21 Marzo 2021 Fonte: Il Pensiero Forte
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EDITORIALE
di Adriano Tilgher
Alcuni lo chiamano grande ma mi auguro che sia solo perché travolge un numero enorme di persone e già così sarebbe un’enorme tragedia. Non voglio però parlare del reset perché ne parlano in tanti, in troppi, mentre lo mettono in atto in pochi, con un grande stuolo di venduti usati come schiavi provvisti di soldi ma non benestanti; voglio parlare delle sue parole, delle parole che hanno permesso di costruire giorno dopo giorno la società infame in cui stiamo vivendo premessa fondamentale della fine dell’umanità.
La prima è proprio “reset”: parola di quella lingua barbara che stanno tentando di imporci anche nelle colonie – perché l’Italia dal 1945 è una colonia Americana – che è l’inglese.
LA SPINA NEL FIANCO
2 giugno 1992: a largo di Civitavecchia, il panfilo della Corona d’Inghilterra “Britannia”, ospitò politici, manager pubblici, privati e banchieri (secondo indiscrezioni perfino un comico che anni dopo fonderà il movimento 5 stelle), per discutere di “privatizzazioni”. Alla riunione parteciparono, fra gli altri, Lorenzo Pallesi, Presidente INA Assitalia, Innocenzo Cipolletta, Direttore Generale di Confindustria, Giovanni Bazoli, Presidente Banco Antonveneto, Gabriele Cagliari, Presidente ENI, e l’allora Direttore Generale del Ministero del Tesoro Mario Draghi. Secondo Fulvio Coltorti capo dell’ufficio studi di Mediobanca stretto collaboratore di Enrico Cuccia, fu proprio Draghi ad organizzarlo, insieme alla società Britannica «British Invisibles».
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