03 Ottobre 2018
PROMOTORE ENZO SIVIERO
Il progetto è stato presentato all’ANCE di Roma sotto l’egida di INARCH Luca Zevi.
Ripristino del viadotto Polcevera
Overt than 15 years of international experience in the world of bridges, civil engineering, special structures and assessments serving final clients, contractors, architects and engineers to perform stunning and visionary projects.
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Una proposta elaborata da
Concept del ponte
Implementation Projetcs
Alessandro Stocco, Federico Zago,
Michele Culatti, Brunella Bibi
Frusciante, Luigi Rebonato, Andrea
Marchesi
Urbanistica e video editing
hic et nunc cc
Nicola Vendramin, Leonardo
Monaco Mazza, Mara Reina,
Alessandro Seccarello
Contestualizzazioni
TELEGRAM 71 builging visuals
Sergio Bortolussi,
Giacomo Dodich
IL RIPRISTINO DELLA VIABILITÀ SUL VIADOTTO POLCEVERA
Riaprire il collegamento in tempi rapidi. Perché non valutarlo realmente? Perché non recuperare ciò che si può recuperare? Perché non c’è discussione su questo tema? Perché parlare di nuovi ponti quando conosciamo la reale dilatazione dei tempi in Italia?
Viadotto Polcevera: crollo e necessità di rapida riapertura del collegamento. Il crollo di una parte del viadotto sul fiume Polcevera è, e rimarrà, una ferita per il Paese.
Il disagio per le persone sfollate e il loro fondato timore di demolizione delle case, le perdite economiche dirette per le aziende che operano al di sotto del ponte, le perdite indirette delle numerose attività commerciali del contesto economico scollegato e il danno per l’intero sistema portuale: da questo scenario disastroso si comprende quanto sia urgente ripristinare rapidamente il collegamento viario.
Dopo una prima spinta emotiva, che può lasciare ampio spazio a ipotesi dall’alto valore simbolico, è necessario dare una risposta concreta ad una esigenza prioritaria: la necessità di un approccio razionale, capace di tenere conto dei fattori “tempo” e “contesto attuale”.
È necessario mettere sul tavolo di discussione una proposta reale, che abbia come priorità la riapertura sicura e rapida del collegamento.
Riconnettere velocemente la città? Verifica e consolidamento del viadotto esistente.
Per riaprire il collegamento in tempi rapidi si deve considerare il recupero: unico reale modo per operare velocemente e, se possibile, ripristinare il viadotto e far respirare Genova.
Dopo il crollo della campata le porzioni restanti del viadotto costituiscono circa l’80% del tratto. Pensare di demolirlo significa evacuare le aree interessate alla demolizione, intasare la rete urbana di mezzi pesanti carichi di macerie e avereun cantiere in ambito urbano per un periodo molto lungo.
Perché non vengono verificate le strutture esistenti? Visto il carattere di urgenza, l’assegnazione dell’incarico, le indagini, i prelievi ed i test sulla struttura potrebbero essere fatti in 2 mesi. Se si aggiungono altri 2 mesi per una seria analisi dei risultati, in circa 4 mesi si potrebbe già sapere se e come il viadotto può essere rimesso in esercizio.
Molti tecnici autorevoli si sono già pronunciati sulla reale possibilità di ripristino. Perché non provare? Perché questo tema non viene discusso?
Gabriele Camomilla, ingegnere civile esperto internazionale di manutenzione stradale e già progettista interessato alla manutenzione del viadotto Polcevera, ha promosso una petizione in cui è ribadita la possibilità di ricongiungere in tempi minimi il tratto stradale recuperando le strutture esistenti.
Fatte le analisi, con i risultati alla mano, si potrebbero mettere in atto le dovute azioni di recupero. Nelle attuali circostanze i tempi di attuazione sono sicuramente più brevi rispetto ad una situazione normale: il ponte è già chiuso e non c’è bisogno di interrompere il traffico.
Verificare, mantenere e consolidare la parte restante, nonché considerare il conseguente ripristino della parte crollata,rappresenta un’ipotesi che dovrebbe essere attentamente valutata rispetto alla totale demolizione e ricostruzione dell’opera.
