03 Gennaio 2017
Yvelyse Martorana
Note di Domenico Cambareri
Buon Anno agli ammalati sconosciuti, disconosciuti, beffati e derisi.
Dannazione per gli animi di quei medici
della placida, appagata, autosufficiente, neghittosa e prevenuta protervia intellettualoide che si arroga il diritto di disconoscere ciò che non conosce e che talora neppure cerca, tenta e osa di conoscere.
Alla faccia del non conoscere che incessantemente è teso al conoscere ciò che
la natura senza tregua via via sempre manifesta e su cui lo sfida.
Alla memoria dei medici discriminati, perseguitati, fatti impazzire dai loro colleghi
e degli ammalati consegnati alla non cura o alle cure più balzane
di cui le storie della medicina e della scienza sono ricche.
– Domenico Cambareri
LETTERA DI UN’AMMALATA DI MCS
Gentile Professore,
sono Yvelyse Martorana, sono affetta da MCS ed EHS.
A causa della mia forte elettrosensibilità non sono mai riuscita a parlarle telefonicamente, nemmeno per un veloce e sporadico saluto. Eppure, all’ inizio della malattia riuscivo ancora a connettermi alla rete, ed è lì che ho letto la sua storia e per le Sue battaglie per vedere riconosciuti i suoi diritti come ammalato di sensibilità chimica.
Da studentessa, ai tempi del liceo, appresi con l’ esempio di un mio professore come stare al mondo senza arroganza, ma a testa alta, anche quando a forza tentano di fartela abbassare …
Le racconterò la mia storia da quando mi sono ammalata, nella speranza che possa essere utile in qualche modo e con la certezza che lei ne farà buon uso.
Ho 47 anni e sono laureata in Lingue e Letterature Straniere, con una specializzazione in Lingua e Letteratura Spagnola. Ho insegnato per alcuni anni in Francia e poi, qui in Italia, sono entrata di ruolo nella scuola pubblica come docente di lingua spagnola. La mia storia nella scuola italiana, però, è durata poco: avuta la cattedra nel 2010, mi sono ammalata nel 2016. Era il 1° Marzo quando, a seguito della tinteggiatura dell’istituto dove insegnavo, mi sentii malissimo. All’inizio si pensò ad una generica quanto non meglio specificata intossicazione, poco tempo dopo ebbi la diagnosi di MCS ed EHS.
Tutto sommato, rispetto ad altri ammalati, sono stata fortunata perché alla diagnosi sono arrivata piuttosto velocemente, non per merito dei medici che ho incontrato sul mio cammino, devo dire, ma perché, guarda caso, poco tempo prima una collaboratrice scolastica del mio istituto aveva avuto una diagnosi di sospetta sensibilità chimica e, quando mi aveva parlato dei suoi sintomi, avevo constatato quanto fossero simili ai miei.
Infatti, era dal 2014 che non stavo bene: proprio quell’anno avevo dovuto assentarmi dal lavoro per circa due mesi a causa di un’ astenia inspiegabile che mi impediva di svolgere persino le più semplici attività quotidiane. Mi ero sottoposta a vari esami, ma nulla di significativo era emerso; avevo insistito, malgrado il mio medico di base mi avesse già liquidata come un po’ depressa, e l’unica cosa che era venuta fuori era stata la Fibromialgia. Due specialisti la diagnosticarono, ma mi mandarono a casa uno con della Tachipirina, l’altro con qualche goccia di Laroxil e con un “ si goda la vita, ché è ancora giovane!”.
Durante il periodo di congedo per malattia avevo naturalmente ricevuto la visita dei medici fiscali della mia ASL (distretto 39 di Bagheria) ed uno tra questi mi disse: “ io l’ho capita, lei non vuole più andare a scuola, ma deve procurarsi una certificazione seria per starsene a casa”, che era come dire: s’inventi qualcosa di più credibile. Io, chiaramente, non mi inventavo nulla, continuavo a spiegare di non reggermi in piedi e, anche se nessuno capiva cosa avessi, stavo davvero malissimo.
