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Beniamino Melasecchi
Prefazione
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Le symbolisme cosmique des monuments religieux, di cui qui si offre una nuova ed aggiornata edizione in italiano, apparve nel 1957 nella «Serie Orientale Roma» dell’Istituto Italiano per il Medio ed Estremo Oriente (IsMEO, dal 1995 confluito, insieme all’Istituto Italo-Africano, nell’Istituto Italiano per l’Africa e l’Oriente). Se la ricerca specialistica ha in séguito compiuto passi ulteriori, non è azzardato affermare che ciò sia avvenuto nella direzione di cui questo libro è una sintesi eloquente.
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L’attualità del suo assunto è testimoniata dall’accoglienza riservatagli dalla Storia delle Religioni, dalla Storia dell’Arte e dalla cultura in genere che, a distanza di cinquant’anni dalla sua pubblicazione, considerano come un dato definitivamente acquisito il significato cosmico delle architetture religiose, o sacre, nelle civiltà tradizionali.
Circostanza irripetibile – e non solo perché quasi tutti scomparsi – quella che vide l’orientalista, tibetologo e indologo, Giuseppe Tucci (1894-1984), gli storici delle religioni Mircea Eliade (1907-1986), Henri-Charles Puech (1902-1986) e Geo Widengren (1907-1996), l’antropologo Claude Lévi-Strauss (1908- ), l’etruscologo Raymond Bloch (1914-1997), l’ebraista e cristianista Jean Daniélou (1905-1974), l’africanista Marcel Griaule (1898-1956), il sinologo Carl Hentze (1883-1975) riuniti a Roma, tra il 25 aprile e il 10 maggio 1955, in Palazzo Brancaccio, per il Convegno sul «Simbolismo del Tempio». Il Convegno si svolgeva in concomitanza con la Mostra sul «Simbolismo cosmico dei monumenti religiosi», alla cui organizzazione essi stessi, insieme all’IsMEO di Giuseppe Tucci, avevano concorso. Sia la Mostra, inaugurata a Parigi nel 1953 per iniziativa dell’École Pratique des Hautes Études, sia il Convegno, si inserivano mirabilmente nella cornice dell’VIII Congresso Internazionale di Storia delle Religioni, che quell’anno si teneva a Roma.
Circostanza, dunque, irripetibile. Nonostante la varietà delle scuole di cui erano l’espressione, o addirittura i fondatori, questi maestri ebbero l’occasione – si direbbe fortemente voluta – di riunirsi intorno ad un medesimo tema, secondo comuni intenti e premesse di metodo. Da questa e da altre analoghe iniziative, si evince come un loro non secondario obiettivo fosse quello di liberare l’indagine storico-religiosa dalla perdurante influenza dell’eredità positivistica. Sembra inoltre che questi ed altri studiosi, cui si fa riferimento nei vari interventi, abbiano voluto prestare la loro indiscutibile dottrina al difficile compito di affrancare la cultura stessa del tempo dal pregiudizio del primato del pensiero scientifico occidentale, che nel XIX secolo aveva forse troppo precipitosamente preso le distanze dall’irrazionalismo delle cosiddette civiltà «primitive» o «tradizionali». Dalla loro lezione emerge come a gradi diversi, nelle diverse civiltà premoderne, la facoltà immaginativa correlata al Sacro abbia svolto lo stesso ruolo che il pensiero ha tenuto nella fondazione dell’epoca moderna, ovvero come l’immaginazione abbia costituito l’organo con il quale, prima che il pensiero sapesse di sé e divenisse cosciente, l’uomo antico ha osservato, misurato e riprodotto il cosmo.
Più che simboli, il palo della capanna, il foro fumario, il bastone totemico, il taotie cinese, la struttura e la collocazione dell’altare vedico, la ziqqurat babilonese, gli arredi del Santissimo nel Secondo Tempio, etc., studiati non solo e non tanto nella prospettiva comparatista, si rivelano come la riproduzione, nelle umane proporzioni, di eventi e fenomeni cosmici, nel contesto di una scienza in cui osservazione e misurazione, guidati dall’istinto dell’immaginazione, miravano a fare dell’Alto e del Basso, del cosmo e della terra, quell’unica realtà in cui l’uomo potesse ordinatamente condurrre la sua esistenza.
Il libro raccoglie le relazioni del Convegno del 1955, già apparse in francese nella edizione del 1957, con l’eccezione del contributo di Tucci scritto nella nostra lingua. Rispetto a quella prima edizione, la presente comprende anche il testo letto in italiano da Widengren il 25 aprile 1955 [1] ma consegnato in ritardo per la pubblicazione [2]
L’inserimento di questa nuova edizione in italiano del Symbolisme cosmique des monuments religieux nella collana del «Nuovo Ramusio», recentemente inaugurata dall’IsIAO con Italia e Oriente di Giuseppe Tucci (Roma 2005), ha un duplice significato: proporre all’attenzione del vasto pubblico un libro che a suo tempo poté essere apprezzato unicamente dalla ristretta cerchia degli specialisti ed al contempo dare una testimonianza di valore storico del fervore scientifico e culturale che animò l’IsMEO sotto la presidenza di Tucci, e che oggi, grazie anche alla continuità rappresentata dalla presidenza di Gherardo Gnoli, si riversa con immutato slancio, anzi aprendosi all’orizzonte africano, nell’Istituto Italiano per l’Africa e l’Oriente.
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Oltre che alla traduzione, per la quale si è avuta la preziosa collaborazione di Paola Bacchetti ed Elisabetta Valento, si è proceduto ad una integrale revisione del testo, cui ha gentilmente contribuito, per le questioni sinologiche, Francesco D’Arelli. Le note bibliografiche, quando lacunose o imperfette, sono state completate o corrette e, quando necessario, ne sono state aggiunte (tra parentesi quadre) di nuove. Rispetto all’originale, è stato modificato l’ordine di uscita dei contributi; in particolare, il «Discorso» tenuto da H.-Ch. Puech per l’inaugurazione della Mostra, è stato pubblicato in appendice. È sembrata quella la collocazione più opportuna per un contributo il cui principale merito consiste nell’aver indicato alla Storia delle Religioni – che vedeva lì riuniti alcuni tra i suoi maggiori esponenti – una linea metodologica che, risultata a suo tempo all’avanguardia, si rivela ancora oggi di sorprendente attualità.
Un «Indice dei nomi propri», assente nella precedente edizione, potrà forse avere una qualche utilità per il gentile lettore.
[2]
Il testo, nella sua stesura definitiva, fu pubblicato da Widengren su Numen, VII, 1, 1960, pp. 1-25. In una nota finale a p. 24, l’illustre studioso precisa: «Questo articolo costituisce il testo di una conferenza dallo stesso titolo che faceva parte di una serie di conferenze [sul] “Simbolismo cosmico nei [sic] monumenti religiosi” [tenute] all’Istituto [Italiano] per il Medio ed Estremo Oriente [,] Roma. È stata letta il 25 aprile 1955. Ringrazio dell’invito il prof. G. Tucci. Mi dispiace che circostanze personali sfavorevoli mi hanno [sic] impedito di pubblicare la conferenza nel volume, in cui le altre conferenze della serie sono state pubblicate. Il testo della conferenza viene qui pubblicato invariato ma con l’aggiunta delle note. Il testo è stato tradotto dal mio amico prof. Carlo Diano, Padova, e [il] signor Folke Lenz, F.M., Uppsala, ha curato la traduzione delle note». Le note da noi inserite in calce al testo di Widengren non sono quelle apparse su Numen, ma sono state ricostruite sulla base delle citazioni dell’Autore.
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