L’intervento di recupero costituisce un’azione più veloce, evita le demolizioni degli edifici sottostanti il viadotto e consente un notevole risparmio di tempo rispetto alla totale demolizioni e ricostruzione.
Il ripristino del collegamento: uno schema di riferimento per lo sviluppo del progetto.
Verificato e garantito lo stato di salute della porzione di viadotto rimanente, per il tratto mancante si propone una
soluzione realizzata in acciaio di tipo estradossato,
con due campate tampone, a coprire una luce totale di circa 240 metri.
Il modulo proposto potrebbe anche essere ripetuto per quelle campate che, dall’esito delle verifiche, dovessero essere sostituite.
Il ponte estradossato, dopo oltre vent’anni di sperimentazione e di realizzazione, può essere considerato come il sistema
strutturale migliore dal punto di vista costruttivo e dell’uso del materiale, in riferimento a luci che vanno dai 120 ai 250 m.
Il nuovo tratto dovrebbe dare continuità alla piattaforma stradale esistente e fornire inoltre una corsia di emergenza
provvista di piazzole di sosta adeguate. Le torri che sorreggono l’impalcato dovrebbero essere realizzate in acciaio mentre il
nuovo impalcato dovrebbe essere realizzato in struttura mista acciaio e calcestruzzo.
La realizzazione del tratto crollato
dovrebbe essere fatta utilizzando i tratti di viadotto esistenti, utilizzandoli come sito di cantiere e piste di trasporto per i vari conci delle torri e dell’impalcato; aspetto determinante è che l’attuazione di tale ipotesi non inciderebbe sulla viabilità attuale.
Il progetto potrebbe essere sviluppato in 2 mesi. Nel giro di un anno si potrebbe veramente avere già ristabilito il collegamento.
Baricentro funzionale, simbolico, paesaggistico.
Parallelamente, sotto al ponte, esiste ancora un’area il cui destino oggi è strettamente vincolato ‐ nel bene e nel male ‐ a quello del ponte stesso.
Stretta tra il fiume Polcevera, i fasci ferroviari e le colline che chiudono la valle, quest’area è ricca di risorse e può diventare il riflesso del cambiamento, terreno fertile per nuovi processi di rigenerazione urbana ‐ come giàampiamente indicato dagli attuali strumenti di pianificazione, frutto del dibattito a cui in tanti hanno partecipato.
In coerenza con le sue naturali vocazioni e valorizzando il sistema relazionale, anche attraverso interventi di riconnessione,
quest’area puòdiventare un nuovo baricentro funzionale, simbolico, paesaggistico, che attiri a sé forme di rigenerazione non dimenticando chi, a quegli spazi, appartiene da una vita intera e che oggi (con la demolizione del ponte) rischia di perdere piùdi una casa.
La forza della ricostruzione: la partecipazione.
Dopo il crollo, la parte più sconcertante rimane
l’assenza di discussione concreta e il proliferare di slogan e promesse difficili da onorare.
Tutto questo rivolto a persone che sono in un reale stato di emergenza.
In questo tempo trascorso si sarebbero già potute avere alcune risposte. Si potrebbero già avere esiti di alcune verifiche
sulle strutture esistenti e si sarebbe già potuto avere un progetto di ripristino, veritiero, da sottoporre ai genovesi, che per primi dovrebbero esprimersi su questo tema.
I genovesi dovrebbero essere coinvolti sia per i metodi con cui si può realmente operare, in considerazione dei tempi reali
di esecuzione, sia per il futuro delle aree sotto e intorno al viadotto. Decisa la linea operativa, in una seconda fase,
dovrebbero essere coinvolti anche per aspetti ora secondari ma che saranno determinanti nel tempo: la visibilità dell’opera, i colori, l’illuminazione, il nome.
“Genova non attende auguri o rassicurazioni ma la concretezza delle scelte e dei comportamenti”.
Ci sentiamo di condividere le parole del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e l’invito a ritrovare una normalità
in tempi brevi. Non necessariamente passando da progetti più o meno imposti, ma passando obbligatoriamente per vie
sicure, brevi e partecipate.