PdL : nel Lazio e a Roma, dove sbatti la faccia?

15 Giugno 2011

Mino Mini

 

Retromanno e la gubernatrix

LE STRIDA DEL GABBIANO

 

Sull’ultima spiaggia del centrodestra, dopo la debacle elettorale che non ha risparmiato nemmeno il Lazio the day after tomorrow – l’alba del giorno dopo – stridono i gabbiani incazzati ed allarmati. Sei su otto comuni, dopo il ballottaggio, sono passati al centrosinistra; gli altri due, Sora e Terracina, sono stati l’arena di scontro fra due candidati del centrodestra costretti a battersi fra loro dando miserevole spettacolo all’Italia dell’insipienza di questo schieramento.
Cosa sia accaduto è tristemente noto: piccata per la famosa vicenda della mancata presentazione della lista del PdL alle passate elezioni regionali, Renata Polverini ritenendo di essersi guadagnata, con la vittoria, un consenso tutto personale ha voluto saggiare la consistenza del suo bacino elettorale. Lo ha fatto presentando proprie liste civiche alternative al centrodestra nei comuni laziali in competizione. Qualche risultato significativo in termini percentuali la lista “Città nuove” l’ha conseguito, ma a Sora ed a Terracina si è trovata a doversi scontrare con il PdL ed ha sbattuto il muso contro il muro di scudi dei “gabbiani”.
Sin dai tempi di Alleanza Nazionale, dalla quale questi provengono, venivano visti male perché considerati un partito nel partito. Avevano un proprio simbolo – un gabbiano in volo – un proprio colore – un luminoso e freddo verde acido – una spiccata identità culturale ed un forte radicamento nella base giovanile aennina pronta ad attivarsi come efficacissima macchina elettorale. Traghettati nel Popolo della Libertà hanno mantenuto la propria identità operando lealmente all’interno dello schieramento di appartenenza.
Oggi i “gabbiani” stridono non tanto verso la Polverini quanto verso Alemanno che, in quest’ultima fase della campagna elettorale, ha appoggiato – lui sindaco pidiellino ed esponente di spicco del partito – la lista “Città nuove” promossa dalla ex-sindacalista UGL. Passi se l’appoggio di Alemanno fosse andato ad una visione innovatrice della città impersonata dalla Polverini e manifesta programmaticamente nel nome della lista, ma dal momento che la novità sarebbe stata l’essere amministrata da personaggi emanazione della gubernatrix laziale, agli occhi dei “gabbiani” impegnati sul campo l’appoggio di Alemanno non poteva che configurarsi come un vero e proprio atto di fellonia verso i sodali del PdL.
E pensare che al momento dell’approvazione del bilancio regionale la gubernatrix aveva respinto le richieste di fondi per il trasporto e per la legge di Roma Capitale arrivando a minacciare le proprie dimissioni qualora la maggioranza avesse accettato le richieste di Alemanno. Alla luce di questo episodio e di altri, minori ma non meno significativi, l’appoggio di Alemanno alla lista “Città nuove” assume il significato di una resa, di un mostrare la gola al capobranco per arrestarne la furia belluina.
Miserie e ignobiltà di un centrodestra che avrebbe dovuto, invece, contrapporsi come un blocco unitario alla rapacità famelica di una sinistra che, solo per limitarci a Roma, in trentadue anni di potere aveva gestito quasi un centinaio di milioni di metri cubi di edilizia residenziale ed aveva provocato, con la sua politica miope, la nascita di 57 borgate abusive fuori del G.R.A. dove oggi vive una popolazione pari ad una grande città di provincia (330.000 ab: più di Bari e meno di Firenze). Quella sinistra che oggi, bramosa di riattovagliarsi al tavolo della speculazione e gasata dai risultati elettorali, preme per attuare il ribaltone anche nel Lazio ad un anno dall’elezione della neo-governatrice.
<<La nuova splendida stagione>> che il 28 aprile 2008 Alemanno aveva annunciato promettendo: << lavoreremo per lo sviluppo, per il lavoro, per una nuova socialità e per riportare Roma in Europa quale Capitale punto d’incontro dei paesi del Mediterraneo>>, dopo tre anni è implosa nell’inverno dell’insipienza come una vescica troppo gonfia bucata dall’avvento epocale della primavera araba che sta sovvertendo gli equilibri dell’ex mare nostrum.
