10 Dicembre 2022 Fonte: Adriano Tilgher
di Adriano Tilgher
Patrimonio culturale immateriale, patrimonio culturale materiale, faro di cultura e di civiltà, posizione geopolitica e strategica fondamentale per l’equilibrio nel Mediterraneo in una nuova identità che nasca dal superamento di tutte le contraddizioni interne sono il presupposto per definire il ruolo finale dell’Italia. Non si tratta di egemonia mondiale di cui stiamo parlando perché questa sul piano culturale ci appartiene di diritto e ci è riconosciuta da tutti ed è la ragione principale per cui l’Italia è sotto attacco soprattutto nel campo della formazione. Non si tratta nemmeno di becero imperialismo imperniato sulla forza delle armi sotto l’egida e il ricatto della grande industria militare, stiamo parlando di qualcosa di molto più concreto, legato ai valori profondi dell’essere umano e delle comunità che riesce a costruire.
Stiamo parlando della costruzione di una realtà geopolitica che sappia diventare perno e terreno di mediazione di tutte le realtà conflittuali in essere basata fondamentalmente sulla neutralità, sull’autodeterminazione dei popoli, sulla massima partecipazione popolare, sulla difesa e la pari dignità di tutte le identità, sulla definizione degli spazi autocentrati in economia, così come li ha definiti il premio Nobel Maurice Allais, sulla proprietà popolare della moneta, mirabilmente impostata da Giacinto Auriti.
Più buio che a mezzanotte non viene
22 giugno 1946 entra in vigore il: “Decreto presidenziale di amnistia e indulto per reati (..), politici e militari”, avvenuti durante il periodo dell'”occupazione nazifascista”. Legge proposta e varata da Palmiro Togliatti, segretario del PCI, e allora ministro di Grazia e Giustizia del primo governo De Gasperi. L’amnistia, che prenderà il nome dal suo promulgatore, aveva come scopo primario, quello di giungere quanto prima a una pacificazione nazionale, per evitare che l'”epurazione”, degli ex fascisti rallentasse la ricostruzione materiale del paese. Con l’amnistia vennero scarcerati migliaia di detenuti che furono reinseriti senza troppo clamore nella cosiddetta “Società Civile”. Stranamente (o forse no) alcuni degli ex prigionieri, arriveranno perfino a iscriversi al Partito Comunista, chi per convenienza, chi per continuare l’ideale battaglia de: “Il sangue contro l’oro”, in quanto (almeno a parole) vedevano nel PCI un argine ad una visione liberista del mondo, identificando più che nell’unione Sovietica il nemico in quegli Stati Uniti artefici di massacri e distruzione delle nostre città.
Un esempio plateale di questo tipo di scelta fu quello di Piero Vivarelli, classe 1927, regista, sceneggiatore, attore e paroliere italiano, autore di canzoni come: “24.000 baci” e “Il tuo bacio è come un rock” di Adriano Celentano, “Vorrei sapere perché” di Mina, Little e “Domani è un altro giorno” di Peppino Di Capri. Come regista fu autore di film Cult come Satanik, tratto dal fumetto nero di Max Bunker, o “Il dio serpente e “Il Decamerone nero”, dove sottotraccia ci confessa la sua predilezione per le donne di colore, (ebbe anche una relazione con la cantante Ella Fitzgerald.
Originario di Siena, dopo la morte del padre avvenuta nel 1942 per mano di partigiani jugoslavi aderì giovanissimo alla Repubblica Sociale, come volontario della Xª Flottiglia MAS e fu inquadrato tra i “nuotatori paracadutisti”. Fatto prigioniero fu liberato nel 1948 grazie all’amnistia Togliatti.
Si iscrisse al Movimento Sociale Italiano, divenendone a Milano un dirigente universitario. All’università riprese rapporti con studenti di sinistra e decise di presentarsi alle elezioni universitarie con le liste del “Fronte della Gioventù” che allora non era il nome della futura organizzazione giovanile missina, ma era formato prevalentemente da social-comunisti. All’epoca già a Roma c’erano stati numerosi passaggi da destra a sinistra grazie al “Pensiero Nazionale” di Stanis Ruinas. Dopo quell’esperienza Vivarelli si dimise da missino, ma non da Fascista, o marò della Decima, tanto che nel 1950, subito dopo il primo matrimonio (ne farà 4), portò la sua moglie in visita al “Comandante”, come chiamerà sempre Junio Valerio Borghese, appellativo che riconoscerà solo ad un altro Uomo, l’amico Fidel Castro, che anni dopo gli consegnerà personalmente (unico italiano a meritarla) la tessera del Partito Comunista Cubano.
