Non fresco di stampa, eppur freschissimo. Mio padre, il tradimento del re e le repubbliche del Sud

 

14 Aprile 2019

Domenico Cambareri

Fonti: libreriauniversitaria.it, shop.minerva-libri.it, unilibro.it, goodbook.it

 

 

 

 

Gino, mio padre

Storia di un uomo e dei suoi tempi

 

Un libro dalla scrittura lineare, una prosa semplice e immediata, con un registro comunicativo adatto alla lettura di qualsivoglia persona. Un libro pieno di storie piccole e grandi, anche importanti, quasi totalmente neglette e rimosse dalla storia e dalla storiografia della volgare, stereotipa e falsificante vulgata “resistenziale”. Acida marmellata di sproloquianti demagoghi.
Quadri e quadretti, aneddoti, flash di vita del protagonista principale e degli altri protagonisti e del territorio in cui si svolsero: vite realmente e intensamente vissute. La narrazione storica del libro presenta improvvise discontinuità cronologiche che rendono più curiosa e vogliosa la lettura per riprendere lo svolgimento ulteriore dei precedenti fatti. Un libro rivolto a un pubblico generalista, che non richiede alcun particolare affinamento culturale preliminare, che si legge tutto d’un fiato.
L’autore, Tuccio Battaglia, ha voluto ricordare la vita del padre, ragazzo di estrazione sociale popolare, il quale, appena giovanetto si cimentò, letteralmente si tuffò più di tanti altri giovanetti nelle travolgenti passioni. Scelte e lotte molto più grandi di lui, che si erano manifestate in modo irruento, veemente alla fine della grande guerra e che da lì a poco avrebbero avuto un’acme e una svolta del tutto impreviste e imprevedibili. Eppure, non ne rimase travolto, come non rimarrà travolto dalle tragiche e irreversibili conclusioni, molti anni dopo, in cui avrebbe indossato le vesti dello sconfitto.
I successi e le vicissitudini lo plasmarono così? Forse. O forse sarà stato pure vero che avrà avuto un innato e forte senso di ethos e di dignità tali da non farlo indulgere o piegare a pro di scelte dettate dal più microbico personalismo voltagabbana, di cui si avverte un vero e proprio pullulare attorno a lui? Un parassita pullulare che accompagnò il ventennio della cosiddetta dittatura all’acqua di rose che intruppò tutti o quasi nelle camicie nere e non creò alcun pogrom o gulag e permise a comunisti e socialisti di diventare fascistissimi e agli antifascisti rimasti in libera circolazione di esaltare nelle pubbliche piazze e vie in tutta Italia la definitiva presa di Addis Abeba e la proclamazione dell’impero? Di osannare il raggiungimento del sospirato obiettivo storico della politica estera italiana: la realizzazione di un’estesa area geografica avente grande profondità territoriale e bagnata da un oceano? Di avere raggiunto l’obiettivo secondario della strategia italiana, ovvero quello di ottenere un sicuro e duraturo accesso alle vie dei commerci oceaniche, essendo quello primario, relativo alla sicura autonomia nel Mediterraneo, fortemente inficiato e minacciato dalla preponderanza delle flotte anglo-francesi e dei loro alleati e dall’essere completamente imbottigliato dalla presenza delle loro basi lungo tutto l’enorme arco costiero, letteralmente a ridosso dei porti italiani?
Il libro si articola su dieci capitoli, in cui l’adolescenza del protagonista del profondo Sud si staglia sin dalle prime battute. Un ragazzo di carattere forte, sicuro, che non si piega davanti alle diseducative pressioni e minacce di un professore che ostenta la faziosità e la malandrineria, approfittando del delicato ruolo che svolge. E che è pronto, nella sua baldanza e immaturità giovanile, a pagarne le conseguenze. Con le immancabili misure d’interdizione paterna: esemplari castighi. La nascita e l’evoluzione dei fasci e del movimento e del regime e le ultime battaglie dei focosi rivoluzionari socialisti massimalisti che seguivano capipopolo che promettevano loro tutte le proprietà e le donne dei ricchi e un comunismo redentore sono intessute con tanti aneddoti comici, pesanti scherzi più che da prete; e da quadretti del folklore, della vita dei campi e di quella dei centri abitati, in cui con minuzia descrittiva mai tediosa e anzi interessante allettante rendono deliziosa la lettura. Non meno vivaci e fini solo le pagine che dall’inizio della guerra, sugli esiti catastrofici e sulla prigionia del protagonista, sul suo ritorno a casa e sulla nuova, semplice e schietta vita di Gino, portano a conclusione l’opera, anche con un capitolo dedicato a Gino padre e alla sua famiglia, con particolare riferimento al pannello autobiografico sull’adolescenza dell’autore.