La ecumenicità di una città come Roma, caso emblematico del concetto di polarità nei confronti del Mediterraneo, è stata umiliata da un sindaco eletto nel segno della “discontinuità” che, al contrario, avrebbe dovuto esaltarla. Avrebbe potuto, se non dovuto, promuovere un “forum” permanente dei popoli mediterranei, una sorta di Organizzazione delle Nazioni Mediterranee, dando a tale organismo una sede adeguata, attrezzata per ospitare una qualche forma di rappresentanza delle diverse realtà mediterranee con istituti di cultura, centri di studio e documentazione, strutture di diffusione mediatica dei diversi paese membri. In una visione ecumenica – appunto – avrebbe dovuto superare la trappola dello “scontro di civiltà”, funzionale ad interessi esterni al Mediterraneo ed all’Europa, per operare, invece, per la realizzazione di una pax mediterranea ; una condizione che favorisca l’ “incontro delle civiltà” e coniughi le diverse identità sublimandole in un organismo di scala concettualmente superiore.
Invece i tre anni trascorsi hanno messo in luce una mentalità da amministratore di condominio. Aspettavamo che gli workshop su Roma Capitale ci rivelassero l’immagine di una Roma del 3° millennio, ovvero una città organica, totale, una imago mundi , ma abbiamo ottenuto soltanto un economicista PSS (Piano Strategico di Sviluppo di Roma Capitale) che si rivelava un abile stratagemma per eludere il PRG di Veltroni.
Facciamo grazia delle promesse non mantenute, tipo il referendum per la demolizione della teca di Meier. Regredito all’accordo con l’autore sulla demolizione del muretto che preclude la visibilità del nobile fronte urbano delle chiese di S. Rocco e di S. Gerolamo degli Illirici o Schiavoni (gli attuali croati) si è trasformato in una presa per il podex. Il muretto è ancora lì. Potremmo citare, se si vuole privilegiare l’aspetto amministrativo condominiale, l’impegno a risolvere la proclamata emergenza
abitativa di 27.500 alloggi entro la fine del mandato o tante iniziative abbandonate per una ragione o per l’altra che hanno fatto guadagnare al personaggio il soprannome di Retromanno
Si potrebbe obiettare: mancano ancora due anni a fine mandato e c’è il PSS da realizzare. Già, il PSS la cui sorte è affidata, in massima parte, alla vittoria nella candidatura avanzata per le olimpiadi del 2020. Però c’è di mezzo un secondo mandato da conquistare e se la sfanga può contare anche sul prossimo Giubileo 2025. Ma se, come accadde a Rutelli, la candidatura olimpica dovesse risolversi in un buco nell’acqua sfumerebbe il secondo mandato e dovrebbe dire addio anche al Giubileo.
E la gubernatrix , quella a cui “stiamo a cuore” e si propone come alternativa al PdL con “Città nuove”? Ha, forse, una visione organica del sistema territoriale laziale che abbia individuato i ruoli e le relazioni che intercorrono tra i diversi insediamenti di una regione che ospita la capitale di una nazione? In altre parole: territorialmente sa cosa sta governando?
La domanda, ai più, apparirà decisamente retorica: a chi vuoi che freghi del sistema territoriale?
Certo non al cittadino del Lazio o di Roma chiusi nel loro particulare da cyborg, ma chi viene deputato a “costruire il mondo” per i singoli vorrà, almeno, mostrare di conoscere ciò di cui si sta occupando e rivelare l’ampiezza di orizzonte del suo operare?
D’altronde anche il suo governatorato, dopo un anno, è sotto scacco. Ad esempio: il famoso piano casa adottato in giunta il 1° ottobre 2010 e subito attaccato dalle vergini farlocche dell’opposizione che l’hanno sommerso con circa 2000 emendamenti allorchè approdato in Consiglio Regionale, è stato rielaborato in maniera barbara e incomprensibile sul piano tecnico e su quello lessicale e stenta ad essere approvato. La giunta, inoltre, mostra delle crepe. Di più ora che la gubernatrix ha fatto sfoggio elettorale del proprio modesto “appeal” politico.
Vola gabbiano, vola e …stridi.