Benvenuta ogni maggiore comprensione tra cattolici e israeliti

17 Gennaio 2010

Comunicato “Eulà”

La visitia di Benedetto XVI al Tempio maggiore israelitico di Roma

La visita compiuta dal papa Benedetto XVI al tempio maggiore della comunità israelitica romana, sulle orme di quella compiuta da Giovanni Paolo II, racchiude un grande auspicio sulle prospettive di reciproco rispetto e di dialogo, su cui non possiamo non essere concordi. La strada è difficilissima e lunga, essa non potrà essere soltanto legata alle scelte coraggiose, prima impensabili, offerte da uno o due pontefici né a quella offerta da alcuni rabbini capi: su questo non bisogna nutrire illusioni. Il fatto rinnova qualcosa di clamoroso e finora storicamente unico, pur nella sua prima ripetizione: ma unico non può e non deve rimanere. Proprio per questo, è bene confidare nel fatto che anche in futuro all’interno di queste due religioni prevalgono gli spiriti più aperti.
Una scia di secoli e secoli di profondo rancore disprezzo e odio è prevalsa come espressione di irrazionale esclusione all’apertura alle forme del più semplice dialogo. La parte numericamente minoritaria è stata la parte sempre soccombente, discriminata, perseguitata e perfino massacrata in maniera e con dimensioni materiali terribili fino ad anni recenti. Non si può sottacere che in tutto questo ha sempre prevalso l’estremizzazione di un insano “spirito religioso” integralista ed esclusivista. I fenomeni storici, nei loro dati sociali ideologici e culturali, sono stati quasi sempre il risultato di questi condizionamenti radicali operati sin dalla nascita nella coscienza della grande parte dei singoli individui. Certo non si possono togliere né si pensa di rimuovere gli errori e le colpe commessi sul piano più esclusivamente politico-ideologico con il combustibile para-scientifico, ma non si può né si potrà mai abbastanza sottolineare come ogni misfatto ha come cornice di riferimento e come retroterra esclusivo l’odio e l’esclusivismo di origine religiosa.
L’Europa della Libertà, che proclama come irrinunciabile il principio della assoluta laicità dello Stato e della sfera correlativa dell’esercizio politico dei diritti civili dei singoli cittadini, ritiene che questo ufficiale storico incontro del capo della comunità cattolica e degli israeliti romani all’interno del loro tempio maggiore, possa suggellare ancora una volta da parte dell’uno e degli altri il rafforzamento del riconoscimento esplicito, non solo formale, della superiore terzietà dello Stato quale condizione e premessa fondamentale e azione operante nei modi più vivi nella vita quotidiana della società, atti a garantire il diritto alle devozioni, alle pratiche, alle fedi religiose sia cattoliche sia israelitiche sia di qualsiasi altra religione. Riconoscimento nel senso di vera e propria accettazione di ciò e subordinazione; e non del senso che la superiore terzietà – la laicità – dello Stato opera solo e soltanto in quanto dapprima da ciascuno di essi approvata e ratificata in funzione di una “concessione” data.
Una condizione di maggiore reciproca comprensione e  capacità di sapersi sempre e in ogni luogo rapportare, fra cattolici e israeliti, come fra cittadini di questi e di altri credi religiosi, è perciò ben auspicata in quanto essa non può che rendere più limpidi i significati attribuiti alle parole sul piano del concreto operare, e più coese le condizioni della vita sociale in qualsiasi luogo e in qualsivoglia momento, adempiendo in maniera piena e non surrettizia anche il precipuo dovere civico di sentirsi in tutto cittadini di una stessa comunità, di uno stesso popolo, di uno stesso Stato.