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L’egemone USA non ha più tempo per modificare il corso della Storia
di Luciano Lago
La questione più importante da comprendere in questa fase tumultuosa della Storia, è il fatto che stiamo assistendo ad un processo in cui l’egemonia USA anglosassone si sta gradualmente sgretolando. Il sistema di dominazione che gli anglosassoni avevano costruito nei secoli 19°e 20° sta arrivando alla sua fine naturale
Nonostante il predomino ideologico, il controllo del grande apparato dei mass media, la enorme influenza politica ed economica, nonché il potere finanziario esercitato attraverso gli organismi sovranazionali (da loro controllati), ci sono molti sintomi di questa discesa nel potere.
Questo processo viene testimoniato dall’emergere di nuovi blocchi (BRICS, SCO) antagonisti rispetto all’occidente, guidati da Russia e Cina che stanno assumendo il loro ruolo sulla scena mondiale e che contestano le regole dettate ed imposte da Washington.
Ne derivano due conseguenze essenziali. In primo luogo, rendendosi conto dell’imminente collasso, l’Impero USA è più pericoloso che mai, perché la posta in gioco è la sua dominazione e la stessa capacità di controllo delle risorse globali, a partire dal primato del dollaro come moneta di scambio e di riserva.
In secondo luogo, a causa dell’inevitabilità storica del processo di declino occidentale, la strategia vincente per i suoi concorrenti geopolitici, non consiste nell’attaccare frontalmente ma deve essere quella di creare una linea di difesa comune e contribuire gradualmente allo sfaldamento del predominio anglosassone, nell’attesa del momento in cui processi di degrado avranno il loro esito inevitabile.
I paesi come la Russia, la Cina e anche l’India, che in questo momento si contrappongono all'”ordine mondiale basato sulle regole”, quelle create dagli Stati Uniti, hanno un vantaggio: il tempo lavora a loro favore.
Ormai tutti hanno compreso che il mantra dell’ordine basato sulle regole, stabilite dagli USA, è lo slogan di copertura retorica che viene ripetuto di continuo indistintamente dai vari esponenti dell’Amministrazione di Washington per giustificare l’ordine unipolare dominato dagli USA. Tale sistema di fatto consiste nell’ordine globalista liberale, quello che comprende le istituzioni dominate dall’Occidente, come la Banca Mondiale, il FMI, il WTO, l’ONU, la OMS, la UE, la NATO e altri organismi.
Come ha commentato il presidente Putin, in un suo recente discorso, “questo presunto ordine, piuttosto che giovare al mondo, è stato realizzato come uno strumento di egemonia unipolare, utilizzato dagli USA per convertire il resto dei paesi del mondo come propri vassalli con il fine di sottomettere tutti gli altri paesi ai propri interessi….”
Il tempo per l’egemone USA sta ormai scadendo e, se il conflitto allargato fra la Russia e gli Stati Uniti e NATO, come tutto lascia prevedere, sarà inevitabile, la Russia dovrà coinvolgere quanto più possibile gli altri paesi antagonisti del potere USA, avvisando questi che la battaglia contro gli imperialisti riguarda tutti.
Questo fronte comune è l’unico che può frenare le ambizioni espansionistiche di Washington.
La questione riguarda paesi come l’Iran, la Siria, la Corea del Nord, il Venezuela, la Bolivia ed anche paesi dell’Africa.
La lotta per l’affrancamento dal dominio dell’egemone sarà vinta quando prevarrà la volontà di voler costruire un nuovo ordine multipolare dove le varie potenze debbano convivere fra di loro su un piano di parità e di rispetto.
Soltanto allora si potrà ricreare un sistema di stabilità, di equilibrio e di pace, esattamente quello che è mancato da quando la superpotenza egemone si è lanciata nelle guerre dirette o per procura (vedi Ucraina).
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