20 Gennaio 2008
Domenico Cambareri
(fonte: Parvapolis)
Un libro sulla danza che ha già valicato il qualificato ma ristretto limes delle arti delle Muse
Un libro particolare, particolarissimo per gli amanti della danza, che ha già collezionato decine e decine di presentazione in tutta Italia, che si è imposto all’attenzione del mondo della cultura valicando in maniera decisa il qualificato ma ristretto limes delle arti delle Muse. È il lungo colloquio fra la nota giornalista e raffinata critica della danza Carmela Piccione e Micha van Hoecke. Denso, densissimo colloquio in cui il grande artista racconta la sua vita, le sue molteplici attività, i suoi progetti, le sue realizzazioni, i suoi successi fra Belgio, Francia, Italia, da Parigi a Palermo, con spettacoli messi in scena in tutto il mondo e che in ultimo, con la sua Ensemble di Castiglioncello, hanno rappresentato l’Italia a New York, San Pietroburgo e, da poco, in Cina.
Lo svolgimento delle pagine è condotto con una plastica, brillante e affabile scioltezza discorsiva che si articola attraverso decine e decine di domande, richieste, flash-back, precisazioni formulate dall’interlocutrice in modo tale che il lettore “profano” (come chi scrive) si trova nelle condizioni di partecipare e vivere amabilmente in prima persona al fluire ininterrotto, piacevolissimo del dire, del raccontare e del raccontarsi di Misha van Hoecke. Il libro si risolve così anche nell’essere un godibile spaccato di fine fattura della storia della danza, della regia, della coreografia di almeno quattro decenni dell’ultimo Novecento. D’altronde, Carmela Piccione ci presenta il “soggetto” a cui ha dedicato tanto sin dalle prime battute in maniera assai chiara: “ Micha van Hoecke è anche l’uomo dalla sensibilità esacerbata, dalla generosità smisurata, l’uomo dei dubbi, delle malinconie improvvise, dei silenzi impenetrabili, dei piaceri aristocratici, uno dei pochi artisti che ha saputo raccontare in scena la donna che lui stesso definisce un universo misterioso, impalpabile, ancora sconosciuto. Misha è anche l’uomo della quotidianità. Uno dei pochi coreografi al mondo che riesce a tenere unita la sua compagnia, dopo oltre 30 anni di convivenza, viaggi e tounée, di bagarre e riconciliazioni, di fughe improvvise, di ritorni”. Nato nel fervore culturale di una coppia che unisce in sé di già la caratteristica della transnazionalità della cultura europea e dei suoi diversi ambiti, fecondato nella giovinezza anche dagli ideali contestatori e non poche volte contraddittori sessantotteschi, mai appagato dei livelli di innovazione e di realizzazione artistica raggiunti, peregrinando per città e regioni diverse dell’Europa, attraverso amori, amicizie, fraternità non rinnegate e altre e altre sempre nuove, Misha van Hoecke ha realizzato sodalizi artistici duraturi e fruttuosi che hanno certamente contribuito in positivo a riscrivere la storia della danza della contemporaneità ultima. Ecco allora i nomi di Maurice Béjart (recentemente deceduto), Patrick Belda, del Ballet du XX Siècle, della Scuola Mudra di Bruxelles, Galina Ulanova e il Conservatoire de Danse di Bruxelles, Yann Le Gac, la sua Ensemble e Catherine Pantigny, Yoko Kawabayshi, Timo Sokua, Josu Mugia, Kazuo Nonobe, la famiglia Muti al completo, con la figlia Chiara, dell’Ensemble, la moglie Cristina, presidente onorario della stessa Ensemble, e il maestro. E ancora Alessio Boni, Vladmir Vassiliev, Tatiana Sejant, Natalia Makarova, Jean Babilée, Luciana Savignano, Carlo Fracci, Marzia Falcon, Piero e Ferdinando Gagliardi, Floriano Caroli e tanti altri.
Misha van Hoecke, dalla lettura della sua vita e dei successi sul palcoscenico delle sue piéce e delle teatrali che ci offre con la brillante penna di Carmela Piccione, sagace critico artistico ma ancora e non di meno sicuramente affascinata sodale dell’artista, si conferma personalità poliedrica creativa di primo piano che rende onore alle culture che più direttamente rappresenta per nascita e per “adozione” culturale: Belgio, Russia, Francia e, ormai da tanti anni, Italia. Diciassette capitoli più quello delle Lettere a Micha che artisticamente e spiritualmente si condensano nelle confessioni delle trame e delle idee fra il decimo e il tredicesimo capitolo, per l’artista (e anche per il lettore) dai titoli estremamente significativi: la creazione non è un lavoro contemplativo; ho seminato radici nel mondo; la trascendenza e il mistero del soprannaturale; sul mio volto misterioso affinità e corrispondenze.
Il copioso e pregevole apparato fotografico scelto da Carmela Piccione costituisce una diretta didascalia visiva di primo ordine ed un sistematico apporto iconografico-documentale del testo scritto di cui integra appieno le curiosità gli stimoli e le effervescenze. All’opera, l’editore, Renzo Mazzone (ILA Palma, Palermo 2007, pp.208 € 25,00) ha saputo tributare la giusta attenzione, realizzando un prodotto con una veste grafica, un’impaginazione e una cura editoriale complessiva di sicura qualità, ad un costo strabiliante per essere così contenuto. Cosa che gli rende onore e che sta portando a un sicuro e meritato successo di critica, di lettori ed editoriale.