13 Settembre 2018
Fonte: Valori.it
Corrado Fontan
CEO, paghe alle stelle. Come prima del 2008. E la piazza tace
I compensi degli amministratori delegati volano. Come prima della crisi. Un cattivo segnale per tutti. L’Economic Policy Institute propone quattro soluzioni
Corrado Fontana
I CEO, gli amministratori delegati delle grandi corporation USA guadagnano sempre di più. Enormemente di più rispetto alla media dei loro colleghi e della stragrande maggioranza dei lavoratori. Anche nel 2017, cioè alla vigilia della “valanga trasparenza” determinata dalla pubblicazione dei loro compensi prevista e avviata a gennaio 2018.
In molti pensavano che l’entrata in vigore della legge americana che svela disparità inaccettabili a suon di milioni di dollari avrebbe generato timore nei vertici delle compagnie. Che la norma del Dodd-Frank Act che impone alle maggiori compagnie quotate di comunicare alla SEC (analoga alla nostra Consob) la proporzione tra la paga mediana percepita nelle società e quella dei loro massimi dirigenti (la cosiddetta CEO pay ratio), avrebbe indotto le aziende alla cautela. E magari il loro top management alla moderazione delle pretese economiche..
E invece no. Perché i compensi hanno continuato a crescere. E, al di là di reazioni localizzate, per lo più di carattere istituzionale e normativo, non c’è stata (ad oggi) alcuna indignazione pubblica di massa, né proteste sul modello “Occupy Wall Street” o “Indignados”. La piazza sembra aver digerito senza sussulti o eclatanti manifestazioni di dissenso, l’evidenza delle cifre. Che testimoniano di un modello reddituale e sociale profondamente diseguale.
CEO, tutti a nudo in una ricerca
Del resto, che la politica dei megastipendi non sarebbe mutata potevamo forse già aspettarcelo a luglio scorso, mentre scrivevamo del caso di Michael Corbat. Il CEO della banca d’affari americana Citigroup che, proprio l’anno scorso, si è visto raddoppiare i compensi, fino a 23 milioni di dollari. Con un’impennata della CEO pay ratio della compagnia. Una sfrontatezza non isolata, quella di Corbat e Citigroup. Almeno stando ad uno studio dell’Economic Policy Institute (EPI).
Secondo gli autori di CEO compensation surged in 2017, gli ad delle 350 maggiori aziende USA hanno guadagnato in media 18,9 milioni di dollari nel 2017, con un aumento complessivo del 17,6% rispetto alla loro retribuzione media nell’anno precedente.
CEO di Citigroup Michael Corbat a colloquio con il premier indiano Narendra Modi, New Delhi, aprile 2015. Prime Minister’s Office [GODL-India (https://data.gov.in/sites/default/files/Gazette_Notification_OGDL.pdf)], via Wikimedia Commons
Valori decisamente elevati, soprattutto se raffrontati con le buste paga dei lavoratori americani “tipici” che, in media nello stesso periodo, sono aumentate solo di circa lo 0,3%.
Non solo. Sempre nel 2017, la CEO pay ratio media – calcolata sul campione di compagnie in esame – si è attestata ad un rapporto di 312:1. Anche se questa proporzione è un po’ inferiore al picco raggiunto nel 2000 (344:1) e non può essere paragonato nemmeno al 20:1 del 1965, forse può essere invece confrontato con i dati del 1989 (58:1) e del 1995 (112:1) per sottolineare ancora una volta quale corsa al rialzo stiano compiendo le retribuzioni dei CEO. Retribuzioni che si distaccano di varie volte persino alle paghe degli altri vertici delle loro stesse compagnie.
La speculazione entra in busta paga
Lo studio EPI è quindi illuminante sullo scenario e sulla tendenza. Ma, numeri e disparità evidenti a parte, risulta anche di estremo interesse per una considerazione dei ricercatori che spiega la natura dell’aumento vertiginoso delle retribuzioni dei CEO nell’ultimo periodo.
«L’impennata della remunerazione degli amministratori delegati misurata con le stock options realizzate è stata guidata dalle componenti azionarie (premi azionari e stock options incassati), non da variazioni di stipendi o bonus in denaro».
Un’affermazione che sintetizza un fenomeno di progressiva “finanziarizzazione dei compensi“, tanto più incisiva pensando che nel 2017 l’indice S&P 500 saliva del 19%, mentre il 43% circa degli americani non possiede nemmeno un titolo azionario.
Il sistema rende i CEO devoti alla speculazione
Si tratta di una certificazione dell’esistenza di uno spartiacque socio-economico, forse addirittura di genere. Un divario crescente che non è più tanto tra padrone e dipendente, ma tra lavoratori e lavoratori, di più, tra colleghi. E che rende i CEO inevitabilmente partecipi, e quindi solidali, magari persino devoti, a un modello di sviluppo fortemente condizionato dai valori della finanza in generale, e della speculazione finanziaria in particolare.
Un modello di redistribuzione della ricchezza collocato ad un alto livello di rarefazione dei rapporti economici, e perciò sempre più lontano dalla dimensione del lavoro salariato e dall’economia reale. Sia per la dimensione dei valori movimentati, ovviamente, ma anche per le modalità in cui si percepisce il denaro in corrispondenza del lavoro svolto quotidianamente.
Un mondo a parte in cui può accadere che Mindy Grossman, amministratore delegato di Weight Watchers International, nel 2017 abbia percepito complessivamente 33,4 milioni di dollari, cioè 5mila volte di più dei 6013 dollari guadagnati dal lavoratore mediano della sua stessa compagnia, che pure fa molto affidamento sui part-time.
Quattro soluzioni politiche e fiscali
E però, di fronte a tale disuguaglianza crescente, di per sé negativa, va detto che è l’intero andamento a poter essere letto come ennesimo pessimo segnale di uno scenario potenzialmente peggiore.
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Il livello dell’aumento delle retribuzioni dei CEO nel 2017 è infatti solo di un 3,3% al di sotto del livello del 2007, cioè l’anno precedente alla crisi finanziaria che il 15 settembre di 10 anni fa ha travolto la banca d’affari Lehman Broters prima di coinvolgere l’economia globale.
Fatta anche questa considerazione, i ricercatori dell’Economic Policy Institute hanno proposto quattro soluzioni politiche e fiscali intese a «…limitare e ridurre gli incentivi e la capacità degli amministratori delegati di ricavare concessioni economiche». Quattro soluzioni pensate per «non danneggiare l’economia».
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Ripristinare maggiori aliquote marginali sul reddito massimo;
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impostare aliquote delle imposte sulle società più elevate per chi ha una CEO pay ratio maggiore;
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stabilire un limite alle retribuzioni e un’imposta specifica su qualsiasi importo percepito oltre il limite prefissato;
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consentire un maggiore uso del cosiddetto “say on pay“, che permetta agli azionisti di una compagnia di votare sui compensi dei dirigenti.