La diagnosi di MCS ed EHS, oltre a quella di Encefalomielite Mialgica o Fatica Cronica, sono arrivate a metà Marzo del 2016 dal Prof. Giuseppe Genovesi del Policlinico Umberto I di Roma( con il quale presi un appuntamento subito dopo essere stata male a scuola) e, come bombe, sono precipitate nella mia vita. Questo draconiano risultato diagnostico è sopraggiunto dopo l’ulteriore acutizzarsi delle sofferenze. Subito ho dovuto smettere di lavorare: l’iperosmia severissima (aumento spiccato del senso dell’olfatto) ed una neurotossicità violenta mi hanno imposto un evitamento drastico che, in pochissimi giorni, mi ha fatto sospendere qualsiasi impegno con la vita. Niente più lavoro, passatempi, amici; bandito ogni luogo pubblico, ogni rapporto umano, banditi gli abiti che portavo fino ad una settimana prima, perché trattati con normali detergenti, eliminata qualsiasi sostanza chimica da casa.
Scopro presto che la mia storia è tristemente e drammaticamente simile a quella di tantissimi altri ammalati affetti dalla MCS e dalla EHS e che pochissimi ricercatori e medici si occupano di queste patologie. Scopro anche che per medici ed istituzioni si tratta di malattie misconosciute, sulle quali si nutrono più che altro dubbi ed incertezze e andando sul sito del Ministero della Sanità, alla voce Sensibilità Chimica Multipla, trovo una serie di definizioni che mettono in dubbio l’eziopatogenesi e persino che si tratti di una patologia organica, classificandola come probabile disturbo psicosomatico. A questo punto mi chiedo se non sono affetta da fobia chimica e isteria elettromagnetica, ma a queste voci sul sito del Ministero non trovo nulla… .
E così comincio a fare i conti con la realtà: per alleviare i miei sintomi, oltre all’evitamento ( termine che in parole povere si traduce con: non puoi più vivere una vita normale), devo assumere una quantità di integratori e disintossicanti, tutti a mie spese. Le mie patologie, infatti, non sono classificate, né codificate ed io, come ammalata, non godo di alcuna tutela né assistenza adeguata. Non posso rivolgermi a nessun ospedale o centro perché non esistono cliniche, né reparti dedicati alle malattie di cui soffro. Al contrario, ospedali e PS, così come qualsiasi ambulatorio medico, diventano trappole pericolosissime da evitare, cariche come sono di sostanze chimiche per me tossiche.
Nel giro di tre mesi dall’ esordio della malattia e dalla diagnosi vivo già come una reclusa e nessuno sa dirmi cosa ne sarà di me. Sono in malattia dal lavoro e i medici fiscali continuano ad avvicendarsi, guardandomi con sospetto dietro le mie mascherine. E’ chiaro che non capiscono e stentano a credermi, qualcuno mi dice anche che forse gli psicofarmaci potrebbero funzionare e aggiunge che da alcuni studi svolti emerge che hanno dato buoni risultati con il 75% dei malati ; peccato che dalle mie indagini genetiche viene fuori che non metabolizzo una grande quantità di farmaci, ivi comprese proprio diverse molecole che compongono gli psicofarmaci.
Intanto le mie condizioni peggiorano, in particolare l’elettrosensibilità galoppa: dopo l’estate del 2016 comincio già a non potere utilizzare il pc, poi è la volta del telefonino, a seguire è il turno di TV e telefono fisso. Adesso sono davvero isolata, mi rimangono i libri ( da leggere rigorosamente sotto una pellicola isolante perché non tollero l’odore di carta e inchiostro) e scrivere, a matita, perché l’inchiostro m’intossica. Come se non bastasse, non riesco più a curare le patologie pregresse, non posso fare esami diagnostici, sottopormi a TAC, Risonanze, RX, perché senza cure adeguate e luoghi sicuri in cui eseguirli rischierei crisi gravi o persino di peggiorare il mio quadro clinico.
Vicino a me sta il mio compagno, lui e nessun altro. L’ho soprannominato il “delegato” perché ha la delega a vivere la mia vita, rinunciando alla sua per assistermi; mi sostituisce in tutto, persino nelle telefonate che fa e riceve per me facendo lunghe chiacchierate con i miei amici con i quali io non posso più stare al telefono.
La mia è una vita sospesa.
Pascolo in una non vita in attesa di uscire dall’ ombra, forse, un giorno. E nel buio una piccola luce sembra brillare: chiedo l’autorizzazione alla mia ASL di appartenenza per recarmi all’estero in assistenza diretta e sottopormi a cure che sembra possano funzionare, e arriva un sì.
