Dieter Richter, IL VESUVIO IN TEDESCO Der Vesuv.Geschichte eines Berges

(IL MATTINO) Marino Freschi

Dieter Richter, IL VESUVIO IN TEDESCO  Der Vesuv.Geschichte eines Berges (Il Vesuvio. Storia di un monte), elegantemente edito dall’italofilo Klaus Wagenbach

di Marino Freschi

24 agosto 79 d.C., la prima catastrofe naturale di cui l’umanità prende coscienza e che registra in numerose testimonianze, tra cui straordinarie, indimenticabili le due epistole di Plinio il giovane a Tacito con il racconto dell’eroica morte dello zio Plinio il vecchio. Questo racconto e tanti altri sono narrati con erudita e sicura raffinatezza da Dieter Richter, scrittore tedesco che trascorre molti mesi a Napoli. Ora pubblica Der Vesuv.Geschichte eines Berges (Il Vesuvio. Storia di un monte), elegantemente edito dall’italofilo Klaus Wagenbach, uno dei più interessanti uomini di cultura tedeschi. Il libro viene presentato dall’autore nella Casa di Goethe a Roma, in via del Corso18, martedì 30 alle 18. E mai luogo fu più opportuno, infatti Goethe, nel suo soggiorno napoletano nel 1787 salì più volte sul Vesuvio, cui dedicò pagine stupende nel suo Viaggio in Italia, entusiasta dei recenti scavi di Pompei, dove Goethe osserva: <<Molte sciagure sono accadute nel mondo, ma poche hanno procurato altrettanta gioia alla posterità>>. E poche ore prima di lasciare la città, è profondamente commosso da una scena, unica e grandiosa: <<L a montagna mugghiava cupa, sovrastata da una gigantesca nube immobile, le cui masse a ogni nuovo getto si squarciavano balenando e illuminandosi come corpi solidi. Di lassù fin quasi al mare correva una lingua di braci e di vapori incandescenti; e mare e terra, rocce e alberi spiccavano nella luminosità del crepuscolo, chiari placidi, in una magica fissità. All’abbracciare tutto questo con un solo sguardo, mentre dietro il monte, quasi a suggellare la visione incantevole, sorgeva la luna piena, c’era di che trasecolare>>.

Questa descrizione esprime tutto l’amore del poeta per Napoli e il miracolo vesuviano, che gli aveva anche ispirato una strana visione antropologica sulla superiorità dei napoletani, plasmati dai due elementi fondanti l’universo: il nettunismo e il platonismo, mare e fuoco. E all’incanto vesuviano soggiacciono tutti i visitatori del gran tour, da Sir William Hamilton, che Susan Sontag qualifica giustamente come <<volcano lover>>, agli scrittori e pittori tedeschi, come Archenholtz, Möritz,Grillparzer,Platen,Kotzebue fino ai toccanti versi di Ingeborg Bachmann: <<Ma solo qui / iniziati all’amore / quando la lava discese / e il suo alito ci colse / al piede del monte, / quando infine il cratere sfinito / più non trattenne la chiave / per questi corpi serrati/ Entrammo in spazi incantati / e illuminammo il buio / con la punta delle dita >>.

E il Vesuvio è l’icona più fulgida, più fiammante della discussione dell’estetica moderna intorno al sublime, come suggerisce Goethe e con lui anche Leopardi quando da Villa Ferrigni, ormai all’estremo della vita, canta nella Ginestra lo <<sterminator Vesevo>> , emblema di quella <<dura nutrice>>, che gli suggerisce il suo verdetto più pessimistico: <<Dipinte in queste rive / son dell’umana gente / Le magnifiche sorti e progressive>>. E’ che accanto all’idillio da <<Funiculì, funicolà>>, ispirato all’inaugurazione della funicolare nel 1885 ad opera della Thomas Cook & Co. , vi è una sotterranea inquietudine, quella vena di religiosità che costrinse il 16 dicembre 1631 a scene di devozione di massa per la nuova eruzione, vinta solo da San Gennaro e dal suo sangue portati in solenne processione dall’arcivescovo, col vicere spagnolo e centomila napoletani. Il Vesuvio aveva incantato perfino il Doctor Johann Faustus nel 1587 che sull’indiavolato cavallo alato aveva sorvolato il vulcano, porta infernale. La letteratura europea si è continuamente confronta con il Vesuvio come simbolo di ripensamento e conversione o come allegoria di fuoco e passione. Giambattista Basile, che morì in seguito alle  esalazioni del vulcano nel febbraio 1632, scrisse due poesie: una edificante che sollecitava il ritorno alla fede e una seconda erotica sull’incendio passionale per il corpo di una bella dama. Tante letture e tutte possibili e attuali come mostra la poesia, La bambina di Pompei di Primo Levi o il quadro di Andy Warhol del 1985 con il Vesuvio con il suo orgoglioso pennacchio fumante.

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