Domenico Cambareri
(fonte: Parvapolis)
già pubblicato in “Pagine”
Dalle ceneri del comunismo il patriottismo delle nuove generazioni europee. Sopra il filo spinato che ci ha divisi, oggi vi è la nuova Europa, con il cuore a Budapest
A Budapest, cinquantadue anni addietro, sotto i cingoli dei panzer sovietici, con i proiettili e le torture della polizia segreta, con il cappio del boia non rinasceva soltanto il patriottismo ungherese. Nasceva il patriottismo delle nuove generazioni europee, di giovani che al di là e al di qua della cortina di ferro fraternizzavano e lottavano. I condannati e gli esuli ungheresi, così come dopo i berlinesi di Pankow al di là dal muro e poi ancora dopo i cecoslovacchi, comunisti e socialisti definitivamente delusi, traditi, umiliati abbracciavano l’affetto dei loro compatrioti e dei giovani occidentali anticomunisti da sempre. Così come i giovani patrioti italo-europei del tunnel sotto il muro. È da Budapest, è dalla terra di Santo Stefano che nasce il patriottismo delle nuove generazioni dell’Europa, di quelle che avrebbero dato il maggiore contributo ideale e materiale nella costruzione della nuova Europa. È a Budapest che da allora sta il cuore di una moltitudine di europei. Budapest, capitale morale e patrottica degli europei. Poco conta se la gran parte di queste nuove generazioni tradì, tuffandosi nell’alcool, nella droga, nelle contestazioni anarcoidi e comuniste al servizio di Mosca in un sabba infernale di autolesionismo e di masochismo, se non fosse per i danni morali, le uccisioni, i danni materiali che avrebbero arrecato ai popoli dell’Europa occidentale, nel corso del sempre più violento moto di “ribellione” per voler sottostare al potenziale liberatore sovietico. Sono ferite profonde, marchiature a fuoco, di fronte a cui nessuna strumentale, inconsistente pusillanime demagogia nostrana della liberazione antifascista potrà mai liberarci. Loro inneggiavano al “vallo dell’antifascismo”, ossia al “muro di Berlino”. Sconfitti dalla storia senza neppure avere guerreggiato, oggi annegano il loro collettivismo nell’opulenza sfrenata del consumismo capitalistico in cui ben pascolano, come ben avrebbero pascolato – nei loro sogni- nei sempre verdi prati dell’ “intoccabile” nomenklatura comunista. Quale revisione storica li potrà mai purificare? Forse qualche ameno soggiorno da noi pagato in quelli che furono i gulag sovietici? Un dato è comunque certo: che è al di sopra del filo spinato che divideva l’Europa dopo la seconda guerra mondiale che è nata la sua unità.