15 Settembre 2012
Ennio Di Francesco – www.enniodifrancesco.it
Nota di Domenico Cambareri
Come i lettori potranno verificare subito, l’autore dell’articolo proviene e si colloca su latitudini culturali e di natura ideologica differenti. E’ un ulteriore momento in cui, con tutta naturalezza, diamo la parola ad altri nel comune interesse che ci dovrebbe unire nel mettere in risalto i problemi oggettivi che affiggono la Nazione e la società. Ancora prima di valutare la validità degli approcci e delle proposte, che costituiscono momento affatto susseguente in cui vengono a manifestarsi e dovrebbero pure poi dirimersi le diversità di vedute per realizzare una linea di condotta concreta, valida.
Il Paese sta vivendo una crisi drammatica di fronte alla quale il pur valido ottimismo del primo momento, quello di Berlusconi (più di mero sprone che di reale efficacia nell’ulteriore accentuarsi e snodarsi della crisi internazionale in crisi anche spiccatamente nazionale), a nulla sarebbe valso. I profondi ritardi infrastrutturali e i gravi guasti provocati dalla classe politica e dall’establishment di contorno sono sotto gli occhi di tutti. I costi di una fantomatica democrazia partecipata sin nei più piccoli gradi delle dinamiche sociali con tavoli e contro tavoli di concertazione, di cui l’apice è stato raggiunto con il governo D’Alema, hanno costituito un vero tradimento della concezione partecipativa della democrazia così intesa, infatti hanno contribuito alla sclerotica moltiplicazione della dispersione delle risorse tra la moltitudine delle clientele che vivevano ed hanno vissuto – fin nei più insignificanti aspetti – sino a pochi mesi addietro sulle spalle della comunità. Un parassitismo ciclopico che ha messo a nudo la gravità delle colpe e ha messo a terra le possibilità di riscatto economico per il susseguente mordere della speculazione finanziaria su di un Paese così indebitato.
Le forze di polizia, assieme ad altri pilastri fondamentali nella struttura statale e sociale – forze armate, magistratura (l’unica che comprensibilmente si salverà, visti i risicati numeri), scuola e università, sanità – oggi si preparano loro malgrado ad entrare nell’occhio del ciclone. L’esigenza, che pare sempre più impellente ad alcuni, di rivedere con metodi e misure drastici la dimensione della struttura pubblica in generale, lascia presagire un futuro a dir poco fosco. Io ritengo di essere stato tra i pochi a scrivere, da anni e anni, che lo strumento delle forze di polizia era assolutamente poco pagante nel confrontare l’elevato numero degli addetti, la loro effettiva efficacia e il loro costo. Chi è andato di volta in volta al governo non ha voluto sentire. Le colpe, d’altronde, di una simile realtà sono a mio avviso da riportare agli stessi protagonisti del potere legislativo e del potere esecutivo. A loro stava bene così. Le forze di polizia avrebbero potuto esser ben più efficienti (cosa che sicuramente non poteva che essere ben gradita agli stessi componenti di questi corpi) e, forse, numericamente più snelle. Senza dovere detenere il primato assoluto, per decenni, nel rapporto tra popolazione civile e componenti delle forze di polizia.
Da alcuni anni in qua, invece, viviamo dinamiche particolarmente e sempre più accentuatamente fluide nei contesti internazionali, e di riflesso, nazionali: gli ottomila km. di coste ci pongono come il gigantesco portale di una cattedrale, affiancato dalle porte minori (Spagna e Grecia), entro cui passa un flusso di traffico umano e materiale ininterrotto e difficilmente controllabile e gestibile (in virtù dei “liberi commerci” e delle regole del WTO). Da ciò risulta evidente che Carabinieri, Guardia di Finanza, Polizia di Stato, Guardia Forestale e le altre componenti minori possono essere di grande aiuto ed efficacia nell’integrazione operativa con le Capitanerie di Porto e con i compiti istituzionali delle Forze Armate, in particolare della Marina. Inoltre, il controllo del territorio e di tutto quanto vi inerisce e della sua sicurezza – non ultimo il concorso sempre maggiore che dovrà essere dato ai vigili del fuoco e alla Protezione civile di fronte ad esigenze calamitose più diversificate e più ampie e numerose – lascia ancora di più comprendere come la questione degli organici complessivi delle forze di polizia vada oggi riconsiderata sotto questa luce, assieme a quella che vede delle loro unità impiegate con maggiore frequenza all’estero, in base ad accordi internazionali che in via più che presumibile continueranno a sussistere e che quasi con certezza aumenteranno di numero. Inoltre, non è da sottacere un fatto non poco rilevante: la sfera di diritti dei cittadini nel corso di questi ultimi anni si è accresciuta, tutta la normativa dei diritti e dei doveri in tutti i settori si è accrescita, non di meno si sono accresciti compiti e repsonsabilità d’istituto degli uomini in divisa. Servizi di polizia efficienti significano anche una magistratura efficiente, una società più sicura, cittadini non abbandonati a loro stessi. Ci aspettiamo, dunque e una volta tanto, dal potere politico un atteggiamento non preconcetto di fronte al problema e alle sue effettive dimensioni. Chiediamo ancora e a maggior ragione che il governo proceda con tappe più forzata al recupero di un maggiore numero di operatori delle forze di polizia destinati a compiti ingrati e poco giustificabili (in particolare, scorte e quant’altro attiene al “lustro” o status simbol di quanti ricoprono cariche istituzionali). – Domenico Cambareri
A garanzia dell’efficienza e della sicurezza pubbliche
“Arcipelago Polizia”.
Qualche riflessione di Ennio Di Francesco, già ufficiale dei carabinieri e funzionario di pubblica sicurezza; figlio di maresciallo dei carabinieri morto per infermità in servizio, Di Francesco è stato tra i promotori del movimento di democratizzazione della polizia e autore del libro “Un Commissario scomodo” con prefazioni di Norberto Bobbio e Gino Giugni.