21 Giugno 2016
Enea Franza
Una forte linea di tendenza squassa il consolidato panorama elettorale in due metropoli e archivia come già morti i risultati di Napoli e di Milano
La vittoria dei pentastellati a Roma porta a fare una serie di considerazioni che vorrei condividere.
In premessa vorrei tralasciare gli errori tattici degli altri partiti in campo, soprattutto nel centro destra. Errori imperdonabili che nella battaglia elettorale contano come in una guerra, e lasciano sul campo ferite che non sono facili da curare.
Veniamo al dunque: da dove vengono tutti questi voti che rappresentano la plastica conferma, troppo a lungo sottaciuta o rimossa della vittoria elettorale nelle scorse elezioni politiche?
Certamente conta e conterà sempre più la riluttanza dei partiti tradizionali a riconoscere ed a comprendere le preoccupazioni delle persone ed adottare una strategia conseguente.
Non mancano le evidenze. La crisi del sistema giudiziario è sotto gli occhi di tutti e, tuttavia, la soluzione non arriva. Crisi della giustizia vuol in primo luogo mancanza di certezza nei rapporti economici e sociali tra le persone e tra questi e la pubblica amministrazione, il che genera malaffare e corruzione. Da qui (a parer nostro) la sete infinita di giustizia che si traduce in sfiducia dei politici che governano senza governare. Sempre sul tema della fiducia, come non segnalare la questione del fallimento delle banche popolari e, per il nord est, le vicende di banca popolare di Vicenza e del Veneto.
Peraltro, la mancanza di una crescita economica stabile rende non più sostenibile il peraltro iniquo e instabile patto sociale tra i cittadini e Stato assicurato da parti sociali e governo. A ciò si aggiunge una politica comunicativa governativa certamente impegnata ad esaltare la crescita della manifattura orientata all’esportazione, delle start up e del cooworking ma non a prendere atto delle difficoltà della piccola impresa. L’esperienza passata, inoltre, sembra aver ingenerato la convinzione che la politica tradizionale non sia in grado di redistribuire la ricchezza creata, e ciò alimenta la sfiducia. In un contesto di riferimenti non meno diretti, come non notare come i cittadini abbiano dato ampiamente per scontata l’abolizione dell’ICI sulla prima casa, scelta che non poco ha tuttavia inciso sulla crescita del debito?
La questione immigrazione, con l’insostenibilità dell’impatto economico e sociale che determina, è a mio modo di vedere, un’altra evidenza della incapacità di gestione della politica tradizionale. Sul punto non è dato capire quale sarà la soluzione dei pentastellati: proprio ciò dovrebbe far riflettere su come si sia preferito un salto nel buio, nella disperata ricerca di un reale processo di rinnovamento politico. Vistoso se non eccezionale è da qualificare il successo conseguito dai cinque stelle nelle periferie di Roma, dove la questione emigranti e rom, costituisce un problema socio-economico e igienico-sanitario incontenibile (come pure in non molte piazze del centro della metropoli).
Ciò premesso, va comunque evidenziato che la crescita di movimenti di contestazione, non è solo italiana (né tanto meno romana), ma è più estesa e riguarda anche molti paesi europei e non. Peraltro, cosa fu Forza Italia della prima ora, se non un movimento di rottura con gli schemi passati e capace di generare l’aspettativa di un profondo mutamento nel nostro Paese ?
Ciò che caratterizza quest’ultimo risultato elettorale e che rende evidenti pure le peculiarità della questione Italia, è forse il fatto che il movimento dei pentastellati si propone come alternativo in senso radicale. Non accetta alleanze. La scheda elettorale è stata l’evidenza più plastica ed emblematica di tale stato di fatto.
Sono pronto a scommettere che sul tale questione il problema del deficit di rappresentanza sollevato dei pentastellati, non resterà un qualcosa di appeso nel vuoto. Non sono poche le difficoltà che su questa strada essi potranno incontrare. In primo luogo, questa riflessione è alimentata dal fondato dubbio si risolva nell’essere esso una copia non credibile di quanto già visto, come sembra essere stato per lìappunto l’esperimento tentato da Renzi.
Non dispero che anche i partiti storici ritrovino una sintesi davanti e oltre il significato politico di tali ultimi fatti nuovi e siano in grado di ricucire lo strappo con il loro popolo e con tutti coloro che hanno disertato le urne. Dei i quali ultimi tuttavia la loro astensione della competizione elettorale non può non essere interpretata con l’effetto che ha, ovvero essere stati loro a esprimere tale qualificata decisione con il voto: decisione che ha colliso con gli interessi dei partiti tradizionali e che li ha sconfessati. Essa stata importante anche davanti ai confronti storici relativamente alla partecipazione effettiva del corpo degli aventi diritto (cosa dire altrimenti della “grande Mela”, dove la percentuali dei votanti è poco più di un terzo degli aventi diritto…).
Volendo guardare molto più oltre, mi spingo nel pronosticare che l’esperimento non si chiuderà con il fallimento delle varie amministrazioni pentastellate, ad iniziare dalle due grandi città dove si sono affermati alla grande, Roma e Torino. Difficoltà oggettive, ritardi e parziali successi davanti a un quadro delle condizioni delle pubbliche amministrazioni locali così storicamente deteriorato potrà e dovrà trovare l’indulgenza di molti, perché ogni sentito e valido tentativo di rinnovamento non può mai essere inteso come la via del toccasana.