francesi, e la Francia, che si è comprata mezza Italia e ci ha imposto la guerra al nostro partner libico per scalzarci, si mette di traverso L’unica volta che ci siamo ribellati è stato quando l’Austria e l’Ungheria, dicendoci tra l’altro una cosa ovvia, ci hanno suggerito di chiudere i porti alle navi e delle Onlus e delle altre nazioni per porre fine all’orrendo traffico di esseri umani su cui si stanno arricchendo tanti cosiddetti umanitaristi.
La risposta è altrove.
Gli Italiani ormai si sono adeguati, lo spirito nazionale si può tirare fuori solo nelle competizioni sportive, nel festeggiare le sconfitte, i tradimenti e nel considerare eroi chi ha sparato a tradimento; la storia meglio non insegnarla più perché tutti si stanno accorgendo delle
menzogne propinate come verità; Dante, il sommo poeta che tutto il mondo studia e ci invidia, meglio non studiarlo perché omofobo; le riforme sociali, fiore all’occhiello della nostra cultura del lavoro, ereditata da un preciso periodo storico, vanno smantellate perché ce lo ordina l’Europa, che attualmente non esiste, ma anche perché dovremmo riconoscere che “il male assoluto” ha prodotto qualcosa di positivo.
La risposta è altrove.
Potremmo continuare a lungo, comunque si voglia vedere la conclusione è sempre la stessa: l’Italia non esiste più. E’ diventata “l’espressione geografica” di cui parlava il Metternich; un’ espressione geografica ancora stupenda nonostante gli scempi da noi prodotti sul territorio.
Per creare tutto questo c’è voluta la complicità di tutti. Per uscirne non c’è da salvare nulla ma c’è tutto da ricostruire liberandoci dai legacci UE, per giungere ad una vera e nuova Europa dove l’Italia possa avere il ruolo che le spetta per la sua storia, la sua cultura, le indiscusse capacità del suo popolo, un volta tornata consapevole delle proprie peculiarità e del proprio destino nell’ambito della storia del mondo.