12 Agosto 2023 Autore: Domenico Cambareri
Ferrovie dello Stato Italiane, Trenitalia: piani industriali e etica e conformità utilizzano reti concettuali fornite di ascensori invisibili?
Una realtà sfaccetta, frastornante e incredibile che si perde nel contrasto fra inammissibile e generalizzata ottusità e alta tecnologia?
La prima cosa da chiedere agli sportelli delle biglietterie non sarebbe da chiedere: << Scusi, non vedo alcuna segnaletica su ascensore e eventuale scala mobile. Come faccio altrimenti, visto che non posso deambulare con sicurezza, o che ho del bagaglio ingombrante, a scendere e risalire per delle ripide scalinate? Mi può indicare, gentilmente, dove si trovano? >>
Non vogliamo qui riferirci a eventuali ricerche fra i progetti del PNNR presentati dal polo industriale delle ferrovie statali, quanto, alla luce delle meravigliose opere ingegneristiche realizzate da più anni nei livelli sotterranei del più importante snodo ferroviario nazionale, quello di Bologna, con i suoi sottopassaggi e giganteschi androni e scale mobili e ascensori, chiedere ai vertici di queste strutture industriali di sapere in quali e quante stazioni ferroviarie italiane esistono scale mobili e ascensori.
Senza voler essere cattivi profeti, possiamo affermare con buona sicurezza, in attesa di conoscere i dati ufficiali, che la presenza di scale mobili e di ascensori si concentra in ben, ben poche stazioni del Paese. Di esse, non esiste traccia neppure in città di media grandezza come Catania o di attrazione turistico-culturale internazionale come Siracusa.
Abbiamo voluto scegliere come riferimento specifico queste due città dell’estremo meridione insulare, ma sappiamo e sanno e sapevano i vertici di oggi e di ieri e l’altro ieri che esse riguardano geograficamente buona parte del territorio nazionale, da Nord a Sud, da Est a Ovest.
Adesso, senza ulteriori giri di parole e senza indugi, è da chiedere con quali morbosi prodotti abbiano potuto nutrire per decenni nutrito la loro cecità mentale in riferimento a questo particolare, primario aspetto, che ignora in toto le disposizioni esistenti innanzitutto in favore dei soggetti portatori di minorazioni (‘handcap’) e difficoltà motorie.
Non si capisce davvero come possano essere tenute ancora attive ovunque, salvo rare eccezioni, queste molteplici, sterminate barriere antimobilità sicura e universale, che rendono estremamente difficoltoso ai passeggeri il raggiungere i binari, inerpicandosi per ripide scalinate, o il ridiscenderle e … risalirle per uscire dalle stazioni, quando hanno con loro valigie o altro bagaglio ingombrante.
Probabilmente, tutti gli staff di supporto ideativo e tecnico degli AD/CEO, Presidenti, Consigli di amministrazione, magnifici Direttori Generali e superbi creatori di piani di mobilità antropica all’interno delle stazioni, hanno pensato che già i clienti siano fruitori di tecnologie iperboliche in grado di rendere i loro corpi … fluttuanti e levitanti.
E’ chiaro che ci muoviamo entro una realtà materiale e mentale dagli aspetti poco commendevoli e completamente alienati, che rende giustizia all’immensa e incontenibile fantasticheria produttiva dell’immaginario industriale e commerciale italiano che gira alla rovescia. A questo punto, per concludere sul contesto del progresso ultratecnologico, è da chiedere perché mai le compamgie aeree e i grandi aeroporti non abbiano mutuato, copiato, l’esempio delle ferrovie italiane che continuano a ‘pensare’ che i viaggiatori si muovano fluttuando nell’aria, su e giù per le scale, forniti solo di una valigetta 24 ore. E se non esistano persone cronicamente o per brevi preriodi affette da una mobilità fisica compromessa.
Ci lascia, non di meno, stupefatti, come le industrie produttive del settore d’ausilio, cioé della mobilità artificiale e di supporto, colpite da autolesionistico istupidimento cerebrale e gigantesco vuoto funzionale e operativo, abbiano ignorato e continuano a ignorare l’esistenza di un così non piccolo bacino di diffusione e di sviluppo produttivo.
Sarà mai perché tutti costoro vivano un esilarante sogno senza fine della belle époque, in cui, pure nelle stazioni più piccole, vi erano stuoli di facchini super impegnati a trasportare i bagagli dei passeggeri nei depositi e sui piazzali esterni delle stazioni, e a risolvere ogni difficoltà e problema della mobilità?
Chissà. Vogliamo chiederlo agli anziani e agli affetti di disabilità? A loro è negata la sicura fruizione alla mobilità nelle stazioni ferroviarie? Perché?
Per intanto, non converrà segnalare questo canceroso stato di cose ai ministri Adolfo Urso e Matteo Salvini, i quali potrebbero trovare motivo di coinvolgere pure il ministro della Salute?