Nulla è facile come appare a prima vista: il centro in cui devo recarmi è privato, quindi è probabile che il denaro debba anticiparlo, di certo quindi sono io a dovermi pagare l’aeroambulanza, decontaminata da qualsiasi agente tossico, che mi porterà a Madrid ( quasi 20.000 euro), sempre che mi facciano salire a bordo; infatti, a causa della mia forte elettrosensibilità, mi hanno già negato un volo. E così il mio compagno è corso ad indebitarsi per aiutarmi a mettere insieme il denaro necessario, anche parenti ed amici sono intervenuti a darci una mano (non molti devo dire, parecchi si sono defilati). Tutti debiti che dovremo onorare, se non vogliamo perdere la faccia, oltre che il diritto alla salute e quello di vivere una vita dignitosa.
Ma non è finita: per la mancata partenza alla data stabilita causata dal volo negato, l’ASL minaccia di revocarmi l’autorizzazione per le cure all’estero, appellandosi non so a quale postilla. Per tentare di evitare che questo accada devo correre ai ripari con un giustificativo da parte della società di aeroambulanze che dettagli le ragioni per cui non mi hanno fatto volare. Speriamo che basti e che la Società, da parte sua, trovi il modo per farmi volare in sicurezza. Qualcuno azzarda una battuta e mi dice che tutto questo sembra un barzelletta, ma il buffone è triste e la platea piange… .
Altre beffe non tardano ad arrivare: l’uno dopo l’altro ricevo i verbali di visita della Commissione Medica per l’accertamento dell’invalidità e, a seguire, quello dell’accertamento dell’ Handicap ( L. 104). Nel primo verbale mi viene riconosciuta un’invalidità del 70%; considerato che in passato sono già stata riconosciuta invalida al 60% a causa di una grave scoliosi operata da bambina e, successivamente, per lesioni permanenti subite a seguito di un gravissimo incidente stradale, deduco che le patologie che oggi mi affliggono ( MCS ed EHS, Fatica Cronica e Fibromialgia) sono poca roba per la mia ASL, infatti, se ancora so fare di conto, ha valutato che mi invalidano di appena un 10%.
La Commissione Medica per l’accertamento dell’Handicap (L.104) fa eco alla precedente Commissione e mi riconosce il comma 1 Art. 3, ossia non vede in me una persona gravemente limitata negli atti quotidiani della vita e dunque non ritiene di dovere tutelare in modo serio né me, né chi mi assiste. Secondo costoro una persona che non può più fare nulla fuori le quattro mura di casa e che necessita quotidianamente di qualcuno che svolga per lei anche le più banali incombenze ( fare la spesa, pagare le bollette, andare in banca, recarsi in farmacia, farsi prescrivere una ricetta dal medico, ecc.), non è persona degna di attenzioni e tutele speciali, cosi come chi la assiste in tutto non merita supporto e aiuto.
Per farla breve, il mio compagno partirà con me in Spagna e per assistermi durante le cure dovrà chiedere aspettativa senza retribuzione per circa tre, quattro mesi, che sono solo il periodo del primo ciclo di cure. Di cicli ne seguiranno altri e se il ricorso contro l’ASL che stiamo intraprendendo, per inciso sempre a nostre spese, non darà esito a noi favorevole, per tutti i cicli che verranno continuerà a perdere il suo stipendio per starmi vicino, mentre io seguiterò a non essere tutelata in alcun modo.
Sul mio futuro lavorativo voglio abbassare il sipario perché non ho alcuna certezza e spero solo nell’Altissimo… .
Se fossi in classe, direi ai miei studenti che questa storia non ha una morale, valgono il cuore traboccante di lacrime e gli occhi vuoti di speranza.
Grazie Con sincera stima
Yvelyse Martorana
***
L’INSULSO SCHERNO
Ecco quanto continuiamo a leggere su
Sindrome da sensibilità chimica multipla – Ministero della Salute www.salute.gov.it/portale/temi/p2_6.jsp?lingua=italiano&id=4405&area=indor…
Sindrome da sensibilità chimica multipla
I temi di questa sezione sono a cura di: Direzione generale della prevenzione sanitaria
Non possiamo incolpare i curatori della pagina per quanto in essa vi è stato scritto. Non possiamo neppur considerare a discolpa degli ideatori e responsabili che essa sia una semplice e stringata scheda informativa.
