06 Novembre 2020 Autore: Enea Franza
Nuovo lockdown quanto ci costerà tutto questo ? Ecco una stima realistica
Con l’Italia divisa in tre diverse aree, prende forma la “strategia” messa in campo dal governo, attraverso il Dpcm del 3 novembre, per provare a contenere il contagio da Covid-19.
Nella sostanza, per tutte le Regioni, si attua un livello d’intervento minimale a cui (al superamento di livelli prestabiliti) si aggiungono decisioni di ulteriore salvaguardia, con un appesantimento delle restrizioni. A nostro parere, si tratta, tuttavia e però, a ben vedere, di un provvedimento di chiusura generalizzata delle attività commerciali.
Chi ne farà le spese e quanto ci costerà tutto questo?
I settori colpiti sono sempre gli stessi:
– la ristorazione (bar e ristoranti in primo luogo), ma anche tutta la filiera industriale di banqueting e catering legate rispettivamente alla produzione e distribuzione di pasti pronti ed alla distribuzione automatica (vending); – il settore ricreativo-culturale dell’intrattenimento (cinema, teatri e concertistica) e ricreativo riferito all’organizzazione di feste e cerimonie, quelli fieristico – convegnistico e della moda;
– quello strategico dei trasporti: treni ed aeri (e navi?), prima di tutto; ma anche del servizio locale.
Parallelamente, il settore turistico ed alberghiero, il cui danno, oltre alla perdita immediata connessa all’emergenza, dovrà fare i conti con il continuo deterioramento d’immagine internazionale, atteso che, da tempo, per il nostro Paese gli stranieri hanno rappresentato più del 50% delle presenze totali. Non certo nel 2020. E nel 2021 e negli anni a venire come si farà a recuperare?
Quanto alle categorie sociali colpite, sicuramente, ne risentiranno poco i pensionati ed i dipendenti del settore pubblico (statali ed enti locali), fra i pochi che potranno immettere contenuta e vitale liquidità quotidiana nel circuito commerciale, assieme ai dipendenti dei settori industriali non coinvolti nella messa in cassa integrazione, mentre saranno drammaticamente colpiti i lavoratori autonomi ed i professionisti.
Le aziende (le piccole e medie imprese) in generale saranno, tuttavia, i soggetti più colpiti. Una forma di resilienza maggiore dovrebbero avere le grandi imprese e, comunque, quelle collegate alle commesse pubbliche.
Secondo lo studio condotto dal Centro Einaudi sulle conseguenze economiche dei giorni di chiusura nella prima crisi pandemica – dal 9 marzo ed il 18 maggio 2020 – i costi del blocco totale o lockdown ammonterebbero a poco meno di un miliardo di euro al giorno.
In realtà, la stima tiene conto solo delle perdite di reddito direttamente connesse al fatturato perso: dunque, il conto sarebbe molto più salato. In effetti, occorre considerare almeno due ulteriori elementi:
- l’incremento delle scorte per i beni non venduti, che comportano un aumento della capacità produttiva inutilizzata e, dunque, aggiustamenti in riduzione nella mano d’opera impiegata e connesso utilizzo della cassa integrazione; – la riduzione della domanda degli investimenti.
A tale perdita, inoltre, andrebbe aggiunto il costo della mancata crescita rispetto alle attese che ha un ulteriore effetto di riduzione della domanda.
In definitiva il lockdown di primavera è costato oltre 53 miliardi di perdita “viva”, che ha effetti indotti per un multiplo di oltre 4, per cui la perdita definitiva supererebbe i 200 Miliardi di Euro.
Tendendo conto delle analisi già fatte, adesso, con un intervento di semi blocco generale delle attività lavorative già a novembre, le previsioni non sono certamente semplici. Il probabile protrarsi del periodo emergenziale, almeno per tutto l’inverno, permette e forse impone di ipotizzare una somma molto maggiore e stimabile in non meno di 400 miliardi.
Ulteriori perdite di 400 miliardi di euro, dunque, come stima davvero realistica. Tanto presumibilmente sarà il costo che graverà sia sui cittadini, che un futuro governo dovrà gestire.