Perché la Francia di fronte alla crisi è finora indenne?
E’ il 15 novembre e l’attacco della speculazione internazionale si rivolge alla Francia. Dopo aver colpito al cuore il nostro Paese, imposto un nuovo Governo, a quel punto scavalcata la Spagna ed il Portogallo, sembra essere venuto la volta della Francia.
Lo spread tra i bond francesi e quelli tedeschi va a toccare livelli che superano i 180 punti. Niente a confronto con i livelli toccati in quei giorni dai titoli del debito pubblico italiani, ma comunque veramente troppo per un Paese convinto di avere tutti i requisiti per dare lezioni agli altri. Nel frattempo, le società di rating lanciano vari messaggi che anticipano un eventuale declassamento da quel giudizio da tripla A che viene attribuito al debito francese.
Nel proseguo, per la cronaca, il debito francese perderà il bollino di affidabilità. Le analisi di alcuni importanti analisti ritenevano possibile un contagio della crisi dei Paesi più indebitati anche a realtà ritenute fino a pochi mesi prima intoccabili. In effetti, per finanziare le perdite su Spagna e Italia, alcuni investitori di lungo termine avevano ridotto la loro esposizione sulla Francia. A pesare, pertanto, ulla crisi francese non sarebbe la mancanza di una qualsiasi riforma delle pensioni, ma un debito che è salito dal 60 all’85% del Pil; senza contare le ombre sulle finanza pubblica, rappresentata ad esempio dalle ‘casse’ (paragonabili alla Cassa depositi e prestiti italiana), che pur formalmente private svolgono anche compiti pubblici e la tuazione di evidente instabilità di alcune grandi banche francesi.
Altri dati a nostro avviso possono essere evidenziati più di altri, e che persistono ancora. Gli iscritti al collocamento in Francia, secondo i dati che ha reso noti il Ministero del Lavoro di Parigi, sono aumentati arrivando a superare la soglia dei 4 milioni. La cifra include sia le persone che non esercitano alcuna attività lavorativa, che superano i 2 milioni e 700 mila, che quelle che esercitano un’attività ridotta e sono in cerca di migliore occupazione. L’enormità di tale dato ci deve far pensare sulla reale situazione delle industrie del paese e sull’inevitabile impatto sui consumi privati.
Per altro verso, come aveva già osservato, il Guardian dell’11 novembre scorso, “molto del successo recente (degli ultimi anni ndr) della Francia” è dipeso dall’attivismo delle sue banche sul fronte finanziario, specificatamente nell’attività di prestito ai Paesi che oggi sono in difficili condizioni finanziarie come appunto le due penisole del Mediterraneo. Le banche francesi hanno prestato molti denari per acquisire titoli sovrani greci ed italiani, esponendosi in maniera più che pericolosa: ora che i conti pubblici della Grecia e dell’Italia soffrono, la Francia va a ruota: i nostri cugini di oltralpe, secondo stime, ci avrebbero prestato qualcosa come 300 miliardi di euro, dicono i media inglesi.
I problemi di Parigi riguardano inoltre l’economia reale. La disoccupazione sta sfiorando il 10% (contro l’8,3% italiano). Il deficit pubblico a fine 2011 è stimato a Parigi per la stessa scadenza al 5,8%. Intanto, per il 2012 si prevede per l’Italia un avanzo primario (prima del pagamento degli interessi sul debito) del 2,6% contro un disavanzo del 2,1% in Francia, dove lo Stato continua a spendere più di quanto possa davvero permettersi.
Fra l’altro il debito se in termini assoluti è inferiore a quello italiano (sembra 1.700 miliardi di euro contro i nostri 1.900), esso tuttavia è detenuto da stranieri per il 57,9% del totale (il 42,4% per quello italiano): un ulteriore fattore di debolezza. Quanto al debito delle famiglie francesi, esso rappresentava a fine 2010 il 55,1% del Pil contro il 45% dell’Italia. Senza contare il 61,6% della Germania, il 91,7% degli Usa e il 114,2% del Regno Unito. Anche le imprese francesi sono molto più indebitate di quelle italiane.
Eppure tutto questo, che sembrava il preludio di un attacco alla Francia, si è sciolto come neve al sole ed oggi, a primavera 2012 inoltrata, anche se le cose in Francia non sembrano migliorate (tanto che anche le società di rating hanno certificato la crisi che attraversa il paese, con la riduzione del rating sul debito sovrano) la speculazione non ha lontanamente pensato di rivolgere il suo attacco.
Perche ? Bene, in termini brutali, essa non ha visto il sangue. In termini più consoni, l’attività speculativa ha compreso che alle spalle c’era un popolo fatto di industriali, banche, professionisti e politici e magistrati pronti a fare corpo.
Forse è questo il segreto del successo nei periodi di crisi ?