Considerazioni dopo le minacce di Pechino a Sarkozy e agli europei
Che Sarkozy non mi sia simpatico, a causa delle sue ripetute gaffe e degli svarioni in delicati temi di politica interna (sia francese che “italiana”, come la gravissima interferenza in favore della terrorista italiana) e internazionale, quasi una piccola copia di quelle macroscopiche e croniche di Bush, è una cosa; che egli debba ricevere, anche in qualità di presidente di turno dell’Unione Europea minacce di ritorsione dalla Cina comunista è un’altra cosa. Rispetto a quest’ultima vicenda, poi, lascia perplessi su come l’Unione Europea non abbia provveduto fulmineamente a respingere la minaccia proveniente da fonti giornalistiche pechinesi che sono sicura espressione del pensiero dei capi del partito. In temi economici (a questo contesto sicuramente si riferiscono le minacce di ritorsione), la Cina comunista deve ricordarsi che così come l’Europa occidentale rappresenta un formidabile mercato per le esportazioni cinesi di qualsiasi settore, essa rappresenta un forte sbocco per merci e tecnologie europee di cui ha sicuro bisogno quanto gli europei di venderglieli. Così come la estremo bisogno di accumulare risorse monetarie in valuta europea e di riconvertire le enormi quantità di dollari in euro e yen. Insomma, è un nesso economico e di investimenti assolutamente reversibile ed ogni sua incauta mossa non può che ritorcersi contro Pechino. Ma è in merito al perché della minaccia avanzata dalla stampa cinese che bisogna soffermarsi. Ciò è avvenuto perché Sarkozy ha accolto calorosamente il Dalai Lama sia in ambito comunitario che a Parigi. Ebbene, ritengo che siano più che maturi i tempi perché la politica degli USA ed occidentale tutta prendano atto di un altro dei più clamorosi flop della politica e della diplomazia americana, iniziato già durante la seconda guerra mondiale, quando gli americani continuavano a rifornire di grandi quantità di armi Mao, armi con cui questi avrebbe vinto in pochissimo tempo il generale nazionalista e filo-americano costretto alla fuga a Taiwan. L’errore madornale di Washington si sarebbe prolungato sino ai nostri giorni, sino all’era Nixon-Kissinger, con l’abbandono del Vietnam e la “tripolarizzazione” del mondo della prima metà degli anni settanta, attraverso il sistematico silenzio e quasi occultamento dell’invasione da parte della Cina comunista del Tibet. E con il rifiuto di fornire diretto appoggio all’India nella breve guerra che la oppose a Pechino. L’opinione pubblica occidentale è stata sempre quasi mai informata dalle sue classi politica e dagli organi d’informazione di tutto quanto accadeva in Tibet. Altro che cortina di ferro! Grazie alla scellerata politica messa in atto fra fine secolo ed inizio XXI secolo, infine, il WTO dominato dagli americani e complici gli europei dei grandi complessi industriali e finanziari, con una lungimiranza mossa solo da interessi economici gestiti nel peggiore dei modi, ha definitivamente aperto all’invasione della marea cinese. Altro che il film italiano degli anni sessanta “La Cina è vicina”! Siamo quindi ai giorni nostri, con la Russia ancora confinata fuori dal WTO e con gli USA che, instancabili macinatori di errori e di collassi, vogliono elevare altri steccati e muri e basi missilistiche, continuando “di qua” la politica del Pcus attuata “di là” per cinquant’anni. È davvero incredibile. Le recenti Olimpiadi di Pechino – è bene che non siano state boicottate – hanno permesso ai popoli occidentali di conoscere l’effettiva tragedia del popolo tibetano. Hanno consentito di conoscere la fragilità e al tempo stesso la spietatezza del sistema politico cinese. Hanno consentito di far conoscere ad una parte dei cinesi le effettive condizioni di isolamento informativo e culturale in cui vivono, nonostante il boom economico in cui è coinvolta però solo una “fetta” dell’immensa popolazione. Non parliamo dei disastri ecologici e del livello dell’inquinamento. Di tutto questo e del futuro prossimo, i geopolitici e gli strateghi americani non posso neppure immaginare che diranno tra un anno due. Sta di fatto che i pesi e le misure in tema di diritti umani e di diritti degli animali non sono due ma sono tanti, e che le misure che si applicano per la Cina si applicano solo per essa. Cioè, nessuna contromisura. Di sicuro, lo scotto che pagherà l’Occidente nei prossimi anni sarà enorme, e ciò lo possiamo sin d’ora addebitare agli artefici di questa politica internazionale. Le uniche possibilità di contrastare questi sviluppi sono date da quelle, fievoli, di un’aperta opposizione delle cancellerie europee avviando un asse preferenziale con il Giappone al fine del contenimento del duopolio commerciale Usa-Cina, con la Russia e con l’India. E, soprattutto, della persuasione degli americani che altre e più valide vie possono essere certamente percorse insieme. Ma deboli, incerti e dotati di una precaria vista, i nostri politici, di Londra, Parigi, Berlino, Bruxelles e…Roma (in questo pare che si salvi solo Silvio) cosa sapranno architettare?