Gino, mio padre. Storia di un uomo e dei suoi tempi

Pur nella sobrietà e nel distacco descrittivi dell’autore, dense di commozione e trepidazione, di volitiva e patriottica partecipazione e di condivisione del dolore sono le pagine che raccontano le rivolte popolari contro le infami decisioni del regio governo del re traditore, che imponevano il proseguimento della coscrizione obbligatoria per mandare a combattere i giovani italiani contro i fratelli della Repubblica Sociale (RSI), fra i quali militavano ufficiali e soldati afascisti, antifascisti e antimussoliniani che avevano aderito esclusivamente per salvare l’onore della Nazione, della Patria. Sono pagine di elevata densità emozionale a cui è difficile che possa sottrarsi il lettore. Ripetuti scontri a fuoco fra cittadini ancora sudditi del re e reparti del regio esercito mandati a reprimere le sollevazioni. Sono le pagine delle “repubbliche” siciliane che alzarono le armi contro la guerra civile in atto nel centro-nord al grido di <<NON SI PARTE!>>. Mattarella, Mattarella, figlio di Mattarella, verminaio di bugie, come scrive Sidoti, altro che nulladibuono c’è da raccontare dal Quirinale a tutto il Bel Paese!

Fra i tanti personaggi rievocati, qui citiamo soltanto quelli del Maresciallo Graziani, antimussoliniano (che fu pure personaggio di primo piano nella RSI), rinchiuso nel campo di prigionia, e dell’archeologo Biagio Pace, fra gli ultimi baroni del regno e sposo di una Gravina dei conti di Caltagirone. Biagio Pace fu uno dei fondatori del MSI.
Gino Battaglia, così come durante l’età d’oro del regime fascista non aveva richiesto e non aveva ambito ad avere ruoli e prebende, e non ne aveva giammai avute, dopo la disfatta e al ritorno dalla prigionia, come altri italiani fascisti e non fascisti, preferì scegliere la via dell’esilio in Patria. Con grande senso civico e come esempio etico certo non emulati, senza capriole, senza voltafaccia, senza rincorrere le più diverse bandiere e i capibranco del regime della libertà e della democrazia, a differenza di tantissimi altri che si ricreavano con il tocco magico la verginità politica, preferì condurre una vita ai margini, dandosi all’agricoltura per la sopravvivenza familiare e aspettando un bel po’ di anni per avere un piccolo posto di lavoro.
Dalla marcia su Roma all’ingresso nel secondo conflitto, lo snodarsi degli eventi del comune e del territorio e di quelli che dall’orizzonte nazionale e internazionale irrompono, presentano una serie di fatti e di aneddoti tanto curiosi quanto coloriti e raccontano vicissitudini e divisioni locali che, sia pure, ormai in ombra perdurano ancora fino a oggi. Come quella dell’avere elevato al rango di provincia questa parte occidentale della provincia di Siracusa: quella di Ragusa, appunto. Per volontà clientelare, di premio, da parte di Benito Mussolini, a uno dei più attivi e fecondi fascisti delle prime ore. Ragusa, un centro del tutto minore rispetto alla popolosa e ricca Modica, città che vantava una prestigiosa storia culturale, politica e ammnistrativa non solo dall’arrivo dei normanni.
Da qui, le ilari battute e i commenti salaci che hanno accompagnato tutti gli anni successivi in merito a queste vicende campanilistiche mai sopite fra modicani e ragusani, che il ragusano Tuccio Battaglia descrive con bella plasticità espressiva. Però, a rigore di ragione e alla luce della storia e come figlio di una modicana – Modica, la vera, plurisecolare capitale della pasticceria siciliana e dei latticini doc in cui non vi fu mai ricorso all’utilizzo del fieno greco, a differenza del “tanfo” dei latticini ragusani (incassate, incassate, incartate e portate a casa il lezzo insieme agli scherzi e ai lazzi !) – come mai posso, come mai potrò dar ragione alle mordaci facezie ragusane? Spero di non innescare un fitto e molteplice epistolario, con queste battute conclusive, alla faccia di Filippo Pennavaria e di Benito. Non sarei in grado di replicare più oltre.
Al di là delle ironiche e talora salaci battute che ridanno colore e sapore alla vita e aiutano a superare le asprezze e le tragedie, il libro di Tuccio Battaglia è proprio tutto da leggere e rileggere.

 

Editore: Tipografia Elle Due
  • A cura di: G. G. Cosentini
  • Data di Pubblicazione: gennaio 2015
  • Autore: Tuccio Battaglia
  • Titolo: Gino, mio padre. Storia di un uomo e dei suoi tempi
  • EAN: 9788890547386
  • ISBN: 8890547383
  • Pagine: 152
  • Formato: brossura
  • Prezzo: € 15,00
  • edizione con allegato DVD