Infatti, dietro l’apparente imparzialità espositiva, risulta rimarchevole il non porre in risalto che la carenza del dibattito scientifico nel merito ha alla sua base fattori intrinseci subiettivi, materiati di palesi prevenzione e preclusioni del tutto irricevibili sul piano scientifico. Inoltre e fra l’altro assenza, l’inadeguatezza o la non accettazione (per precostituita, deleteria forma mentis?) di test funzionali in grado di spiegare segni e sintomi; la non episodica non recezione sui piano anamnestico e su quello diagnostico dei risultati di analisi molto avanzate circa la presenza e l’accumulo eccessivi perfino nei linfociti di metalli pesanti e di prodotti chimici e di accentuati squilibri della “mappa” dei metalli, con il rifiuto apodittico di qualsiasi inferenza clinica, di qualsiasi causalità e relazione fra la nocività effettiva di questi elementi e gli organi e l’organismo umano. Mette altresì in maniera affatto acritica e contro ogni dato fenomenologico e attentamente osservativo-riflessivo-problematizzante la facilità con cui possa essere raggiunto stabilmente il miglioramento del quadro sintomatologico nell’effettiva quotidianità attraverso la rimozione dell’ “agente chimico” implicato. Un’esemplificazione davvero superficiale e di una banalità inaudita che dimostra come alla base vi sia una reale incomprensione del manifestarsi della patologia e della molteplice serie di fattori e di correlative e ancor maggiori quantità di variabili ambientali e ecoambientali che accompagnano e esplicitano il parossismo della “singolarità” quanto quasi sempre della pluralità degli agenti e della loro subdola e prolungata persistenza.
Inaccettabile è dunque la fuorviante affermazione: << La sindrome potrebbe essere legata a una condizione di suscettibilità individuale, piuttosto che alla tossicità delle sostanze. >>. Ancora più fuorviante, se non marchiano e perfino triviale, risulta quanto segue questa fantasticheria, visto che ipotesi antecedente e susseguenti possono riguardare serialità e casistiche solo tangenti ma del tutto diverse e non comparabili con la drastica enfasi delle molteplici e acute manifestazioni algiche che fanno da corteo alla MCS, ad iniziare ad esempio dalla correlatività della reattività tattile,oculare e olfattiva, non di rado folgorante, nella raccolta empirica e delimitata di casi risultante davvero sincronica pure ai livelli dolorosi più contenuti, oltre alle ancora più drastiche reazioni degli organi interni.
Ultima cosa ma non ultima. Anzi prima, in relazione agli ammalati di MCS in cui è stata riscontrata una delezione di porzioni di un particolare enzima. Come mai nessun riferimento, neppure di cinque parole? Di quale enzima stiamo parlando? Tutto ciò è davvero assolutamente insignificante? Perché?
Ci auguriamo e auguriamo a tutti che il recentissimo Decreto del Ministro della Salute Beatrice Lorenzin, con le nuove, rivoluzionarie linee in merito alle metodiche e agli approcci e alle cure mediche introdotti ci faccia uscire da questa così lunga e dolorosa età buia.
In sintesi: signori del Consiglio Superiore della Sanità Pubblica, quali e quanti genetisti, tossicologi, endocrinologi che operano nel campo della ricerca avete finora interpellato? E, in riferimento a voi, volete continuare a trastullarvi nell’autoreferenzialità dell’intoccabile casta dei luminari, autoreferenzialità davanti a cui i ricercatori che dissentono è meglio che si eclissino, il corso della natura indietreggi e tremi e gli ammalati … toh ! … dispaiano ?
Da parte nostra, con tutti i patemi che abbiamo subito e che continuiamo a subire, senza volervene, ma in tutta sincerità e con il cuore in mano, chiudiamo in allegria:<< Semo analfabeti de medicina, a dotto’ Ingrugnasse Papabraschi … ma ve ricordate de l’alergja? Eravate voartri ganzi a dì gno gno? Ve n’grifonate pe’ sta pecionata? Se volete morti? A l’animaccia vostra, ste zozzoni! A divve facce de culo no no … co’ ste parole gaje ve sentite troppo belli! Ganzi, magnate sempre piotte patacche e patocchi!
Er dotto’ che dicere? Dicete a noi? ” Si, Ve’ qua, v’è qua, venghino perecottari pe sta bontà: magnamose a martorana ch’è bona più de’ caciottari, a martorana. A da soffrì, da soffrì mentre se la magnamo! Semo ganzi davve’, a Rugantì! >>.
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multi chemical sensitivities
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